Il tonfo di Alitalia

E’ quello che mi chiedo anche io… perché, Berlusconi in primis ma anche altri, hanno voluto far deliberatamente fallire l’accordo con l’Air France, ovvero la più importante compagnia aerea del mondo? :confused:
Il brutto è che non c’è neppure nessuno che glielo rinfaccia!!! :mad:

23/7/2008 (6:57)
Alitalia, la cordata per ora arranca
La lettera di Intesa Sanpaolo:
non ci sono potenziali investitori

http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/economia/200807articoli/35022girata.asp

Il ministro dello Sviluppo Economico, pur senza entrare in dettagli
conferma le anticipazioni della stampa sul piano messo a punto da Intesa Sanpaolo
Alitalia, Scajola: “Siamo vicini
a una conclusione e al rilancio”
Il ministro precisa: “Nessuna modifica nel prossimo Cdm alla legge Marzano”

http://www.repubblica.it/2008/06/sezioni/economia/alitalia-23/vicini-soluzione/vicini-soluzione.html

Chi è che sta bluffando qui? :confused:

E’ importante capire chi si accollerà il debito.
Vedendo i partecipanti alla cosidetta cordata occorre la massima prudenza (i Ligresti, Benetton, forse Colannino già visto all’opera in Telecom. C’è anche l’incredibile Tronchetti Provera, un genio incompreso della finanza)

E intanto il blog di uno steward:

http://blog.libero.it/AviatorAZ/
http://www.repubblica.it/2008/07/sezioni/economia/alitalia-24/blog-assistente/blog-assistente.html
http://www.repubblica.it/2006/05/gallerie/cronaca/assistente-volo-blog/1.html

La flotta ridotta a 150 aerei, non ci saranno più hub, solo 15 le tratte intercontinentali
Nuova Alitalia, ecco il piano
pochi voli a lungo raggio
Il “Progetto Fenice” non prevede il rilancio di Malpensa. Cargo ceduto

http://www.repubblica.it/2008/07/sezioni/economia/alitalia-24/nuovo-piano-alitalia/nuovo-piano-alitalia.html

Il ministro rassicura: “Non vogliamo lasciare nessuno su una strada”
E apre ad Air France: “Nulla contro di loro, felici se vorranno collaborare”
Alitalia, Cgil all’attacco
“Ora vogliamo chiarezza”
Fantozzi probabile nuovo commissario. Bersani: “Si rischia
una mini-Parmalat”. Ue: “Ricevuto il piano, lo analizzeremo”

http://www.repubblica.it/2008/07/sezioni/economia/alitalia-24/esuberi-matteoli/esuberi-matteoli.html

Tutta questa perdita di tempo per metterla in quel posto agli italiani che come al solito pagheranno tutti debiti mentre i ‘soci’ si divideranno gli utili :mad:
la vignetta di ElleKappa mi sembra illuminante


Ma era chiaro, il nano c’ha messo il naso solo per fare un po’ di cagnara a scopo elettorale. Cosi`al posto di vendere ai franzosi la si svende ai crucchi, permettendo ai furbetti di fare un po’ di soldi.

Alitalia: Berlusconi, “Indispensabile compagnia italiana solida”

28 ago 19:24 Politica
ROMA - “Avere una compagnia di bandiera italiana solida era indispensabile”. Silvio Berlusconi parla di Alitalia dopo il Consiglio dei ministri che ha dato l’ok alla modifica della legge Marzano. “Un grande paese deve avere una grande, solida ed efficiente compagnia di bandiera - ha proseguito il premier - ma se qualche compagnia straniera vorra’ entrare nel capitale, lo potra’ fare, ma solo con una quota minoritaria”. Il presidente del Consiglio ha confermato che quella individuata era per Alitalia “l’unica scelta possibile”: “Sarebbe stata una svendita ad Air France, di un paese in diretta concorrenza con noi nell’importantissimo settore del turismo. Avevamo il dovere di intervenire, ci siamo riusciti”. (Agr)

http://www.corriere.it/ultima_ora/notizie.jsp?id={942C2A50-9AAE-4526-B7A5-F69CE1CE76FA}

Alitalia: Berlusconi, “Colpa dei sindacati precedente fallimento trattativa con Air France”

