Strano che, a parte l’apologia ad opera di @Bmw2002 ormai quasi 20 anni fa, non ci siano altri interventi su questo film.
È una pellicola che ho visto parecchie volte, un film culto del mio prof di filosofia del liceo, che ce lo proiettò in classe, nonché di mio padre, fan sfegatato del personaggio del ragazzo mosca.
Volendomi guardare Auguri professore (sulla spinta dell’intervento di @Nik_Carati nell’apposito topic) mi sono voluto prima rinfrescare la memoria dando una revisione a La scuola, credendo che l’uno fosse il seguito dell’altro. Ed invece scopro che sono due opere slegate, che hanno in comune solo il contesto scolastico ed il fatto che Orlando interpreti un docente con uno stile didattico e pedagogico alternativo.
Oltretutto ho scoperto che la struttura dei due film è molto differente, mentre Auguri professore segue delle regole narrative più canoniche, La scuola invece ha una forma molto più libera e moderna.
Nel film di Luchetti abbiamo quasi l’impressione di assistere ad una performance, un happening (lo definirei avanguardisticamente un “teach-in”), in cui studenti e professori si mettono a nudo esibendo le dinamiche più autentiche che intercorrono tra di loro quando si relazionano gli uni con gli altri in quel gran circo che è la scuola.
Vengono messe a nudo anche tutte le criticità ed i problemi di questa istituzione, dalle carenze strutturali (il soffitto che crolla) a quelle professionali (docenti esperti della propria materia ma privi di competenze pedagogico-educative), dai gap generazionali all’arretratezza dei metodi didattici.
Tutti questi elementi vengono trattati in modo estremamente creativo e con una forma libera, facendo in modo che non ci sia una trama che deve evolvere ma solo una serie di situazioni che debbono trovare un loro compimento, con lo scopo implicito di descrivere in modo esaustivo e sfaccettato i personaggi ed i significati che ciascuno di essi porta con sé. Ne esce l’affresco di una scuola che non è in grado di rispondere veramente al disagio giovanile (e al disagio sociale in generale), nella quale il peso della missione educativa (svincolata dalla didattica fine a sé stessa) resta sulle spalle di persone volenterose ed intraprendenti dotate di una grande umanità, che svolgono questa missione con dedizione grazie ad una propria spinta interna, spesso per nulla sostenuti dall’istituzione.
Il tono dell’opera è spesso grottesco ed a volte sfocia nel tragicomico o addirittura nel surreale, sebbene l’argomento trattato abbia il carattere di una emergenza: la scuola rischia sempre più di perdere di vista la sua missione educativa per trasformarsi, come già detto, in un circo, o addirittura in un manicomio. Non stupisce allora che a sceneggiare una pellicola così anarchica e alternativa ci siano proprio Rulli e Petraglia, che iniziarono la loro carriera cinematografica con un atto di accusa contro un’altra delle istituzioni che all’epoca non funzionavano e creavano più danni che benefici, i manicomi per l’appunto (il parallelismo con la gabbia di matti del film di Luchetti viene spontaneo).
Battuta culto: la ragazzina che sviene trascinando in terra con sé il poster appeso al muro e la compagna che grida “Oddio è caduto Vasco!”

Scena culto: il volo finale in soggettiva del ragazzo mosca