Lovelace [2012-Rob Epstein, Jeffrey Friedman]

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Dopo tante parole ecco le prime immagini di uno dei film più attesi dell’anno, il biopic dedicato alla star di ‘Gola profonda’ Linda Lovelace. Il New York Times ha pubblicato infatti la finta locandina del film di Damiano con il volto della protagonista Amanda Seyfried. Accanto a lei nel film Peter Sarsgaard nei panni del marito manipolatore Chuck Traynor e James Franco in quelli di un giovane Hugh Hefner, il patron di Playboy. Il film, ancora in postproduzione, uscirà nel 2012

http://trovacinema.repubblica.it/multimedia/copertina/gola-profonda-amanda-linda-il-poster-e-vintage/31446053

il film a me è piaciuto parecchio: Lovelace è la storia di una ragazza che tocca il fondo e trova la forza di rialzarsi e crearsi una nuova vita alla larga dal marito-padrone.

Le interpretazioni sono tutte ottime ma su tutti svettano la protagonista Amanda Seyfried e una irriconoscibile sharon Stone: la prima, perennemente in scena per i 95 minuti del film offre (ma per i più attenti non è una novità) una interpretazione intensissima e piena di sfumature (chissà se i membri della Academy Awards se ne ricorderanno fra qualche mese) e permette ai due registi di non indugiare sui dettagli a volte hard a volte violenti delle varie situazioni.
La Stone invece ci regala il ritratto di una madre rigida e tutta d’un pezzo e la sequenza in cui Linda corre da lei in cerca di aiuto le due attrici regalano vette interpretative come non se ne vedevano da anni.

La recensione su “Nocturno”, qualche mese fa, parlava di un film sostanzialmente non riuscito. Reticente nel mostrare e, peggio ancora, ipocrita e moralista (involontariamente?)…

Finalmente esce anche in Italia, grazie ad una nuova coraggiosa distribuzione indipendente :slight_smile:

si chi spera di farsi delle pippe con questo film certamente resterà deluso

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Per me un’occasione mancata. Il film appassiona per l’accuratezza della ricostruzione degli anni '70, soprattutto in ambito di arredi e scenografie, la pellicola gioca ad essere sgranata, ma la sceneggiatura si risolve in una sorta di agiografia della Lovelace. Si adagia in tutto e per tutto sul punto di vista di Linda e inquadra ogni situazione e personaggio a favore della tesi pro Linda. Intendiamoci, non che ci sia motivo di dubitare che i fatti si siano svolti diversamente (anche se, almeno fino a Deep Throat, chiunque abbia lavorato con lei ha parlato di una persona libera, consapevole e cosciente del proprio volere e dei propri mezzi, affatto costretta o manipolata); tuttavia, se dal punto di vista cronachistico non c’è magari niente da eccepire, sul versante filmico questa assoluta, piatta, acritica aderenza alla Linda’s version (quella di “Ordalia”) smorza il film rendendolo poco profondo. La pellicola segue un andamento semplice, lineare, privo di approfondimenti, zone d’ombra, sfumature, punti interrogativi, è tutto estremamente letto ed incasellato in modo univoco. Da una parte c’è Linda, dall’altra c’è l’intero mondo contro di lei.

L’interpretazione di Amanda Seyfried è adeguata, anche se non eccelle in alcun modo. La tanto strombazzata madre interpretata da Sharon Stone (si parlò addirittura di candidatura all’Oscar) si riduce a pochissime pose e pure quelle quasi mai eclatanti. Quindi ribadisco, un’occasione sprecata questo Lovelace, che si sarebbe potuto prestare a mille derivazioni e che invece racconta in modo didascalico e retorico una storia certamente tragica, ma alla quale andava dato più carattere, più personalità, più magnetismo. Non c’è da aspettarsi alcunché di esplicito, d’altro canto l’indagine dei personaggi non bilancia l’assenza di erotismo, visto che i vari avatar di Gerard Damiano, Harry Reems, Anthony Romano, Hugh Hefner sono poco più che figurine, sosia da sabato sera televisivo (l’apice del kitsch si raggiunge con Sammy Davis Jr.).