28 ago 19:34 Economia
ROMA - Silvio Berlusconi incolpa i sindacati di aver fatto fallire la precedente trattativa con Air France. Il premier lo ha detto parlando della vicenda Alitalia nella conferenza stampa di Palazzo Chigi. “E’ colpa dei sindacati e non nostra”, ha detto sostenendo che il “ridimensionamento” deciso attualmente della compagnia di bandiera “sara’ comunque inferiore” a quello che ci sarebbe stato"se si fosse andati avanti con la svendita ad Air France". (Agr)

http://www.corriere.it/ultima_ora/notizie.jsp?id={21101D88-E1C6-447B-9FBA-0D1FECA01263}

Senza parole… siamo alla più totale mistificazione della realtà :mad:

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IL LAPSUS DEL TG3
“La compagnia non peserà sulle palle degli italiani”, dice il giornalista citando Berlusconi sull’Alitalia

http://tv.repubblica.it/copertina/il-lapsus-del-tg3/23476?video

ultimatum…

http://iltempo.ilsole24ore.com/politica/2008/09/11/925275-ultimatum_alitalia.shtml

Non capisco perchè continuano a tirarla così per le lunghe…ma probabilmente durerà ancora di più…
Ovviamente la colpa è ai vertici, a tutti quei raccomandati/trombati altrove manager che non fanno un cazzo ma guadagnano cifre stellari che che dovranno essere sistemati grazie al fatto che Alitalia è la compagnia di bandiera.
E per i dipendenti penso che qualche misura molto meno catastrofica di quanto paventato (infatti si parla comunque per i lasciati a casa di buonuscite cospicue, pre-pensionamenti, casse integrazione anche al 70-80%-che per chi non lavora è ORO) ci sarà.

Poi come spesso accade da fuori non cambierà nulla. O cambierà poco.

Però senza condannare nessuno c’è anche da dire che Alitalia non può vivere sugli allori solo perchè p la compagnia di bandiera. Quando una società va male va male e ora sembra che dobbiamo accollarci noi cittadini contribuenti parte di questo male. Perchè negli aeroporti deve esserci il banco del check in affollato con 4890 persone e 2 soli alle operazioni al banco mentre a quello di Alitalia dove ci sono 2 vecchietti che hanno sbagliato strada e non devono manco fare check in lì ci sono 3 impiegati a fare un cazzo?

Quando ci sono ESUBERI non è che bisogna attaccarsi a tutto per tenerseli, eccheccazzo.

Ci saranno altri posti di lavoro, altre compagnie aeree.

E tendenzialmente uno che lavora in compagnia aerea

-L’inglese lo conosce
-Disponibilità a spostarsi ne ha

Per cui non facciamola più tragica di quello che è.

IL COMMENTO
Il pifferaio, gli allocchi
e l’asso di Colaninno
di EUGENIO SCALFARI

                                      http://www.repubblica.it/2008/09/sezioni/economia/alitalia-27/scalfari-colaninno/scalfari-colaninno.html

IL tema caldissimo di oggi è l’Alitalia, il tema appena meno scottante ma altrettanto infuocato è il federalismo fiscale. L’accoppiata sarebbe già di per sé esplosiva ma come non bastasse si colloca in un panorama politico estremamente teso e inquietante: una serie di annunci, di disegni di legge, di atti politici e amministrativi che hanno tutti il solo univoco effetto di accrescere le tensioni, inasprire i conflitti, mostrare la faccia feroce e la voglia di menar le mani all’insegna di uno slogan diventato ormai un “passepartout”.

Lo slogan è stato inventato dal ministro dell’Interno che lo ripete a dritto e rovescio come una sorta di tic, di intercalare, ed è “tolleranza zero”. È diventato il succo programmatico del governo e della sua maggioranza.

Evidentemente funziona e i sondaggi in favore del “premier” hanno toccato il culmine.

La gente vuole che si proclami tolleranza zero nei confronti di chiunque utilizzi i propri diritti di libertà in senso non conforme al senso comune ora in auge. Che poi la tolleranza zero realizzi risultati desiderati oppure no, questo non arresta l’onda d’urto d’una strategia “schiacciasassi” tipica nella storia europea degli ultimi cent’anni tutte le volte che pulsioni autoritarie abbiano, in nome di superiori ragioni di ordine e di sicurezza, ristretto i diritti di cittadinanza.

