Ecco una recensione del libro:
http://web.tiscali.it/fantascienzaitaliana/autori/body_l_.html
Editore Altri contributi critici
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[/b]-recensione di Vittorio Lupo, “L’eternauta” n. 91, ed. Comic art, '90, pag. 33
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[/b]Una delle pochissime antologie di racconti dell’orrore italiani contemporanei, era da tempo nei progetti del de Turris. Che fa il solito discorso sul fatto che sia possibile una via italiana, slegata dai modelli anglosassoni, che ha più volte fatto per la fantasy e la Sf.
È, in ogni modo, una sorta di tentativo di rimodellare gli stilemi di H.P. Lovecraft da parte di nostri scrittori.
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[/b]-“L’ogam del druido”, di Donato Altomare ([font=Arial,Helvetica]26 pagine, pag.[/font] [font=Arial,Helvetica]17), ambientato nella Sicilia di inizio secolo, è la storia di come il dio-mostro Amhuthu: “Colui Che Dorme Sotto La Città” abbia provocato il terrificante terremoto di Messina del 1908.[/font]
Eccone la descrizione: “Non aveva occhi, ma vedeva più di ogni altro; non aveva bocca, ma urlava; non aveva forma, ma cambiava aspetto di secondo in secondo, assumendo quello di ciò che ciascuno dei presenti temeva di più.” (pag. 39).
-“Nel nome dei tuoni”, di Claudio Asciuti ([font=Arial,Helvetica]23 pagine, pag.[/font] [font=Arial,Helvetica]45), storia del tutto assurda di folletti che rapiscono le persone, ambientata ai giorni nostri: "…strigoiuin…specie di folletti…(che) fanno scherzi alle persone…piccoli, pelosi e hanno il viso umano…sono al servizio del Popolo delle Cave… Pare che questi esseri, simili agli uomini, mandino gli “strigoiuin” in giro per sorvegliare gli abitanti della superficie… Gli “strigoiuin"alle volte vengono spediti in giro a rapire persone per portarle a vivere con loro, nel Regno del Popolo delle Cave…” (pag. 59).[/font]
Divertenti alcune citazioni cinematografiche.
-“Circolo chiuso”, di Fabio Calabrese ([font=Arial,Helvetica]6 pagine, pag.[/font] [font=Arial,Helvetica]71), veramente splendido, narra di un uomo che, per vie alchemiche, cerca di tornare nel passato, per tentare di avvertire il fratello della suo morte violenta.[/font]
E il tema classico del viaggio nel Tempo vi è sviluppato in modo davvero originale, e non è certo casa facile.
Dopo aver posto in maniera, direi standard, le premesse: “Ogni volta che si considera il “viaggio nel tempo”, la modificazione del passato è il problema in cui ci s’imbatte. Che conseguenze avrebbe? Si creerebbe un nuovo presente che prenderebbe il posto del nostro, o si formerebbero due diverse serie di realta? Ma è veramente possibile modificare il passato?” (pag. 75), ecco la trovata che lo rende originale ed inquietante: la sua coscienza è là, nel passato, ma non riesce ad interagirvi, e quindi non la modificherà.
Il finale giustifica il titolo, ed è anch’esso una trovata divertente, anche se non originalissima.
-“Epifania”, di Margherita Corsini ([font=Arial,Helvetica]9 pagine, pag.[/font] [font=Arial,Helvetica]81), decisamente molto strano, tratta di argomenti piuttosto impegnativi, come quello della presenza di una componente dell’altro sesso, in ognuno di noi: “Tu sai che esiste in ognuno di noi la parte completamente opposta: il maschio nella femmina e la femmina nel maschio. [/font]Ben ti sei guardato dentro se hai scoperto questo e lo accetti come cardine della vita universale; tutto ruota attorno alla ricerca del proprio io uguale e avverso, ma pochi sanno comprendere che l’altra faccia del pianeta è in noi, nelle nostre interiorità e che va ricercata.” (pag. 86); “Tu sai che l’Opera richiede la coniugazione delle due luci, la chiara e l’oscura, la fissazione dei contrari amalgamati nell’unità.” (pag. 87); si accenna alla tipica simbologia lunare e solare per il femminino e il mascolino, e ad una visione del sesso come apportatore di equilibrio: “Il matrimonio perfetto cui aspiri non è solo noncurante gioia, ma responsabilità precisa e grave impegno nel perseguire il risultato: essendo la tua carne scissa per consentirti la discesa nello stadio più pesante e basso, riunificarla significa restituire al tuo se l’integrità essenziale alla divina evoluzione.” (pag. 87).
