E poi cominciatti a fa l’attore - Libro su Bombolo

Un libro breve, scorrevole, che si legge in una giornata ( nel mio caso, in un viaggio di andata e ritorno in treno).
L’autore, Ezio Cardarelli, è un poliziotto. Non un critico, non uno scrittore - ha alle spalle solo qualche racconto - ma qualcuno armato di passione.

Cardarelli si concentra soprattutto sul Franco Lechner fuori dallo schermo. Ne ricostruisce l’infanzia negli anni fascisti, la fame, la scuola, il militare, i primi lavori. Ma, su tutto, emerge l’amore di Bombolo per la famiglia, sia quella in cui è nato sia quella che ha creato.

L’autore non parla dei singoli film, la carriera cinematografica di Bombolo non è affrontata, al massimo c’è qualcosa sugli esordi teatrali. Non essendo Cardarelli un critico, questa sua scelta è comprensibile.

La scrittura è piacevole, anche se spesso un po’ ingenua e didascalica: si cita una battuta di Lechner durante il viaggio di nozze, mentre per la prima volta pranza in treno, ‘Ahò, me sembra de sta a fa ne film de Car Cable! Bisogna sta attenti che poi arrivani gli indiani…’. E l’autore sottolinea .'Car Cable, pronunciato così come è scritto, era Clark Gable, il celebre attore americano protagonista di molti film westerne dell’indimenticato “Via col vento”.

Ecco, questa scrittura troppo esplicativa è un po’ il limite del libro, insieme ad un ritratto forse troppo agiografico: Bombolo era sempre buono, generoso, altruista in qualsiasi occasione. Non metto in dubbio che fosse vero, ma dopo un po’ rischia di diventare un ritratto stucchevole.

La costruzione, però, a brevi episodi è invece molto riuscita. C’è il racconto di una vita intera, ma tutto con grande brio e sintesi. E il capitolo sulla morte dell’attore è commovente.

Non mancano le testimonianze, alcune riuscite ( Pingitore e Martufello ), altre superflue ( Galliano Juso ). La più curiosa è quella di Alessandra Cardini, la quale racconta del suo lavoro con Bombolo per la ricerca costumi.

Sono riportate anche delle dichiarazione di Tomas Milian, col quale l’autore ha instaurato una bella amicizia.

Da non appassionato dei film di Bombolo, devo dire che è stata una lettura interessante.

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Ricevuto in regalo per Natale, sarà fra le mie letture vacanziere. Ho dato una sbirciatina e sembra davvero ricco di aneddoti esilaranti, la conferma di quanto il personaggio cinematografico ricalcasse in maniera abbastanza fedele quello reale.

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L’ho letto anch’io e mi è piaciuto anche se confermo le ingenuità segnalate da Simone.
Il vero difetto del libro è che ci sono soltanto luci e niente ombre su Bombolo. Non dubito che fosse una gran brava persona ma alla fine mi aspettavo che moltiplicasse i pani e i pesci per il tono che stava prendendo il racconto della sua vita.

Un buon libro, semplice e scorrevole, non impeccabile ma sicuramente riuscito e interessante anche per un lettore non fanatico di cinema di genere.

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Oddio, la parte dell’attentato al magistrato tanto luminosa non è anche se fa ridere. Diciamo che lui nel bene e nel male sembrava appunto essere come i suoi personaggi filmici, con tutto quel che ne comporta. Poi onestamente la caccia alle ombre un po’ mi ha scocciato, oggi sembra quasi che se non si può dire nulla di male di un personaggio del cinema scomparso non abbia senso documentarsi. Diciamo che da un personaggio così non puoi aspettarti chissà quali voli pindarici e quindi va bene scherzarci su; poi magari di ombre ce n’erano proprio poche e in privato era un bonaccione, vai a sapere. Della buonanima di Girotti e di Milena Vukotic, ad esempio, io non ho mai sentito parlare men che bene, pare siano proprio due persone solari; idem di Ugo Pagliai.

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No, vabbeh… Non è che volessi conoscere per forza the dark side of Bombolo e i suoi più torbidi segreti!:smiley:
È solo che il ritratto che ne esce fuori è davvero troppo pulitino (agiografico, come ha giustamente detto Simone) e dopo un po’ subentra il dubbio che l’autore abbia volutamente dato una certa immagine di Bombolo, che sicuramente era un’anima semplice e pura ma, secondo me, nel libro si insiste troppo su questa sua bontà. Poi, ripeto, probabilmente era davvero così però il tono del libro è un po’ troppo encomiastico per i miei gusti (fermo restando che mi è piaciuto, l’ho letto volentieri e ci ho trovato un sacco di informazioni e storie molto interessanti).