Speriamo che il “trend” attuale non ci conduca oltre il limite del populismo e delle favole narrate al popolo per distrarlo, ma questa sorta di ipnosi collettiva induce comunque a riflessioni preoccupate in un’epoca in cui si ridisegna la mappa politica ed economica del mondo.

Tolleranza zero, abolizione di fatto della legge Merlin sulla prostituzione, smantellamento della scuola pubblica dell’obbligo senza un progetto che abbia un senso, crescente pressione sui poteri e sull’indipendenza della magistratura inquirente, leggi elettorali che rafforzano il potere degli apparati confiscando ogni diritto di scelta dei cittadini, disprezzo dei valori costituzionali più sensibili, clericalismo di ritorno e impoverimento dei valori cristiani in una ritrovata alleanza tra la gerarchia ecclesiastica e il potere politico, inquinamento reciproco tra politica e affari, rivalutazione del fascismo da parte di ministri e di sindaci in carica: questo è lo sfondo allarmante di questa stagione.

La crisi dell’Alitalia e l’incognita del federalismo fiscale ne rappresentano i punti di massima tensione e di totale mancanza di progettualità. Non la fantasia ma il dilettantismo è oggi al potere. Non è la prima volta che accade nel nostro paese dove purtroppo la memoria è labile e non riesce a diventare matura esperienza.

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Il ministro Tremonti, nella sua lunga ricostruzione del disastro Alitalia esposta davanti alla commissione competente della Camera e successivamente riprodotta nel suo testo integrale su 24 ore di venerdì e di ieri, ha esordito dicendo: “Lasciamo da parte il confronto con le condizioni di Air France dello scorso aprile, era un altro contesto e un’operazione di altra natura”.

Seguiamolo in questa sua raccomandazione iniziale, non senza tuttavia aver ricordato che l’offerta di Air France fu respinta dal combinato-disposto del rifiuto dei sindacati, dalla campagna scatenata da Berlusconi contro quel progetto e dall’insistente pressione a favore d’una cosiddetta cordata tricolore sponsorizzata da Banca Intesa.

Se oggi ci troviamo tutti di fronte ad un “malpasso” la responsabilità sta in quel rifiuto dovuto a due soggetti (sindacati e Berlusconi) e alla presenza d’un convitato di pietra in attesa di entrare in scena (Banca Intesa).
Per Tremonti invece le responsabilità incombono interamente su Prodi e Padoa-Schioppa, incapaci secondo lui di afferrare il bandolo della matassa e concludere.

Credo che ci sia stata un’inerzia di Prodi come ci fu, ancor più grave, nella questione dell’immondizia napoletana. Ma Tremonti dimentica almeno due passaggi essenziali avvenuti nel corso del governo Berlusconi e della sua presenza al ministero dell’Economia. Il primo passaggio sta nella valutazione patrimoniale di Alitalia: l’azione in Borsa valeva circa 10 euro nel 2001 e 1,57 nel 2006. Tremonti ha contestato queste cifre, ma il 24 ore dell’11 settembre le ha ricontrollate insieme alla banca dati della Thomson Financial e ne ha certificato l’esattezza. In cinque anni di legislatura il patrimonio della compagnia di volo ha perso dunque i 9 decimi del suo valore patrimoniale. Le cifre non sono opinioni e non hanno bisogno di commenti.

Il secondo passaggio riguarda la proposta dell’amministratore di Alitalia, Mengozzi, nominato a quella carica dal governo Berlusconi e quindi dallo stesso Tremonti. Mengozzi aveva in animo una fusione con Air France. Aveva negoziato a lungo e aveva ottenuto che la fusione fosse fatta attribuendo ad Alitalia il 30-35 per cento del capitale del network francese. Il governo però respinse la proposta. Anche qui c’è poco da commentare, i fatti parlano da soli.

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E veniamo all’oggi. Il governo ha emanato pochi giorni fa un decreto che spacca in due Alitalia: la società controllata dal Tesoro con in capo tutti i debiti, il personale, la flotta, i diritti di volo e i pochi soldi rimasti in cassa; una società sostanzialmente fallita, affidata dal Tesoro ad un commissario secondo le regole della legge Marzano appositamente riveduta per meglio adattarla al caso Alitalia.

A fianco del rottame Alitalia una nuova società di nuovissima istituzione, con 18 azionisti, un presidente (Roberto Colaninno) e un amministratore delegato (Sabelli), depurata da tutti i gravami e pronta a fondersi con Air One.

