La signoria dei Malatesta

da fiero riminese voglio farvi conoscere i signori della mia terra, che dominarono tutta la romagna (e oltre).

I Malatesta furono Signori di Rimini dal 1295 al 1528, successivamente all’insediamento ampliarono il territorio della Signoria acquistando centri e castelli in Romagna e nelle Marche e sul versante adriatico, si spinsero anche fino a Brescia e a Bergamo.
Secondo alcuni, l’origine della stirpe risale ai romani, quello che è certo è che con loro Rimini conobbe un periodo di prosperità paragonabile solo ai fasti romani.
Il nome di Malatesta sarebbe stato assegnato in passato a un Rodolfo, vissuto nel X secolo, per la caparbietà e l’arditezza con cui tenne testa nelle lotte contro papi e imperatori.
Attorno al 1200 i Malatesta sono distinti in due rami: i Malatesta da Foligno e i Malatesta da Verucchio. Gli ultimi in particolare governarono nelle Marche.

Nel 1239 Malatesta da Verucchio, il Dantesco Mastin Vecchio (Inf., XXVII, 46), veniva nominato Podestà di Rimini. Già da allora la famiglia fu di parte guelfa, alla quale resterà sempre legata.
Nel 1295 Malatesta II, figlio di Malatesta da Verucchio, fu proclamato capitano e signore di Rimini. Il figlio primogenito, Malatestino dall’Occhio, divenne signore di Rimini alla morte del padre. Furono suoi fratelli: Giovanni lo sciancato, detto Gianciotto, marito di Francesca da Polenta; Paolo, che morì con lei. La loro storia è narrata da Dante, e la frase “Galeotto fu il libro e chi lo scrisse” è ancora nota a tutti gli innamorati.
La maggiore personalità della famiglia Sigismondo Pandolfo (Rimini 1417 - 1468), che seppe accrescere con abilità la Signoria, fu guerriero e mecenate.
Paolo e Francesca da Rimini

Tenne una corte di umanisti, studiosi e artisti, ne è testimonianza ancor oggi il Tempio Malatestiano - chiesa di San Francesco “ristrutturata” da Leon Battista Alberti.
La dinastia dei Malatesta si chiuse con Pandolfo (1475 - 1534), nipote di Sigismondo Pandolfo.

CASTEL SISMONDO - CASTELLO MALATESTA RIMINI

Castel Sismondo è stato edificato nel Quattrocento per volere di Sigismondo Pandolfo Malatesta. Dell’ antica struttura è superstite il solo nucleo centrale. Sigismondo ne fece iniziare la costruzione il 20 marzo del 1437, penultimo mercoledì di quaresima, alle ore 18.48. Si è sicuri della date e dell’ orainquanto giorno ed ora furono fissati da un oroscopo predisposto con cura dagli astrologi di corte al fine di avviare l’opera nel momento più propizio secondo gli astri. La conclusione “ufficiale” fu proclamata nel 1446, anno per lui particolarmente fortunato, forse la fine dei lavori fu una dicarazione convenzionale e diplomatica, insomma di propaganda, visto che in realtà nella rocca si lavorava ancora nel 1454.
Il castello fu concepito contemporaneamente come palazzo e fortezza insieme, come degna sede per la corte e per la guarnigione e come segno di potere e di supremazia sulla città di Rimini.
Il carattere forte e prepotente dell’ edificio era sottolinato anche dalla posizione privilegiata su cui si ergeva la fortezza. Infatti prima di cominciare a lavorare sulla rocca, Sigismondo provvide a spianare un ampia zona della città, di fronte alla piazza medievale più importante (l’attuale Piazza Cavour). In questo modo il castello dominava dall’ alto il centro vitale della città, ben visibile da tutti gli altri palazzi governativi e da tutti i cittadini. Come architetto dell’opera fu celebrato dagli scrittori di corte lo stesso Sigismondo, che infatti se ne attribuisce la paternità nelle grandi epigrafi marmoree murate nell’edificio. Se per architetto intendiamo l’ispiratore, l’ideatore, il coordinatore, cioè un committente con esigenze e idee ben precise, allora possiamo accettare la paternità di Sigismondo. In ogni caso a scanso di equivoci è bene ricordare che si avvalse di tutti i più grnadi specialisti in materia di rocche e castelli. Abbiamo notizie di importanti consulenze eseguite a lavori da poco iniziati da Filippo Brunelleschi, che nel 1438 fu a Rimini per un paio di mesi e compì tutta una serie di sopralluoghi alle principali fortezze malatestiane in Romagna e nelle Marche. La costruzione conserva un notevole fascino, con le sue grosse torri quadrate e le poderose muraglie a scarpa, il cui effetto originario, quando si innalzavano dal profondo fossato, oggi perduto, doveva essere formidabile; e Roberto Valturio non a torto le paragonava, per la loro inclinazione e la loro grandiosità, a piramidi. L’ingresso verso Rimini, che era un terrapieno e da un doppio rivellino con ponti levatoi, è ornato da uno stemma costituito dal classico scudo con bande a scacchi, sormontato da un cimiero a testa d’elefante crestato e affiancato da una rosa quadripetala: si tratta di un rilievo d’ispirazione pisanelliana, di buona qualità, scolpito da un artista probabilmente veneto, come dimostrano le cadenze goticheggianti della figurazione. A sinistra e a destra dello stemma è scritto “Sigismondo Pandolfo” in caratteri gotici minuscoli, alti e pittoreschi.
Fra lo stemma ed il portale marmoreo è murata una delle epigrafi dedicatorie del castello, con un solenne testo latino scolpito in caratteri lapidari (uno dei primi esempi di “rinascita” dei caratteri classici).
Per Sigismondo il castello doveva rappresentare visivamente la fortezza del potere, secondo un concetto ancora del tutto medievale, realizzato necessariamente in forme tradizionali, cioè più espressionisticamente pittoresche che razionalmente armoniche.
Come dimostrava la mutevole prospettiva delle torri, la compattezza delle cortine merlate, l’uso costante di archi acuti e di inserti lapidei e ceramici, lo sfarzo delle dorature e degli intonaci colorati in verde e rosso (i colori araldici malatestiani) documentati dagli scrittori. In questo suo amatissimo castello Sigismondo morì il 9 ottobre del 1468.

