strano forte che questo gioiellino eco-revenge che ha la sua scaturigine nel romanzetto del 73 (da noi edito per la collana urania) la piaga efesto, non goda di un topic tutto suo. se si ha fobia delle blatte, l’idea è stravolgente nella sua semplicità: le nostre, allevate dalle pendici di un vulcano, diventano delle prometeiche portatrici di lava e roghi, colonie di mini-neroni con pietrine degli accendini al posto della testa che porteranno scompiglio nell’urbe sotto forma di ribrezzo mescolato all’ustione di primo grado. uno scienziato riesce a isolarne alcune e a monitorarne usi e costumi, per scoprire che sono anche senzienti e capaci di appropriarsi del linguaggio umano. ovviamente dalla ricerca alla mattanza sarà questione di poche fasi
un contesto di puro orrore che non presta granché il fianco alla propedeutica né alla catarsi, dalle atmosfere allucinate e morbosette. rivisto oggi fa un po’ sorridere (un po’, eh: in alcune scene, specie nel finale, il ribrezzo rimane inalterato), ma intercettato a 7 anni in una privata (nel primissimo pomeriggio), fu un trauma. passai un paio d’anni buoni a perlustrare minuziosamente la camera da letto prima di coricarmi nella convinzione che quegli insetti esistessero davvero e potenziò tantissimo una generica fobia già esistente per quasi tutti gli insetti. rimane nel campo degli animal horror dei 70 un’opera di spicco, senz’altro la più riuscita e di culto assieme a fase IV, cui paga qualche oboletto.
in una piccola parte appare anche william castle, che come gimmick di punta per il film ideò un marchingegno tra i sedili e attorno a essi che riproduceva lo strisciare delle blatte sui corpi degli spettatori.
i blattoidei usati appartengono alla specie gromphadorhina oblongata portentosa del madagascar (mai arrivata da noi in chiave infestante e comunque tendenzialmente non invasiva di spazi interni) i cui esponenti sono lunghi e grossi quanto il palmo di una mano, totalmente inoffensivi (sono erbivori) e per difendersi dai predatori hanno come sola arma di difesa l’emissione di un fischio simile a quello delle teiere in ebollizione e contrariamente a quanto si vede nel film sono impossibilitate al volo. in america è una specie allevata e usata nelle scuole per far prendere confidenza con gli insetti ai bambini fobici. per chi scrive si tratta della specie meno repellente (e sicuramente della più pulita: prolifera nei cortili e non nelle fogne), l’equivalente in scala degli adorabili porcellini di sant’antonio.
Vietato ai 14 addirittura. Certo che i censori italiani erano curiosi, TERREMOTO quanto a cinismo, sadismo e morti ammazzati (pensate alla scena nella fogna) non era secondo a nessuno, ma quello era per tutti. Così come L’INFERNO DI CRISTALLO (e mettiamoci pure LO SQUALO).
coerentemente avrebbero dovuto omaggiarle di un estintore o di un buono sconto per il baygon!
in compenso in un’intervista (se non ricordo male se ne trova traccia in incredible strange films) castle rivelò che oltre al marchingegno di cui sopra accarezzò anche l’idea di rilasciarne degli esemplari in sala durante le proiezioni; ovviamente in un soprassalto di realismo capitolò, consapevole che nessun esercente l’avrebbe permesso e che se anche ci fosse stata un’eccezione alla regola, sarebbe scoppiato un bordello.
per me ci sta pieno pieno, invece, quanto meno in proporzione all’epoca e alle soglie rappresentative di allora. bisogna capire che era il 76, non il 2023. io lo vidi anni dopo di pomeriggio in tv sotto i 14 e mi traumatizzò. non immagino che botta sarebbe stata vederlo al cinema. non è sicuramente un film per bambini e nemmeno per preadolescenti, quanto meno per quelli di allora.
no non sempre. anzi quasi sempre avvenivano all’ingresso o all’uscita di ogni proiezione. all’ultimo spettacolo di norma c’erano gli incontri pubblici col regista o con gli attori.
In quanto blattofobico, mi ha trasmesso la giusta dose di repulsione da ragazzo. Visto alla tele negli anni 80, non malvagio a parte il finale che si perde in inverosimiglianze piuttosto grossolane (infatti si differenzia dal romanzo di Thomas Page, che forniva spiegoni scientifici abbastanza credibili). Il divieto ai minori, va be’. Negli anni 70, erano pochi i film di fantascienza a non beccarsi qualche restrizione.
il finale è la parte più mammaiut!! la scena della blattona nell’occhio ancora oggi mi fa accapponare tutto l’accapponabile!
scherzi? io già nel 1980 ero là che controllavo i braccioli del divano, il tappeto, gli spazi tra i cuscini…!! senza contare che una manovra simile avrebbe creato un caos tale da distogliere dal flusso narrativo e dalla visione del film. in tal senso castle fece due volte bene a lasciar perdere.
Sì, funzionare sul versante raccapriccio funziona. Ma l’idea che conoscano la nostra lingua e si dispongano su una parete per formare le lettere, puah. Nel libro, comunicavano attraverso una forma di alfabeto Morse, tramite suoni che emettevano.
invece è una figata dai! l’idea di blatte telepatiche e comunicanti a me fa raddoppiare la caga (venne peraltro ripresa, anche se in chiave slapstick, nello spassosissimo a casa di joe). così come quella, ahimè reale, di una blatta che fischia. non ne bastasse la presenza ravvicinata. questa forse più in linea con lo spunto dell’alfablatto morse. il libro comunque (ricordo che lo lessi a natale 2001) non mi fece venire nemmeno lo zero virgola del ribrezzo e della fobia che riuscì a inocularmi il film. ma è un’equiparazione scorretta, perché lo lessi che ormai gli 8 anni li avevo superati e alle capacità piriche degli insetti non ci credevo più
Va be’, la telepatia è un conto ma conoscere una lingua che non hai studiato… cazzo erano, blatte possedute? Che il film faccia più ribrezzo concordo, hanno usato scarrafoni veri.
telepatiche, più che possedute. poi ascoltavano la lingua degli umani. insomma quel che il film non dice e non spiega devi mettercelo tu. ma è anche giusto, trattandosi di horror, che taccia anziché spiegare e si mantenga al di là o al di qua del reale e del razionale, senza troppo chiarire e puntualizzare perché siano anche letterate e alfabetizzate. viceversa ne va della grammatica dell’incubo, che è propria del genere.