Probabilmente in privato era un omarino ordinario, ci sta che abbiano pure esagerato coi toni ridanciani per renderlo un filino più interessante. Io comunque aspetto rivelazioni oscure sui trascorsi di Peter Bark, vuoi mettere?

Confermo la mia impressione iniziale: è divertente ma va preso per quel che è, ovvero il ritratto affettuoso di un caratterista che aldilà della simpatia e della capacità di improvvisare (il suo talento comico stava lì) non è che offrisse chissà quali spunti per ricavarne un libro. Non si tratta di eccessivo buonismo, semmai l’ingenuità la vedi in giudizi tipo quello entusiasta su W la Foca (ma che l’autore del libro ed Eli Roth lo amino ci può stare, de gustibus). Operina leggera che si legge con piacere, non mi aspettavo di più dato l’argomento.

ps. Comunque sì, qualcosina di più approfondito sulla sua carriera cinematografica l’avrei gradito.

Come scrive Federico, non è questione di trovare lati oscuri a tutti i costi, ma davvero qui si rischia la santificazione, al punto da risultare inverosimile.
Un esempio su tutto: l’autore continua a scrivere di come a Bombolo non importasse nulla di fare film, di come a cena con gli altri attori, tutti parlassero del loro prossimo film, mentre lui pensava solo alla famiglia.
Poi, invece, nell’intervento di Galliano Juso, il produttore sostiene che ogni volta che incrociava Bombolo, questi gli dicesse: ‘A dottò, quando è che mi fa fare un film?’.

Questo, per quanto ovviamente Juso possa essere attendibile o meno, dimostra come Bombolo fosse una persona interessata anche al successo, alla visibilità e ai soldi. Un aspetto, tra l’altro, assolutamente umano e comprensibile.

Oltretutto c’era già la testimonianza del figlio di Bombolo, se non ricordo male, che disse molto chiaramente che ci fu della ruggine tra il padre a Milian per la scelta di quest’ultimo di abbandonare il personaggio di Nico Giraldi.

Boh ma secondo me è vero che del cinema gli fregava poco, nel senso che badava più che altro ai soldi che gli faceva guadagnare e tutta 'sta passione non l’aveva. Non sarebbe il primo, Luigi Montefiori non ha mai fatto mistero della propria attività di sceneggiatore nata non per amore del cinema ma per ragioni meramente economiche. Su Milian non mi sorprendo; lui comunque aveva anche un caratteraccio e a parte l’eventuale incazzatura di Bombolo per la decisione di interrompere la serie di Nico Girardi sarebbe stato strano che non si fossero azzuffati manco una volta. Del resto è proprio Tomasse che oggi ricorda Venticello con affetto e glissa su eventuali scazzi che possono avere avuto in passato. Io Bombolo lo vedo come Nellone, Jimmy il Fenomeno e altri personaggi che nel cinema ci erano entrati quasi per caso; ci sta che i fans possano venerarli ma insomma…

abcde

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Bisogna ricordare che Bombolo entrò nel cinema a 44 anni suonati che nel 1976 non erano i 44 anni di oggi. Che aveva già una famiglia da mantenere. Che, senza avere la licenza, vendeva piatti e stoviglie a Campo de’ Fiori insieme al fratello. Che era dislessico (fece la terza differenziata e non so se neanche arrivò alla quinta) e di fatto non sapeva leggere (questo lo rivelò Pierfrancesco Pingitore). E che sicuramente mai avrebbe pensato di ritrovarsi in una situazione del genere. Perciò io lo vedo semplicemente con un uomo molto pratico, con i piedi per terra, che sapeva perfettamente che tutto poteva finire da un giorno all’altro.

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Appunto. Io, ogni volta che lo vedo in un film, lo apprezzo. E in alcuni film, vuoi per le sue espressioni o per le battute che gli davano, lo apprezzo anche di più. Quindi, grazie per essere esistito, Franco… :ok_hand::heart::sunglasses:

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per chi vuole complementare il libro, o per chi il libro non l’ha, c’è anche questo

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