Mi intriga parecchio…
“Dalla mano nera a cosa nostra” di Enzo Catania - Boroli Editore
Raccontava il “patriarca dei mafiologi” Michele Pantaleone che “nel quinquennio 1895-99 vennero denunciati solo a Palermo 194 casi di ‘scrocco’” ma che, secondo lo stesso procuratore generale della Corte d’Appello del capoluogo siciliano, “i casi denunciati rappresentavano una modesta percentuale rispetto a quelli effettivamente avvenuti”. E proprio in questo periodo, secondo Pantaleone, “iniziò il grande flusso migratorio dei siciliani. Circa il 90 per cento dell’intera massa degli emigranti si trasferì negli Stati Uniti d’America. Tra coloro che lasciarono l’isola per ragioni economiche, ve ne furono alcune centinaia che organizzarono negli Stati Uniti l’industria del delitto a danno degli stessi emigrati italiani. Questo sparuto numero di criminali diede vita all’associazione americana della Mano Nera, le cui ramificazioni si estesero, in meno di un quarto di secolo, a quasi tutti gli Stati dell’Unione” e presto cominciò a operare anche sull’asse Palermo-New York, ‘specializzandosi’ nella protezione delle attività commerciali dietro il pagamento “d’u pizzu”. “Fari vagnari 'u pizzu”, fare bagnare il becco, indicava nel gergo della Mano Nera il compenso di un lavoro, di una ‘protezione’ o di un ‘favore’ fatto dai picciotti, con il rischio di restare sotto ricatto a vita. La Mano Nera fu l’origine di tutte le mafie, a cominciare da Cosa Nostra. Fu la disgregazione sociale della comunità italiana a produrre la criminalità, che esibì dapprima un disegno di pseudoprotezione della comunità stessa e svelò poi il suo vero volto di oppressione e di sangue. Sono presenti in questo libro, che ha il ritmo di un thriller e si legge d’un fiato, tutti i protagonisti, di oggi e di ieri, della mafia e della lotta alla mafia. Da Joe Petrosino, il poliziotto italoamericano inviato a Palermo dalle autorità statunitensi per troncare la testa della “Piovra”, a Cesare Mori, il “prefetto di ferro” che Mussolini mandò in Sicilia “per colpire al cuore banditismo e mafia”; da Al Capone, il gangster più famoso di tutti i tempi, a Lucky Luciano, che ebbe un ruolo di primo piano nel favorire lo sbarco degli Alleati in Sicilia, fino a Luciano Liggio e Totò Riina. Lo scenario è scandito da processi, pentimenti (a partire da quello decisivo di Tommaso Buscetta), stragi e agguati per togliere di scena oppositori spesso eroici: servitori dello Stato come Carlo Alberto Dalla Chiesa, Ninni Cassarà, Boris Giuliano, Beppe Montana, Emanuele Basile, Mario D’Aleo, Giuseppe Russo, Rocco Chinnici, Gaetano Costa, Cesare Terranova; uomini politici come Piersanti Mattarella e Pio La Torre; giornalisti del calibro di Giuseppe Fava, Mauro De Mauro e Mario Francese; ‘opinionisti’ di prima linea come Peppino Impastato; coraggiosa gente di Chiesa come don Pino Puglisi; per arrivare a due simboli della lotta alla mafia della grandezza di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.