È la storia di un’entità che si autodefinisce satiro: “…mi compiaccio di ammettere, che m’apparentano alle creature caotiche e rudi da voi chiamate satiri.” (pag. 86) che si appropria progressivamente di un soldato ferito nella prima guerra mondiale.
-“La vera storia di Francesco Giuseppe Borri alchimista”, di Marco De Franchi ([font=Arial,Helvetica]23 pagine, pag.[/font] [font=Arial,Helvetica]91), “…sfrutta lo stesso personaggio de “La porta magica”…”, dice il de Turris.[/font]
Egli è un “…oscuro alchimista del diciassettesimo secolo…”, e mago, e negromante.
La vicenda è narrata su due livelli, uno contemporaneo, e l’altro della sua epoca.
È la storia di come, dopo essersi addentrato nelle arti magiche, egli abbia tentato, senza riuscirci, di uscirne.
Egli era divenuto un succubo, uno schiavo di un demone. I due livelli si riallineano nel finale, nel quale si insinua, molto esplicitamente, che l’alchimista contemporaneo non sia altri che quello di cui ha narrato.
A dire il vero, non è che sia molto lovecraftiano; le entità con cui l’alchimista entra in contatto sono si: “Qualcosa di molto diverso dalla normale concezione che si ha di Entità Sovrannaturali…” (pag. 102), ma nient’altro.
-“Sotto la città”, di Riccardo De Los Rios jr. ([font=Arial,Helvetica]19 pagine, pag.[/font] [font=Arial,Helvetica]117), un “horror urbano”; De Los Rios: “…ha immaginato un…cult(o)…demoniac(o) del tutto consono al moderno mondo industrializzato.” (de Turris, pag. 11).[/font]
Un uomo semplice, un riparatore di ascensori, si ritrova impegolato in una storia di riti satanici a Torino. C’è il tipico problema dell’incomunicabilità di determinate esperienze, puntualmente etichettate, normalizzate; qui si parla di: “…autosuggestione da affaticamento mentale.” (pag. 127).
-“Epilogo”, di Luigi De Pascalis ([font=Arial,Helvetica]24 pagine, pag.[/font] [font=Arial,Helvetica]139), il de Turris nell’introduzione, parla di: “…“visione del mondo” decisamente lovecraftiana: l’esistenza di un pantheon ulteriore di fronte al quale gli dèi conosciuti (e non soltanto romani) devono chinare il capo, e oltre ad esso ancora qualcosa d’altro, d’inconoscibile; gli uomini come “burattini” nelle loro mani, soggetti ai loro capricci, pedine di un gioco cosmico; il mondo (qui Roma) arengo di uno scontro che ha per posta apparente la sopravvivenza della (“città”, nel testo, ma penso sia un refuso; credo dovrebbe essere “civiltà”); le divinità benigne o indifferenti, fra noi.” (pag. 7), per questo racconto.[/font]
Ciò che comunque lo caratterizza è una notevolissima carica erotica: numerose le scene di erotismo, descritte in termini decisamente non ambigui, e dettagliatamente.
C’è anche una specie di trasposizione del tema classico fantascientifico della non interferenza: “È contro la legge prendere le difese di creature inferiori.” (pag. 161).
-“Dies irae”, di Bruno Garavini ([font=Arial,Helvetica]10 pagine, pag.[/font] [font=Arial,Helvetica]165), come penso molti di voi sappiano il Garavini è solito scrivere racconti davvero raccapriccianti.[/font]
E questo non fa eccezione.
Vi si parla, appunto lovecraftianamente, degli Antichi, “I primi abitatori della Terra” (pag. 169).
L’antico Dio di cui si parla qui è Drulugh, che sarebbe unicamente una delle: “…varietà di appellativi con cui adorarlo: Zeus, Allah, Drulugh, Yavhè…o se preferisci Dio.” (pag. 173).
