La donna di Parigi

Premetto che non appartengo al numerosissimo club degli adoratori di Charles Chaplin e che costui non fa parte dei miei autori prediletti, nonostante il suo genio indiscusso e le sue opere immortali. Tempi moderni per il sottoscritto è un testo tanto fondamentale quanto Il Capitale di Marx. Mi piace il Chaplin meno ricordato, quello più arrischiato e in qualche modo, per questo, anche più snobato o frainteso. E’ per questo che vorrei suggerire a coloro ai quali, stanchi di vedere e rivedere i soliti bellissimi Il monello, Il grande dittatore, Luci della città etc. etc., o anche a quelli che Chaplin non lo conoscono se non corrivamente per qualche corto visto in tv, di recuperare una pellicola assolutamente “altra” dal resto del corpus filmografico chapliniano (assai prima di Monsieur Verdoux): A Woman of Paris datata 1923, un’opera fortemente drammatica dalle emblematiche connotazioni chiaroscurali con un incipit che richiama esplicitamente l’espressionismo di Wiene (Das Kabinet è di soli tre anni precedente), un film senza Chaplin (si concede solo un cammeo), una struggente tragedia shakespeariana su amore e avidità coniugata col dramma borghese di una società sempre più indifferente al sentimento e sempre più legata alla merce. Trai ruoli principali la fedelissima Edna Purviance e l’immenso Adolphe Menjou (indimenticabile Generale Broulard di Orizzonti di gloria).
Un altro Chaplin. E lo stesso.

Uno dei più bei finali di tutta la storia del cinema occidentale.

Verissimo!

Io invece appartengo decisamente alla schiera di adoratori di Chaplin, eppure La donna di Parigi mi ha annoiato, pensa… mah.