IL TEMPIO MALATESTIANO A RIMINI
Prima opera architettonica di Leon Battista Alberti, iniziata nel 1447 il Tempio Malatestiano è un opera imperdibile per i turisti in vacanza a Rimini. L’Alberti trasformò la preesistente chiesa di San Francesco a Rimini in tempio-mausoleo per il signore della città Sigismondo Malatesta. L’esecuzione del progetto, che non fu completamente realizzato, fu affidata a Matteo de’ Pasti. È evidente nell’intervento di Alberti il riferimento alla tipologia classica: il grande arco della facciata, le arcate nello stile degli acquedotti sui lati, i sarcofaghi inseriti in ciascuna di esse, la soluzione fortemente plastica dei volumi costituiscono le caratteristiche tipologiche della nuova concezione spaziale dell’Umanesimo.

Il Tempio Malatestiano fu costruito sull’area di una chiesa francescana nelle cui vicinanze sorgeva fin anche dal secolo IX la Chiesa di Santa Maria in Trivio, così chiamata poichè tre vie convergevano ad essa.
In origine la chiesa francescana di Rimini era sola, senza cappelle laterali, a pianta rettangolare, e terminava con tre cappelle frontali di cui la centrale è stata probabilmente affrescata da Giotto che dipinse anche quel sublime crocifisso che ora si ammira nella seconda cappella a destra. La chiesa, fin dalla sua origine aveva dato sepoltura a tutte le persone di casa Malatesta, dal Mastin Vecchio, a Savio Carlo, da Galeotto Roberto a Giovanni, la prima creatura nata da Sigismondo e Isotta. Alla costruzione del Tempio lavorarono molti artisti: Leon Battista Alberti, Matteo de’ Pasti, Agostino di Duccio e Piero della Francesca. Il grande tempio non fu mai terminato perchè la fama di Sigismondo si era offuscata, e incominciò a perdere molti dei sui domini e Rimini attraversò periodi più duri (Sigismondo morì quando aveva 51 anni nel 1468). I lavori, favoriti dall’incetta violenta di marmi che Sigismondo fece a S.Appollinare in Classe e a Fano dove aveva combattuto, cominciarono sotto la guida di Matteo de’ Pasti e D’Agostino di Duccio. Nel 1450 Sigismondo ebbe l’idea di trasformare radicalmente l’intero tempio, progettando, secondo il consiglio di Leon Battista Alberti, di gettare intorno all’umile Chiesa di S.Francesco un involucro marmoreo. Purtroppo, l’opera è rimasta incompleta, ben differente da quella che il grande architetto aveva sognato: la facciata nella parte superiore, l’aspide e la cupola, che l’Alberti avrebbe voluto far rivaleggiare con quella del Brunelleschi e alcune cappelle non sono mai state terminate. La facciata del tempio fu ispirata dall’Arco D’Augusto, e porta una scritta latina sul fregio: “Sigimundus Pandulfus Malatesta Pan F,V. Fecit Anno Gratiae MCCCCL”. La porta è sormontata da un frontone triangolare assai sporgente con decorazioni geometriche di marmi colorati. Nella fiancata a destra, sotto grandi arcate si vedono 7 sarcofagi dedicati ad onorare le memorie di illustri poeti, filosofi, di scienziati e di illustri cittadini riminesi. Nella fiancata a sinistra non ci sono tombe, ma si eleva solo un cinquecentesco campanile. Entrando, a destra dell’ingresso si vede il sepolcro di Sigismondo Pandolfo Malatesta. Nei due medaglioni in alto è raffigurato Sigismondo con sopra una corona d’alloro e armatura. Proseguendo sul lato destro si possono osservare: la Cappella di San Sigismondo, santo eletto protettore dei guerrieri d’armi il cui culto si diffuse in Romagna. Il santo tiene con la mano destra lo scettro e con la mano sinistra il globo. Il seggio su cui posa è sostenuto da due elefanti che reggono stemmi malatestiani. Nelle pareti laterali della cappella si trovano in alto un angelo in rilievo e due angeli a stiacciato: sono fra le cose più belle scolpite da Agostino di Duccio. La Cella delle reliquie dove sono conservate alcune reliquie e un affresco ora riportato su tela dipinto nel 1451 da Piero della Francesca: raffigura Sigismondo Pandolfo Malatesta genuflesso davanti a San Sigismondo. La Cappella degli Angeli o di Isotta che contiene l’arca sepolcrale di Isotta e il crocifisso dipinto su tavola, attribuito a Giotto (si ritiene che l’opera sia stata eseguita tra il 1308 e il 1312, periodo in cui Giotto soggiornò a Rimini). La Cappella dei Pianeti, dedicata a San Girolamo. Si possono ammirare cestoni di frutta in bronzo, grappoli, fiori, foglie e frutta, farfalle e animali, eseguiti da Matteo di Pasti. I segni dello zodiaco e dei pianeti sono opera di Agostino di Duccio. E’ in questa cappella la veduta di Rimini nel '400, sotto la costellazione del Cancro: c’è il ponte eretto da Tiberio, la maestosa Rocca di Sigismondo, il Marecchia, il porto, le mura e in primo piano un barcone con le vele rigonfie che naviga sul mare. Risalendo dal lato sinistro: La Cappella delle Arti Liberali dove vengono raffigurate la Filosofia, la Retorica, la Grammatica opere di Agostino di Duccio. La Cappella dei Giochi Infantili dove ebbero solenne sepoltura le prime due mogli di Sigismondo: Ginevra d’Este e Polissena Sforza.
Si trovano ben 61 angioletti che suonano, corrono, danzano, che fanno cavalluccio e il girotondo, spaventano gli anatroccoli e si spruzzano l’acqua addosso. Agostino di Duccio ha rappresentato così una scena deliziosa fantasia dell’innocenza. ull’altare un crocifisso ligneo intagliato del '500. La Cella della Vergine Consolatrice.

