I ragazzi della periferia sud (Gianni Minello, 1984)

Rivisto a quasi 20 anni di distanza dalla prima volta, il mio giudizio cambia ma diciamo che non si ribalta completamente.

C’è qualcosa del film che non funziona, che non convince, che non mi aggancia.
Questo nonostante il fatto che ci siano alcune sequenze azzeccate di forte impatto emotivo, la più potente delle quali è quella in cui la ragazza vittima dello stupro di gruppo si trascina sull’argine del Tevere cercando di lavarsi via di dosso lo sporco dell’esperienza che ha vissuto. E poi, non riuscendoci, si reca all’ombra di quelle vestigia romane abbandonate e si toglie la vita tagliandosi le vene con una lattina della coca-cola. Uno squallore tale che non può non scuotere lo spettatore. L’inquadratura dell’acquedotto che si staglia in mezzo al campo di papaveri con alle spalle gli edifici della periferia, mentre la ragazza compie il gesto estremo, è pura poesia. Minello è davvero bravo a trasmettere anche attraverso l’uso delle location l’idea della trascuratezza e miseria morale che vivono i personaggi. Queste rovine romane lasciate all’incuria, luogo di ritrovo di barboni, tossici e puttane, che sorgono in mezzo a moderne ferrovie e palazzoni popolari, simbolo di una civiltà che al ritmo del frenetico progresso ignora e se ne frega di chi ha altre origini, altre radici, altri ritmi.

Eppure… Eppure… Qualcosa continua a non convincermi, il film non mi arriva molto, soprattutto nel primo tempo.
Ho cercato di entrare dentro a questo mio vissuto ed analizzarlo un po’.
Credo che la pecca più grande siano le scarse abilità recitative degli attori, diversi dei quali non protagonisti o alle prime armi. Mentre in Amore tossico i tossici recitano sé stessi qui i borgatari cercano di recitare una parte, ma il tutto risulta artefatto, non genuino: i dialoghi risuonano vuoti e artificiosi, certe dinamiche mostrate sullo schermo sembrano frettolose e superficiali. Insomma, in certi frangenti il film emotivamente proprio non arriva. Ad accentuare questo effetto anche il fatto che Minello non usi quali mai il primo piano, riprendendo gli attori al massimo in mezza figura, aumentando l’idea di distacco, di lontananza dallo spettatore. Devo dire che però a partire dal secondo tempo la vicenda diventa davvero tosta e la prossimità emotiva coi personaggi inizia a farsi sentire.

Continuo a considerarlo un film non del tutto riuscito, ma ritengo comunque che valga la pena di vederlo.

Non c’è qualche romano in forum che sappia dire dove si trovano le rovine romane usate come location? Mi piacerebbe vedere come sono ora, se ancora abbandonate a loro stesse ed al degrado della periferia o se hanno ricevuto un po’ più di attenzioni dal ministero dei beni culturali. Continuano a sembrarmi le stesse rovine usate anche in alcune scene del film pseudo-sociale di Vani Ragazzi de’ borgata, ma non ne ho la certezza.

Aggiorno il primo post inserendo il link al film completo su YouTube, in una versione però che fa pietà, poiché presa da una vhs già di per sé impastata e ulteriormente deturpata da una compressione digitale da denuncia.

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