Postapocalittico sui generis, ambientato in un rurale paesino dell’occitania.
Un uomo, la moglie ed una collega, speleologi, riemergono da una esplorazione nella quale hanno passato diversi giorni sottoterra bloccati da una frana.
In breve tempo si renderanno conto che al mondo non è rimasto più nessuno; tutti quanti sono morti a causa di un’epidemia o molto più probabilmente di una guerra batteriologica.
In breve tempo le dinamiche tra di loro attivano ai ferri corti: l’uomo, sessista e individualista, col comportamento induce gli altri due personaggi a fare determinate scelte che porteranno a determinate conseguenze…
Intorno a loro solo natura aspra e selvaggia (sono accampati in una sperduta località montana), le rare incursioni nel villaggio, che dista parecchi chilometri, sono solo l’occasione per constatare la desolazione e l’assenza di qualsiasi segno di vita umana.
Gli unici animali che si sono salvati sono quelli che sono soliti rifugiarsi nel sottosuolo: ratti, formiche, eccetera.
A queste condizioni anche l’idea di fondare una nuova umanità a partire da questo piccolo gruppo umano sembra difficoltosa.
Un film che punta tutto sulle atmosfere e le dinamiche interpersonali che intercorrono tra i personaggi; ben poca roba però sotto il profilo dello sviluppo narrativo e dei contenuti; sicuramente una pellicola molto particolare ma ancora non riesco a capire quanto riuscita.
In ogni caso ha vinto l’Asteroide d’oro al settimo festival internazionale di Trieste del 1969 (e sticazzi!)
Visto in lingua originale con sottotitoli inglesi.