-“Psiconauta”, di Gustavo Gasparini ([font=Arial,Helvetica]7 pagine, pag.[/font] [font=Arial,Helvetica]177), davvero interessante, come tutti i racconti del Gasparini, narra del caso di un fenomeno di bilocazione, in cui un uomo vede se stesso sdraiato nel suo letto.[/font]
Di ciò se ne dà, nel racconto, una spiegazione psicoanalitica, come della sua paura di conoscere i propri sogni, che lo porterebbe, automaticamente, a conoscersi più approfonditamente. Egli sogna, infatti, di essere una donna, e ciò non riesce ad arrivare al suo stato conscio.
-“Arbatrax”, di Roberto Genovesi e Errico Passaro ([font=Arial,Helvetica]5 pagine, pag.[/font] [font=Arial,Helvetica]187), decisamente terrificante, in quanto adotta un espediente che, se dapprima lo fa apparire come ambientato in un realtà normale, tranquilla, in cui vengono solo raccontati fatti terrificanti, di una lovecraftiana antica e ferocissima razza non umana che: “…prosperò e decadde prima dell’avvento della scrittura…forse ancor prima, fino al momento di passaggio fra preistoria e storia…ripugnanti orrori primordiali…” (pagg. 190-1), poi, improvvisamente, è l’ambientazione a divenire terrificante, provocando un notevole impatto emotivo nel lettore.[/font]
-“Le bestie fredde”, di Lorenzo Iacobellis ([font=Arial,Helvetica]19 pagine, pag.[/font] [font=Arial,Helvetica]195), buona storia, che si sviluppa su due livelli temporali, raccontando di un disadattato che, avendo appreso da una sua anziana concubina un segreto antico, scatena per il mondo le Bestie Fredde: “…animaletti filiformi, dalla grande testa e dall’affilato muso crudele.” (pag. 214), frutto dell’accoppiamento della Creatura che vive nella Terra del Buio e del Gelo Accanto, con la ghepardessa concubina.[/font]
C’era anche una sorta di riflessione su Eros e Thanotos: “…il mondo si regge sull’amore e sul piacere della vita da una parte, sulla morte e sul desiderio di distruzione dall’altra. E che chi riceve amore, deve donare amore agli altri, nella stessa quantità in cui lo ha ricevuto. Ma chi riceve morte, morte deve dare necessariamente agli altri, nella stessa quantità in cui l’ha ricevuta.” (pag. 211).
-“Pratica irrisolta n. 56”, di Alberto Lemhann ([font=Arial,Helvetica]30 pagine, pag.[/font] [font=Arial,Helvetica]217), è strutturato in modo alquanto originale; una prima parte, la più consistente, è la pratica di cui al titolo, redatta da un commissario di polizia, riprodotta graficamente in modo divertente, e la seconda narra le vicende dell’ispettore che la legge alcuni anni più tardi.[/font]
Il tutto è incentrato su un’antica razza di gatti marrani: “…sono partite, tanti milioni di anni fa, innumerevoli arche di astronavi per una Terra ancora senza uomo…hanno riservato Félidi-Pastori, Félidi-Interpreti, Gatti-Mannari, Gatti-Cannibali… La loro è una religione antichissima, superata e dimenticata o, meglio, fatta dimenticare, quella di divinità che non sono solo concetti astratti di Bene o, piuttosto, di Male, ma entità reali; è una religione orrenda, che perdura ancora oggi, anche se nessuno se ne rende conto…” (pagg. 244-5).
-“Il re del mondo”, di Riccardo Leveghi ([font=Arial,Helvetica]anche in “Dimensione cosmica” n.[/font] 7/8, (vecchia serie) ed. Solfanelli, '80; 13 pagine, pag. [font=Arial,Helvetica]249), piuttosto simile, come stile ai suoi racconti del Premio Tolkien, narra di un gruppo di studiosi dilettanti di religioni antiche che vanno alla ricerca, in oriente, dell’Antica Arca, scoprendo parecchie cose.[/font]
Vi è anche un ripensamento della decadibilità della civiltà: “Non comprendevo perchè la storia e gli uomini, gli imperi e le creature che li avevano fondati, le donne, i bambini, i sacerdoti, i guerrieri, interi popoli dovevano scomparire così, un regno dopo l’altro, un uomo dopo l’altro per quanto grande potesse essere, ricco, potente, armato, nel pieno del suo vigore.” (pag. 257).
