Dall’autore di Reindeerspotting.
Lost boys riprende dove il film precedente era finito. Solo che nel mentre sono passati 10 anni. 10 anni nei quali il protagonista è stato in prigione, insieme ad un suo compare tossico fino al midollo come lui, per scontare le pene collegate ai vari reati di droga commessi in passato (l’ultimo dei quali fu fuggire all’estero per scappare dalla pena detentiva che lo attendeva, come ben documentato in Reindeerspotting).
Appena usciti di prigione cosa fanno Jani e Antti? Ovviamente vanno a festeggiare nel sudest asiatico, in Thailandia e Cambogia, per una vacanza a base di sesso sfrenato e droghe. Anche questa volta ad accompagnarli c’è l’amico e videomaker Joonas, che documenta incessantemente la vita squilibrata a base di eccessi e dipendenza che conducono i suoi compari.
Il documentario mostra un mondo allucinante, degradato, violento, pericoloso; nel quale la legge non esiste, o meglio, nel quale la legge non ti tocca qualsiasi cosa tu faccia, perché finché hai dei soldi in tasca sei dalla parte della ragione.
La realtà quotidiana di prostitute, tossici, criminali, disperati, emarginati, disposti a tutto pur di avere qualche soldo, in cui le relazioni umane contano ma fino ad un certo punto, in cui non si capisce mai se le persone siano sincere o stiano mentendo.
E il regista, Joonas, riesce sempre a stare un passo indietro rispetto ai suoi compari, documenta spingendosi a filmare fin sull’orlo del baratro ma senza mai caderci dentro, e devo dire che sincermente a volte l’ho giudicato, perché non capisco come può dichiararsi amico degli altri due e lasciare che si distruggano in questo modo senza mai intervenire, trattando la realtà che ha davanti agli occhi con una fredda oggettività che in certi momenti mi ha lasciato allibito.
E infatti alla fine (ma tranquilli, no spoiler, noi lo scopriamo già all’inizio) uno dei due compari muore, e l’altro finisce a fare l’homeless nei vicoli di Bangkok.
E chi ce li ha portati quei due laggiù? Chi è ritornato sano e salvo a Rovaniemi lasciando i due compari al loro destino dall’altra parte del mondo?
Chi è poi ritornato là solo per fare un film inchiesta sulla morte del suo amico e realizzare su questa vicenda un documentario-shock?
Non so, mi sento moralista, forse è solo una diversità culturale, forse è solo che sono finlandesi; ma credo che tra noi latini le relazioni umane siano diverse, sicuramente più calde ed affettive, e difficilmente qui da noi una persona equilibrata ed efficace si comporterebbe così nei confronti di qualcuno che considera amico.
Mah, resto con tanti dubbi in proposito.
Ma questioni morali a parte, sicuramente il film è uno spaccato di fortissimo impatto su un mondo spietato e pieno di dolore, che normalmente il cinema ed il turismo non ci lasciano neppure intravedere.
Mi piacerebbe sapere che ne pensa @bastardnasum della realtà mostrata da questo film, lui che in quei posti ci è stato a lungo e li conosce molto bene.