Bassorilievo di Duccio a Rimini

S In questa cella si venera un’immagine della Beata Vergine degli afflitti del '600. La Cappella della Pietà o della Madonna dell’Acqua, invocata nei giorni di siccità o di abbondanza della pioggia. In alto è l’arco degli antenati dove Sigismondo volle riposte le ossa dei suoi progenitori e dei suoi discendenti. I pilastri dell’arcata poggiano su due coppie di elefanti di bardiglio; i due dadi sovrapposti recano il profilo di Sigismondo. Nelle nicchie dei pilastri ci sono 12 statue: 2 profeti e 10 sibille. La famosa sigla Le lettere intrecciate “S” e “I”, insieme con la rosa, l’elefante e le tre teste si trovano in molte parti del Tempio Malatestiano. La famosa sigla per molti dotti non è l’iniziale di Sigismondo e Isotta, ma la prima sillaba di Sigismondo.
Pandolfo Malatesta da Rimini

Come KA è di Carlo suo zio, NO è di Novello suo fratello e FE è di Federico di Montefeltro. Perchè nel rinascimento (‘400) si indicava il proprio nome con le prime due iniziali e non si conoscono esempi di sigle doppie e intrecciate.
Lo stesso Sigismondo aveva usato la sua sigla anche in monumenti e oggetti che con Isotta non potevano avere nessuna relazione anche perchè il nome di Isotta era di solito scritto con la iniziale “Y” (in volgare).
Il Tempio si trova vicinissima al centro della città, nei pressi dell’antico foro romano, l’attuale piazza Tre Martiri. E’ uno dei luoghi imperdibili per i turusti che decideranno di passare le vacanze a Rimini.

…Ma vuoi mettere con i Montefeltro, e le arti che si svilupparono nell’alto pesarese?..

:yes:

:smiley:

Io ho questo libro ciccio:

Giuliano Bonizzato
Cronache Malatestiane del Terzo Millennio

ISBN 88-87518-29-7
pagine 128
F.to cm.14,5x20,7
€ 9,50

“Bisogna capire che in quel pezzaccio di terra tra i colli e il mare che va pressappoco da Santarcangelo a Cattolica e ha come centro Rimini, accadono cose che non succedono in nessuna altra parte della Romagna. Perché lì non vivono romagnoli bensì Malatestiani, gente che ha un suo rapporto particolare con l’universo mondo” (Glauco Cosmi). Con questo spirito ironico e sagace le “Cronache malatestiane” di Bonizzato dipingono pregi e virtù delle nostre terre e dei loro particolari abitanti.

gia allora i montefeltro/paseresi venivano da noi per andare a troie e dimostrare la loro incapacita al volante (tipo andare in giro di giorno con i retronebbia accesi ad agosto, o presentarsi con automobili -prevalentemente uno o duna- superspoilerate, con adesivi di animali esotici e con stereo da concerto a san siro)…ahahahahahah

sembra interessante, me lo accatterò!