Un paio di mia considerazioni volanti su quanto ho letto, un po’ qua e un po’ là, girando fra gli interventi “musicali” di questo topic.
La compila “Blaxploitation” indicata dall’egregio Nemesi si compone di 4 “double-pack” + un “single-pack-but-double-cd” che contiene una selezione dei brani degli altri più, e per questo faccio la segnalazione, altri brani che non appaiono negli stessi “doppi”.
Chi riuscisse a trovare tale selezione in digitale (che ai tempi era di prezzo medio-basso) si porterebbe a casa comunque una gran bella finestrona sulla black music “from the inner-city” visto che, a parte tutti gli inni da avere e presenti in ogni antologia del genere, ci sono degli interessantissimi pezzi più “soul” o “jazz” del dovuto e pazzesche contaminazioni che sortiscono in deraglianti visioni strumentali (la ultramicidiale “Masterpiece” del Grover Washington in grado di far uscire tanta robba dalle casse del vostro hi-fi).
Se la trovate fatela vostra perché, parola mia, vi verranno i coccoloni nello scoprire che razza di gioielli sfornavano i neri americani nei settanta. Capirete anche meglio quei critici musicali che han sempre detto che il rock, sempre in quel decennio, andò in crisi di identità (quello dei “bianchi” chiaramente…).
La biccola baruffa che invece è venuta fuori sulla colonna sonora di “Shaft” merita anch’essa un paio di considerazioni volanti.
E’ la più nota, riguarda il film più noto e per la sua title track, in assoluto il pezzo “blaxploitation” più coverato della storia della musica, il possente Isacco si beccò l’Oscar. Mica son corbezzolini.
Ho detto che “Theme From Shaft” è il pezzo più coverato, già che ci sono vi indico pure qual’è, a mio gusto s’intende, la versione che manda tutti a casa.
Fra versioni arabe, remix dell’originale (come si ascolta proprio in “Shaft 2000”) e le più disparate rivisitazioni disco, è quel gran pezzo di negro di 1,51 che spazzola la concorrenza. E la spazzola con una classe inusitata. Io che presumo di aver suonato l’originale circa 11.000 volte, quando l’ho sentita son corso in comune per chiedere che mi cambiassero il cognome in Davis e il nome in Sammy. Difatti è la sua “John Shaft” che potrebbe mandarvi a bussare dallo Schioppa per chiedergli tutto, ma proprio tutto!, l’extra-gettito!
Tornando al soundtrack “Shaft” è vero che non è forse il più bel disco della storia delle colonne sonore nere, ma è uno dei più significativi, diciamo il più significativo, per il portato che avrà su tutte le colonne sonore, almeno di genere poliziesco, dei successivi decenni.
L’uso particolare del wah-wah, il rifferama chitarristico e gli incastri vocali del Gran Pelato sono Scuola Assoluta per tutti.
Per i più scettici, quelli che ancora non volessero comprare questo disco, dico che Do Your Thing è uno pezzo che pochi, anzi diciamo nessuno, erano lontanamente in grado di immaginarsi in quegli anni. Quanto di meglio l’Isacco sapeva fare: il pezzo lungo e a salire, sesso sincopato e orchestrato, che diverrà il suo “marchio”. Una scopata negra e sudata dai ritmi lenti e avvolgenti, bollente burro sinfonico che si dipana ai ritmi di un “rollercoaster” dell’anima.
Ci sono mille dischi, mille critici musicali e mille pareri discordanti su quelli che sono i migliori lavori del genere “negrocinedelico”.
Via via che si scoprono nuove perle oscure, via via che i dj suonano pezzi mai sentiti prima i candidati si alternano sul palco.
Io che ho ascoltato una marea di roba e ne ho tantina, mi sono accorto da un pezzo di essere a circa il 20% del totale. Imbarazzante.
Ma la consapevolezza dell’ignoranza è già una gran vetta.