17, ovvero l'incredibile e triste storia del cinico Rudy Caino (Enrico Caria, 1992)

Più conosco l’opera di Enrico Caria più aumenta la mia stima per questo non prolifico cineasta, ma contemporaneamente aumenta la mia acredine verso una politica distributiva che penalizza i talenti e priva il pubblico della visione di lavori originali e degni di considerazione.
Dopo il sorprendente Blek Giek (2001) e l’ultimo interessantissimo documentario Vedi Napoli e poi muori, ho recuperato l’opera prima di Caria, e non è stato facile (ho dovuto scomodare persone molto in alto).
“17, ovvero l’incredibile e triste storia del cinico Rudy Caino”, è un film del 1992 con Giovani Mauriello (ex NCCP) e Peppe Barra, in una delle sue rare e più riuscite trasferte cinematografiche.
Si tratta di un noir fantapolitico ambientato in una Napoli futuristica (2057) in cui il capoluogo campano è l’unica città sopravvissuta ad una guerra mondiale, scampata grazie al suo già alto tasso di inquinamento che ha fatto da baluardo ai veleni delle esplosioni atomiche. Il potere politico è conteso tra il presidente della Napoli bene, arroccata sulla collina di Posillipo, e il malavitoso 'O turco, indiscusso sovrano dei traffici illegali della inquinatissima “Giù Napoli”.
L’umorismo nero che pervade l’intero film non scende mai di tono. Come un libro di Stefano Benni, un editoriale di Michele Serra (dei tempi di Cuore) o una elucubrazione satirica dello stesso Caria (guarda il NOPROJECT su Mussolini e il mistero degli Ufo) la trama si sviluppa con ritmo e cadenza di un fumetto (devo citare anche Andrea Pazienza?) in cui non si contano le allegorie, i richiami a personaggi e fatti realmente esistiti (o facilmente riscontrabili) e un pessimismo di base che spiazza e diverte allo stesso tempo.

Il film è concettualmente originale e a tratti geniale e Caria in più occasioni strizza l’occhio sardonicamente a Ridley Scott di Blade Runner e a Luc Besson (agli inizi degli anni '90 erano questi i modelli del cinema di fantascienza) ma anche al nostrano Nanni Loy di “Mi manda picone”, per quella abilità e disonvoltura nel calare nella realtà italiana generi e ritmi tipici del cinema d’oltremanica senza inciampare nel provincialismo. Certo, rispetto a quelli citati il film di Caria è un’opera artigianale, per non dire casalinga, in cui i limiti del low low budget si vedono, anche se ampiamente compensati dall’inventiva e dall’entusiasmo di regista e attori.

Se questo film fosse stato distribuito come meritava nel periodo in cui uscì, porbabilmente personaggi come l’agente segreto Rudy Caino, i killer calabresi Santo & Johnny e l’estroso boss 'O turco sarebbero oggi nell’immaginario cinematografico di ognuno di noi. Ma questo film, come gli altri di Caria dei quali solo Blek Giek è disponibile in DVD, fanno parte di quella nutritissima schiera di film belli e invisibili.

Ma qual’è il “problema” di Enrico Caria? Quale caratteristica gli impedisce l’accesso alla grande distribuzione e il conseguente meritato successo?
Fondamentalmente, credo, c’è il fatto che lui “se ne fotta” di ricevere statuette ai festival istituzionali o essere ingaggiato per adattamenti di adolescenziali bestseller.
Caria si avvicina al cinema per una necessità culturale, ogni qual volta il suo estro lo richiede e quando le sue fantasiose idee hanno le caratteristiche del racconto cinematografico. Sicuramente non aspira al jet-set del cinema adulto, e nemmeno ad un poltrona nel salotto nottambulo di Marzullo, ma sicuramente gli farebbe piacere sapere che i suoi film siano visti da più persone.

Vi lascio, comunque, con una buona notizia. Sul sito di Enrico Caria (http://www.enricocaria.it/) è annunciata l’imminente disponibilità in download del film. Attendiamo pazienti. Dovessero esserci novità, contate pure sulla mia tempestiva informazione.

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Grazie dell’informarzione, Enrico

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Preso a 2,99€ su Amazon in dvd per Editoria Elettronica.
Il formato pessimo non rende giustizia, 4:3 letterbox.

Per il resto, un film che avrebbe meritato sicuramente visibilità. Artigianale e surreale ha coperto il low budget con espedienti intelligenti.
Il regionalismo ben assemblato ad un genere di ampio respiro ne ha ricavato un ottimo prodotto. Negli ultimi tempi riuscitissimo in film di successo come … LO CHIAMAVANO JEEG ROBOT, segno che in italia ciò funziona alla grande.

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Non griderei al miracolo, spesso si ha l’impressione di assistere a un contesto di “buona la prima”, il low low budget lo apprezzo anche io ma non per questo vanno giustificate, quando si manifestano, ingenuità e raffazzonatezza.
Ma è vero che il film è pieno di idee originali, che è supercreativo, che è gradevole e si guarda volentieri.
E che il suo non prendersi sul serio è l’arma che ti aiuta a vederlo fino in fondo col sorriso sulle labbra.