Il gatto selvaggio (Andrea Frezza, 1968)

Da principio sembra il classico film sperimental/politico alla Godard, un po’ a cavallo tra il linguaggio d’avanguardia di Il vento dell’est e i contenuti ideologici di La cinese.
Si distacca però dai tipici prodotti militanti dell’epoca sessantottina perché delinea, oltre all’ambiente della gioventù rivoluzionaria ed alle teorie della lotta (pacifica o armata) al sistema dominante, anche la dimensione personale della soggettività del protagonista: un giovane dall’esistenza interiore contraddittoria ed alienata, in cui coesistono sia le teorie e gli ideali politici, sia una sorta di nichilismo caratterizzato da una morbosa attrazione verso la morte e l’annientamento degli impulsi vitali.

Suggestivo come un paio di sequenze costituiscano un vero e proprio tutorial per costruire molotov e bombe artigianali.

2 Mi Piace