Sulla base della legge Marzano questa società figlia giovane e bella d’una madre vecchia e moribonda, potrà rilevare tutta la polpa di Alitalia e cioè gli aerei per l’attuazione del piano industriale, le rotte, il personale di volo e di terra necessari. Gli esuberi resteranno in capo alla società madre, così pure i debiti e il personale esuberante. Il prezzo ritenuto giusto da ambo le parti sarebbe attorno ai 450 milioni di euro.

Il capitale messo insieme dai 18 azionisti (tutti italiani) supera il miliardo. Il nome, nuovo di zecca, è Compagnia Aerea Italiana (Cai). Air One si fonderà con essa e i suoi proprietari otterranno 300 milioni portando nella Cai la flotta, le rotte, le opzioni per l’acquisto di nuovi aerei, il personale di volo. L’amministratore di Air One, Toto, entrerà nel capitale della Cai con 120 milioni e siederà nel consiglio d’amministrazione.

Il governo e soprattutto Berlusconi è entusiasta: in centoventi giorni la cordata italiana si è materializzata, il caso Alitalia è stato risolto, tutto è stato previsto: la sospensione per sei mesi delle regole antitrust, una benevola disponibilità della Commissione di Bruxelles a dare il disco verde all’operazione, l’entusiasmo degli azionisti della Cai. Molti di loro - in palese conflitto d’interessi - sono felici di esser adeguatamente compensati da alcuni affari sottobanco. L’amministratore di Banca Intesa, diventato da “advisor” dell’operazione azionista Cai, di fronte all’obiezione sugli affari non chiari di molti colleghi di cordata ha risposto che “i conflitti d’interesse saranno gestiti”. Il capo dell’antitrust chiamato in causa dal senatore Zanda non ha risposto. Bonanni della Cisl manifesta disponibilità a collaborare.

Tutto insomma sembra andare a gonfie vele. Certo il Tesoro si dovrà accollare parecchi pesi: i debiti della vecchia Alitalia, gli esuberi di circa 7 mila unità di cui mille piloti; ma l’onore è salvo, perdite future non sono previste, gli esuberi saranno trattati con gli ammortizzatori sociali esistenti. Ma l’attivo sta nella resurrezione della compagnia di bandiera interamente rinnovata e tricolore, un taglio consistente ai vecchi azionisti, l’ingresso d’un vettore straniero con una quota di capitale non superiore ai 120 milioni. Che cosa si vuole di più? Berlusconi dove tocca fa il miracolo. I consensi degli italiani distratti e assuefatti (che sono al momento la larga maggioranza) sono alle stelle. Tremonti sentenzia: “La luna di miele del governo con gli italiani durerà molto a lungo, ci stiamo preparando a festeggiare le nozze d’argento”.

Invece no. Poche ore dopo queste celebrazioni scoppia la tempesta. Ci siamo dentro tuttora e non si sa ancora come finirà.

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Il governo e insieme con esso il commissario di Alitalia, Fantozzi, il presidente di Cai, Colaninno, il leader della Cisl, Bonanni, si erano scordati della questione “contratti”. O meglio: non se ne erano scordati ma l’avevano considerata di facile soluzione. I dipendenti - pensavano - non hanno alternative: se non accettano le condizioni offerte dalla Cai, la nuova società si ritirerà, l’Alitalia fallirebbe, 20 mila persone forse più, considerando anche il lavoro indotto, andrebbero in mobilità, anticamera del licenziamento entro qualche anno. Quindi accetteranno.

Ma i contratti, per consentire alla Cai di volare con profitto, debbono realizzare una diminuzione di costi del 30 per cento e un pari aumento di produttività. O così o niente, prendere o lasciare. Gli esuberi avranno ammortizzatori lunghi e corsie preferenziali per essere ricollocati, ma sui contratti e sulla produttività non c’è margine. D’altra parte furono proprio i piloti ad affondare l’offerta di Air France. Dunque se la sono voluta. Chi semina vento raccoglie tempesta. E poi il mercato è il mercato.