gli autori non avevano in mano la verità, nessuno ce l’ha, per questo decisero di sposare la tesi di Linda per raccontare un caso di violenza domestica e di come se ne possa in qualche maniera uscire. Riguardo all’interpretazione di Amanda, beh, esistendo pubblicamente pochissimo materiale sulla Lovelace aldifuori dei suoi film ha contattato i figli i quali le hanno messo a disposizione le registrazioni in loro possesso in maniera che potesse imitarne accento e movenze originali, non quelle che comparivano sullo schermo, fino a ricevere la loro approvazione.

il punto è che gli autori si sono limitati ad una resa calligrafica di tutta la storia, senza accollarsi alcun rischio. Hanno replicato pari pari i fatti di cronaca e stop. Questo, a mio parere, appiattisce il film. Di zone oscure da esplorare e provare ad “interpretare” ce n’erano eccome. Non è questione di avere una “verità” in mano, ma di fare cinema. La svolta è il post Deep Throat, fino ad allora la Lovelace è un personaggio solare, entusiasta, felice di emanciparsi, non solo sessualmente, ma anche come persona. Si libera dall’asfissiante giogo familiare, scopre la libertà, l’indipendenza, la trasgressione (alla scuola cattolica che aveva frequentato si era guadagnata la nomea di Miss Holy Holy, per dire; dopodiché rimane incinta e la madre dà in adozione il figlio, facendole ingannevolmente firmare delle carte).

Quando viene scritturata per Deep Throat pare che nessuno le dica realmente cosa dovrà fare sul set, tanto che Chuck Traynor è molto preoccupato e la segue continuamente per fare da filtro e prepararla alle scene clou. Quando poi arriva il fatidico giorno del ciak in cui la Lovelace deve dar prova delle sue “abilità”, si piega su Harry Reems come se niente fosse. Tutta la tensione psicologica e l’ingenuità dove sono andate a finire? Delle due l’una, o la ragazza era contenta e spensierata (e allora andava esplicitato e fatto esplodere con maggior forza il contrasto tra la Lovelace hardcore e quella contrita), oppure era costretta e intimorita (e allora non può aver avuto una reazione così serena alla richiesta di ficcarselo in gola davanti alla macchina da presa, come fosse la cosa più naturale del mondo).

Il film fa delle ellissi mostruose di anni ed anni, periodi nei quali succedono un bel po’ di cose nella vita della Lovelace. Ok, in 90 minuti non potevano mostrare tutto, ma saltare a pie’ pari fatti ed eventi, e non spiegare i perché ed i percome di certi comportamenti, stona. L’impatto di un film come Deep Throat sulla società americana del periodo è appena abbozzato. Le violentissime contestazioni che la Lovelace 2.0 dovette subire sono completamente ignorate; non era ritenuta sincera, e additata da mezzo mondo come una finta o una povera pazza malata.

La preoccupazione è unicamente di renderle giustizia e trasformarla in una vittima. Con questo non dico che non lo sia effettivamente stata, ma il personaggio perde di umanità, diventa un santino e non viene approfondito psicologicamente. Peggio mi sento con i comprimari che le gravitano attorno. Eccezion fatta per il Chuck Traynor di Peter Sarsgaard (che tra l’altro prese il posto di James Franco, poi passato ad interpretare Hugh Hefner), sono tutte figurine; sembra di assistere ad una gigantesca puntata di Tale e Quale Show, mancava Valerio Scanu a fare Conchita Wurst. Di uno come Gerard Damiano sai quanto si poteva dire! La Seyfried rispetta la Lovelace fino nelle virgole, per carità, ma il punto è sempre lo stesso, carta copiativa e niente più. Almeno a me ha fatto questo effetto. A conti fatti, sull’argomento ho trovato molto più interessante Inside Gola Profonda.