-“Interni”, di Grazia Lipos ([font=Arial,Helvetica]10 pagine, pag.[/font] [font=Arial,Helvetica]265), strutturato in forma di diario, racconta la storia di una giovane donna che, un poco alla volta, si ritrova immersa in un mondo altro.[/font]
Ciò avviene per mezzo di una sorta di strano sortilegio provocato da dei dipinti di un giovane pittore.
È espressamente citato Lovecraft.
-“L’ospite straniero”, di Mario Lucidi ([font=Arial,Helvetica]6 pagine, pag.[/font] [font=Arial,Helvetica]277), è ambientato in una casa in cui si vendono camere in affitto.[/font]
Il protagonista, l’affittuario, scopre tra i bagagli di uno dei suoi clienti un oggetto misterioso: “Non…più grande del pugno chiuso di un bambino e (che) dava, a toccarlo, una spiacevole sensazione di freddo.” (pagg. 280-1), che: “…obbediva alle leggi di una geometria che non era di questo mondo.” (pag. 281).
-“Mysteria”, di Giuseppe Magnarapa ([font=Arial,Helvetica]10 pagine, pag.[/font] [font=Arial,Helvetica]285), ambientato in un paesino della Calabria, narra di un antico rito dionisiaco in cui incappano dei turisti svedesi.[/font]
-“Buio in sala”, di Renato Pestriniero ([font=Arial,Helvetica]8 pagine, pag.[/font] [font=Arial,Helvetica]297): “…una elaborazione in chiave più fantastica…” (de Turris, pag. 9), di “Playback” (“The Time Machine” n. 3/'81), ha al suo: “…centro…il problema dell’esistenza o meno del libero arbitrio ed in che cosa consista la realtà.” (Idem), ovvero problemi epistemologici.[/font]
Narra dell’apparire di una crepa nel cielo, che si allarga lentamente ma inesorabilmente.
Sarebbe l’annuncio dell’imminenza del comparire di un livello superiore di realtà, nel quale il nostro perderebbe totalmente di significato.
-“Gli occhi dell’etrusco”, di Nicola Verde ([font=Arial,Helvetica]12 pagine, pag.[/font] [font=Arial,Helvetica]307), buon racconto d’atmosfera, ben sostenuta, che narra della profanazione di un luogo sacro agli etruschi, il Fano di Voltumna: “…il luogo più sacro ed inviolabile delle Lucumonie Etrusche…” (pag. 314), da parte di un tombarolo.[/font]
-“Aequbayl”, di Rosario Zagaria ([font=Arial,Helvetica]16 pagine, pag.[/font] [font=Arial,Helvetica]321), un pò ingenuo, narra di un giovane ragazzo che, non essendone consapevole, è il discendente di una persona che era venuta da un’altra dimensione attraverso una Porta.[/font]
Ed è così che riuscirà a chiuderne una, attraverso la quale era passata una Creatura Aliena.
C’è anche una breve scena di sesso.
E una riflessione sulla disumanità della vita in città: “E poi si sa che la vita cittadina plasma le esistenze in modo anomalo, desensibilizzandole, votandole ad una abbietta indifferenza verso tutto ciò che era naturale solo fino a qualche tempo fa…e la Luna, diventa solo un disco luminoso, che di notte a volte si affaccia tra i palazzi, e il Vento è solo un soffio più forte che scende a spazzare i vicoli, disperdendo polvere e cartacce, e i Fiori, solo sperduti occhielli a qualche davanzale un pò più fortunato, e le Stelle, lumicini troppo deboli per sovrastare con successo le luci violente della strada…” (pag. 334).
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[/b]Il livello qualitativo direi che è più che discreto, nonostante il tema, a mio gusto, non sia certo tra i più esaltanti.
È comunque senz’altro un’ottima cosa che la Solfanelli abbia voluto mettere in essere anche questa iniziativa, dopo le buone cose fatte nel settore fantasy.
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[/b]Alpha Aleph extra n. 1, agosto '93