Invece i piloti, gli assistenti di volo, il nucleo duro dei dipendenti, non ci stanno. All’inizio sembra una manfrina ma col passare dei giorni si vede che no, non è la solita sceneggiata sindacalese. I piloti alla fine si alzano dal tavolo e se ne vanno. Berlusconi chiama Colaninno, Sacconi chiama i sindacati, Matteoli chiama i piloti, Passera chiama tutti, ma la questione sembra ormai chiusa: Cai conferma che non può fare modifiche alla sua piattaforma, i piloti confermano che a quelle condizioni è inutile continuare. Berlusconi ha un momento di sconforto ma poi torna in battaglia: ha ancora qualche carta da giocare e la gioca.

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Alle ore 14 di ieri, sabato, Fantozzi incontra i sindacati e comunica che siamo alla fine: non c’è più un euro in cassa, i fornitori di carburante hanno comunicato che non faranno più forniture a credito, d’ora in poi la flotta Alitalia potrà contare soltanto sulle poche riserve esistenti nei depositi.

Per conseguenza a partire da domani lunedì alcuni voli saranno cancellati e il personale addetto verrà messo in cassa integrazione. I voli da annullare saranno 34. Gli altri e in breve l’intera flotta cesseranno di volare entro una settimana o poco più.

Tra i piloti e gli assistenti di volo la tensione sale alle stelle. Intanto si viene a sapere che il fornitore che ha chiuso i rubinetti del credito è l’Eni. Ennesimo paradosso: la compagnia di bandiera petrolifera non fa più credito alla compagnia di bandiera del trasporto aereo. Il governo è stato informato? Oppure governo ed Eni d’accordo stringono la tenaglia intorno al collo dei sindacati? Roberto Colaninno ha passato a Mantova la notte di venerdì e la mattina di sabato ma nel pomeriggio è all’aeroporto di Verona: rientrerà a Roma in serata. Questa mattina, domenica, inviterà i sindacati ad un colloquio finale.

Ha qualcosa da mettere sul tavolo? Sì, qualcosa ce l’ha. Si era tenuto una riserva da usare all’ultimo minuto e l’ultimo minuto è arrivato. Potrà migliorare il “monte salari” del personale da riassumere in Cai in misura del 20 per cento. Che cosa significa? Se aveva chiesto ai piloti una decurtazione stipendiale del 25 per cento rispetto gli stipendi vigenti, il 20 per cento di miglioramento significa che la decurtazione scenderebbe al 20. Basterà? Questa sarà l’ultima parola.

Ma c’è un però. Colannino non vuole trattare soltanto con i piloti. Se seguisse questa tattica le altre categorie dei dipendenti potrebbero esigere che quel 20 per cento di miglioria sia ripartito tra tutti. Da buon imprenditore Colaninno non ha nessuna voglia di imbottigliarsi in una questione di riparto, perciò la sua offerta sarà fatta al complesso delle sigle sindacali: vedano tra di loro come spartire l’offerta. Comunque entro oggi la questione dev’essere chiusa altrimenti lunedì mattina comincerà non più l’ultima fase ma l’agonia vera e propria di un malato terminale.

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Forse l’accordo oggi si farà: le probabilità si misurano al 51 per cento in favore dell’accordo in extremis contro il 49 che non riesca. Berlusconi, che era ormai con le spalle al muro perché il fallimento dell’Alitalia sarebbe stato per lui una catastrofe d’immagine senza precedenti, deve aver strizzato per bene Colaninno e i membri principali della cordata tricolore. Questi a loro volta avranno rincarato a propria compensazione i vantaggi extra che si aspettano dalla loro partecipazione.

Passera saggiamente aveva detto che i conflitti d’interesse debbono essere gestiti e il “premier” è un asso in quel tipo di gestione. Un’occhiata di riguardo non si può negare a nessuno dei 18 “capitani coraggiosi”. Di occhiate di riguardo ne sono già state date parecchie, una di più non la si nega a nessuno pur d’assicurare il lieto fine.

Lieto fine per tutti? Forse per i piloti che rappresentano la nobiltà di spada tra i dipendenti Alitalia, forse per gli assistenti di volo che rappresentano la nobiltà di toga. Il popolaccio dei servizi a terra sarà il più strattonato, ma peggio per loro, qualcuno che trasporti i bagagli lo si trova sempre a buon prezzo magari tra i marocchini e i romeni per bene che fanno la coda per un posto precario.

