Deserto rosso (Michelangelo Antonioni, 1964)

Come più volte ha chiarito lo stesso Antonioni la protagonista Giuliana è affetta da NEVROSI intesa come “…affezione legata a una sofferenza del sistema nervoso, non provocata da lesioni anatomiche e non collegata a fenomeni psicopatologici…” e “…disordine mentale di natura prevalentemente psicologica, derivato da un conflitto inconscio tra l’individuo e l’ambiente…” ma comunque come un “…insieme di disturbi psicopatologici, in genere scaturiti da un conflitto inconscio, il cui sintomo trasversale di base è costituito dall’ansia e dell’angoscia cronica senza che vi sia però una perdita di contatto con la realtà…”.
Si aggiunga inoltre che “…le nevrosi consistono in un perenne malessere psicofisico accompagnate da disturbi sia neurovegetativi che psichici (ansia, angoscia, fobia, deperimento, isterismo, avvilimento, squilibrio mentale e depressione). Il paziente riesce a dominare tali sintomi solo con la messa in atto dei cosiddetti meccanismi di difesa. Trattasi di meccanismi protettivi intrapsichici attivati dall’io nevrotico del paziente (che è un io fragile) costretto a ricorrere a tali meccanismi per dominare i propri sintomi psicosomatici. I sintomi rappresentano una sorta di “corazza” che generano anche dei benefici secondari, poiché, essi rappresentano un segnale di allarme di un’eventuale presenza di condotte nevrotiche, e quindi, per certi versi è bene che si manifestino perché solo così sarà possibile valutare il tipo di intervento e di trattamento da rivolgere al soggetto nevrotico. Il principale meccanismo di difesa delle nevrosi è la “RIMOZIONE”, che consiste nell’eliminare dal proprio inconscio i pensieri, le immagini e i ricordi negativi e deprimenti legati alle pulsioni. Gli altri meccanismi di difesa attivati dai pazienti affetti da nevrosi sono: spostamento, proiezione, identificazione, introiezione, isolamento, annullamento, formazione reattiva e sublimazione…”.
In questo senso Giuliana attua, similmente a quanto avviene (ad esempio) in “strade perdute” di David Lynch, una rimozione totale attraverso una “fuga psicogena” inventandosi un ambito ideale oggettivo (isola di Budelli) e soggettivo (isola permeata da suoni e colori, senza alcun altro essere umano al di fuori della ragazza) da cui fuggire dalla realtà…
…. ma è una pia illusione, come in strade perdute, la realtà (ineludibile) ritorna con la sua consistente rudezza nelle forme del veliero minaccioso (simile alla nave nel capanno ravennate in cui, in altro momento del film, Giuliana s’intrattiene con il marito ed altre coppie di amici oltre all’ingegnere collega del marito ed ove “…il sesso viene fatto per noia, in mancanza di meglio, è malato-malattia dei sentimenti-, appunto) rendendo vana la fuga amplificando il sensi di “inadeguatezza” e di “smarrimento” di Giuliana che però acquisirà (andando avanti, nel film) quanto meno la “CONSAPEVOLEZZA” del proprio stato come evidenziato in due momenti fondamentali: il primo quando in uno dei monologhi afferma sostanzialmente come debba accettare che qualsiasi cosa accada (ovviamente positiva o negativa), il secondo quando ai timori del figlioletto sui possibili effetti nocivi veleni sprigionati nell’aria dalle fabbriche della città risponde che ormai gli uccellini lo sanno e non ci passano più (si sono, quindi come si spera farà lei, adeguati alla realtà).
Antonioni ha reiteratamente chiarito come il progresso e l’imponenza della tecnologia (testimoniata nel film dalle fabbriche di Ravenna) ma a cui non tutti gli individui riescono ad adattarsi con effetti tremendi in mancanza (appunto) di adattamento (nel primo suo film a colori il regista dipinge molte location al solo scopo, molto evidente, di rappresentare gli stati d’animo della nevrotica Giuliana).
Grandissimo film, ribadisco.

No il bambino, adattatissimo alla realtà, finge la malattia per non andare a scuola e dinon poter camminare prendendosi gioco della madre e delle sue ansie. :writing_hand:t2:

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