Ender's Game (Gavin Hood, 2013)

Non ho letto nulla di Orson Scott Card dunque mi limito a parlare della pellicola in quanto tale, anche se è lo stesso Scott Card ad averne curato la sceneggiatura, avendola per altro messa al riparo per anni dalle grinfie delle major cinematografiche. A tal proposito ha fondato egli stesso la Fresco Pictures, onde detenere evidentemente il controllo totale sul film che ne sarebbe poi scaturito. Questo perlomeno darebbe adito a pensare che Ender’s Game sia quanto di più vicino in spirito alle pagine del romanzo.

Il film ha un tono estremamente cupo e nero, sottolineato da musiche che non fanno altro che annunciare l’apocalisse. I personaggi sono un po’ tagliati con l’accetta, il militare ottuso e tetragono nelle sue convinzioni, la psicologa più sensibile (ovviamente donna, ovviamente nera), i bambini che nel millemiladuecentoventicinque riproducono le stesse identiche dinamiche di un gruppo di pre-adolescenti nei corridoi di scuola, spunzonandosi per chi ce l’ha più lungo e chi è il vero leader della gang.

Non tutti i dialoghi funzionano, alcuni sono risolti sbrigativamente e non portano il peso dello snodo narrativo a cui dovrebbero condurre. Molto bella invece l’estetica sci-fi, il mondo tutto sommato credibile e coerente in cui la storia è ambientata. In particolare le scene delle simulazioni di guerra tridimensionali o gli allenamenti nella sfera antigravitazionale sono decisamente intriganti da vedere, coinvolgenti. Meno accattivanti i “Formics”.
Nel complesso Ender’s Game è una visione gradevole, anche se l’impressione è che molte cose si sarebbero potute gestire con più cura e dettagli (non solo visivi, anche di sceneggiatura) L’atmosfera c’è, il resto meno.