E poi? Il finale della storia l’abbiamo già scritto domenica scorsa: tra cinque anni Cai avrà registrato una cospicua plusvalenza patrimoniale, gli azionisti venderanno e incasseranno. Cai entrerà a far parte di un bel “network” internazionale, tedesco o franco-olandese, perché nell’economia globale non c’è posto per una compagnia di volo come Alitalia, troppo grande per esser piccola e troppo piccola per esser grande. Così saremo tornati alla casella di partenza avendo perso un sacco di soldi e di tempo. Intanto il pifferaio suona il suo piffero e gli allocchi lo seguono incantati.

È in arrivo il federalismo fiscale, del quale riparleremo. Per ora si sono sentite molte parole ma non s’è visto nessun numero. Prima o poi però i numeri dovranno sbucare da qualche parte e bisognerà leggerli con molta attenzione.
(14 settembre 2008)

TRATTATIVE INTERROTTE
Alitalia, è rottura: la Cai si arrende
Berlusconi: “Colpa di Cgil e piloti”
Scaduto l’ultimatum: la cordata di Colaninno ritira l’offerta per la compagnia di bandiera. Avviata la cassa integrazione a rotazione per oltre 4mila dipendenti
Scaduto l’ultimatum: la cordata di Colaninno ritira l’offerta per la compagnia di bandiera. Avviata la cassa integrazione a rotazione per oltre 4mila dipendenti
http://quotidianonet.ilsole24ore.com/politica/2008/09/18/119141-alitalia_rottura_arrende.shtml

Era abbastanza scontato che sarebbe finita così…

Fra sceneggiate premieristiche e strumentalizzazioni da opposizione politica ridotta alla canna del gas, gli unici che non mi sento di incolpare sono i sindacati. Si pretendeva da loro che firmassero l’accordo senza neanche essere informati sull’entità degli esuberi, il che sarebbe stato ridicolo.

I sindacati ormai son come le br

i sindacati hanno tanti scheletri nell’armadio, soprattutto quello di aver fatto saltare la trattativa con air france, e sono io il primo a criticarli e ad auspicare una riforma degli stessi… però francamente stavolta mi sembra che un accordo del genere era davvero inaccettabile: l’attivo alla cordata, il passivo agli italiani e i bruscolini agli ex-dipendenti :mad:

Opss… non avevo visto il suo intervento… sono pienamente d’accordo con Tuch…

Concordo con chi dice che è colpa dei sindacati. Io li rifonderei da zero. Anche a costo di rifare tutte le lotte da zero. Questi fantocci zerbini che abbiamo oggi fanno solo ridere

Si arriverebbe, dopo un certo tempo, alla situazione attuale. Il problema è sempre il solito, che un tal Giulio sentenziò con “Il potere logora chi non ce l’ha”!

il fatto che i dipendenti alitalia abbiano accolto con un lungo applauso il ritiro della cordata preferendo il rischio del fallimento a questo cambio di gestione dovrebbe far riflettere a 360°, giacchè chi comunque pagherebbe di più dal fallimento di alitalia sarebbero loro e non altri

fa riflettere perchè si vuol far passare il crollo della trattativa come la conseguenza dell’impuntarsi di qualche sfigata sigla sindacale capricciosa, e invece l’abnorme scollamento tra i dipendenti e i sindacati si trova di più nei riguardi di quei sindacati come cisl e uil che si sono calati le braghe e hanno firmato al buio

resta il fatto che alitalia era già stata bella che venduta ad air france a condizioni più vantaggiose per la compagnia, per i contribuenti ed evidentemente anche per i dipendenti stessi

però per un governo all’epoca già in pectore formato da uno che vuole la secessione e da un altro il mercato libero ad oltranza la perdita della compagnia di bandiera nazionale sarebbe stato un danno irreparabile, robe da matti, uno vuol fare la rivoluzione purchè si metta per iscritto che se qualcuno gli sfriscia la bmw la ripaga e che si torni a casa in tempo per la domenica sportiva, l’altro il mercato lo intende libero o chiuso a seconda della propria convenienza

Un’interessante analisi della vicenda, che non risparmia critiche ai sindacati ma non si cristallizza certo su di esse:

http://carlobertani.blogspot.com/2008/09/duro-scontro-con-la-realt.html

[i]Duro scontro con la realtà

La vicenda di Alitalia ci porta a fare non una, bensì una serie di considerazioni che s’incrociano e s’accavallano, e si può quindi partire da uno dei tanti bandoli della matassa.
La prima considerazione è che la compagnia italiana, sola soletta in un pianeta dove le compagnie annaspano sempre di più, non aveva e non avrebbe avuto nessun futuro, CAI o non CAI. Se grandi compagnie come Lufthansa od Air France si fondono con altre, una ragione ci sarà pure.
Ad essere sinceri, ci sono più aspetti che rendono grottesca la vicenda: non solo l’assurda pretesa di mantenere “nazionale” la compagnia – una scelta che sa tanto d’autarchia vecchia e datata – ma anche quella, presuntuosa, di sdoppiare gli hub (Fiumicino e Malpensa) quando si stava a malapena a galla con uno.
Le responsabilità del governo ci sono quindi tutte, per non aver saputo prevedere un finale scontato: anche la piccola “Alitalia nazionale”, che sarebbe nata, non avrebbe avuto vita facile con i colossi dell’aria europei, ed il contribuente – di riffa o di raffa – avrebbe continuato a pagarne le carenze.
Nello svolgersi della vicenda, però, abbiamo annusato più “arie”: una, che ci porta dalle parti dei 16 “capitani coraggiosi”, sapeva tanto di una rinuncia annunciata. E qui ci spieghiamo.
La lunga e sofferta odissea che ha accompagnato la nascita della cosiddetta “cordata” – quel segreto che nascondeva trattative febbrili – sembra narrare un grande impegno di Berlusconi per un successo personale nella vicenda, al quale, però, non corrispondeva pari entusiasmo.
L’aria che pareva di respirare, più di un’avventura imprenditoriale, era quella di un “debito elettorale” che andava comunque pagato al Cavaliere, ed al quale i vari soggetti – per svariati motivi che non ci verranno mai a raccontare – sembravano dovere qualcosa. Della serie: “se prendo Alitalia mi hai fatto un piacere, se invece non me la devo prendere, me ne hai fatti due”.
Ciò spiegherebbe le strane “chiusure”, gli “aut aut”, la preclusione a sigle sindacali delle quali si sapeva benissimo che controllavano la gran parte del personale specializzato (piloti, ecc). Eppure, non potevano essere così fessi da non saperlo. Credo che, dalle parti della (ex) CAI, più di una persona, stasera, abbia stappato una bottiglia di champagne.
Una speciale attenzione merita – più che i sindacati autonomi – il comportamento della CGIL. Qualcuno potrebbe notare analogie con la rottura sindacale che avvenne con il “Piano per l’Italia” del precedente governo Berlusconi: a mio avviso, la questione è più complicata, perché fra i due eventi c’è stato il famoso “scippo” del 23 Luglio 2007, precariato e pensioni, il gran regalo di Damiano & soci alla finanza ed all’imprenditoria italiana.
Ci sarà stata senz’altro aria di rivalsa contro il Cavaliere – Epifanio è legato a filo doppio con le burocrazie del PD – ma qui c’entra forse più un pizzico di realismo.
Per come s’è svolta la vicenda – quel cedimento repentino delle altre sigle confederali, l’intransigenza di SdL e della altre sigle – la CGIL ha iniziato a temere di rischiare grosso. Della serie: posso rischiare il suicidio sindacale qualche volta – nei confronti dei governi “amici” – ma, alla lunga, i COBAS e tutti gli altri finiranno per accendermi il fuoco sulla coda. E se prendesse piede una sorta di Solidarnosc italiana? Nei luoghi di lavoro, ancora si ricorda la truffa del referendum sulle pensioni, con i “bonzi” sindacali che giravano tutto il giorno a votare in più sedi, mentre nelle sedi potenzialmente “ostili” (verificato di persona nella mia scuola), non si vide uno straccio di seggio.
Un atteggiamento più rigido, quindi, serviva alla CGIL per tentare di rifarsi una verginità perduta mentre, sul fronte della CAI, era tutta manna dal cielo per poter dire a Berlusconi: «Hai visto? Ci abbiamo provato…»
Infine, i lavoratori.
Bisogna onestamente riconoscere che i lavoratori di Alitalia hanno fornito una prova di dignità che da tempo non s’osservava in una lotta sindacale, al pari dei metalmeccanici FIOM di Rinaldini.
Sull’altro piatto della bilancia, però, i dipendenti Alitalia non sono salariati agricoli o tessili: sanno di far parte di una realtà imprenditoriale che è appetita. Anche se in Europa pare regnare il silenzio, c’è senz’altro già qualcuno che beve caffé e macina conti sul computer: il mercato italiano dell’aria è pur sempre un mercato che vale.
Una lotta sindacale portata avanti con fermezza e dignità – che ha condotto alla bruciante sconfitta i “rottami” della ex “triplice” sindacale, CISL ed UIL, più i parvenu dell’UGL – ma condotta sapendo che, dopo l’uscita di scena di CAI, si farà avanti qualcun altro che, bene o male, confermerà i loro redditi.
Vedremo se, i piloti e gli assistenti di volo, sapranno usare identica “nobiltà” quando ci sarà da contrattare per la plebe, ossia per il personale di terra, per il settore cargo, la manutenzione, i precari, ecc.
Ovviamente, il nuovo potenziale acquirente estero non accetterà più di farsi carico dei debiti di Alitalia (come nella precedente trattativa con Air France), e l’asticella sarà alzata di qualche tacca, a tutto discapito del contribuente italiano, che dovrà ancora una volta farsi carico dei debiti della compagnia.
La grande sconfitta, perché un vero sconfitto c’è, riguarda il governo e soprattutto l’immagine di Berlusconi, oramai offuscata. Come è arrivato a farsi buggerare in tal modo? Una spiegazione c’è.
Dopo la vittoria elettorale, il governo ha creduto d’aver vinto il Paese al Lotto: cosa che, a dire il vero, non sembrerebbe una gran vittoria, viste le condizioni economiche italiane. Ma tant’è: chi s’accontenta gode.
L’errore malsano è stato credere – come più esponenti del governo hanno affermato – che la “luna di miele” con gli italiani fosse imperitura, giacché sorretta (ed i meno sciocchi lo sanno) dal gran battage pubblicitario che Rai/Mediaset regala al Cavaliere.
Ora, un conto è usare gli strumenti di comunicazione come momento d’ipnosi collettiva – che può anche riuscire – un altro finire per rimanere auto-ipnotizzati. A sentire certe dichiarazioni di Brunetta, della Gelmini e d’altri (il Cavaliere non fa testo, è caduto nella pozione chiamata “mania di grandezza” da piccolo), sembra non si siano accorti d’essere finiti, scorrazzando qui e là, sotto la lente dell’ipnotizzatore.
Mai credere ai sogni che s’inventano per imbonire le masse – nemmeno Mussolini ci cascò – perché al primo manifestarsi della realtà per quel che è – propizia, nefasta, inconcludente, insignificante, tragica, esaltante – essa frantuma le bolle di sapone auto-create con tanto impegno. E ci si sveglia dai sogni.[/i]

A dire il vero io ieri sera ho visto un’intervista (credo al tg2) ad una di queste esultanti che diceva “bene, così ora finalmente lo stato è costretto a rimediare e ad acquistarci”…

Comunque non bisogna nascondersi dietro un dito: Alitalia era una compagnia fallimentare ed inadeguata già da molti anni, piagata da clientelismi allucinanti (proprio ieri un mio amico era dispiaciuto perché non aveva ancora avuto tempo di usufruire di uno sconto del 50% su un viaggio aereo in Giappone, sconto dovuto al suo status di figlio di un pensionato della compagnia… ma ci sarebbe di peggio…) di cui usufruivano in primis i piloti stessi, e se devo essere sincero mi dispiace un po’ per tutta la gente che rischia di finire in mezzo a una strada, ma dall’altra parte penso che il fallimento sarebbe la giusta fine per quel buco nero ambulante.

Che poi tutta questa storia sia stata gestita con il culo dall’inizio è indubbio, così come bisognerebbe sputare in faccia a quel signore che si è gonfiato la campagna elettorale al grido di ce l’ho io la cordata! solo per poi tentare di regalare la compagnia a qualche amichetto che con tutta probabilità è a credito di un favore. Detto questo, però, a me pare che i sindacati abbiano delle GROSSE (per non dire enormi) responsabilità in come è andata la faccenda, soprattutto ora ma anche nel corso degli anni, e non posso fare a meno di pensare che buona parte della gestione della cosa sia stata una mossa molto più politica che a favore dei lavoratori.

in settimana mi reiscrivo alla CGIL