il punto è che gli autori si sono limitati ad una resa calligrafica di tutta la storia, senza accollarsi alcun rischio. Hanno replicato pari pari i fatti di cronaca e stop. Questo, a mio parere, appiattisce il film. Di zone oscure da esplorare e provare ad “interpretare” ce n’erano eccome. Non è questione di avere una “verità” in mano, ma di fare cinema. La svolta è il post Deep Throat, fino ad allora la Lovelace è un personaggio solare, entusiasta, felice di emanciparsi, non solo sessualmente, ma anche come persona. Si libera dall’asfissiante giogo familiare, scopre la libertà, l’indipendenza, la trasgressione (alla scuola cattolica che aveva frequentato si era guadagnata la nomea di Miss Holy Holy, per dire; dopodiché rimane incinta e la madre dà in adozione il figlio, facendole ingannevolmente firmare delle carte).
Quando viene scritturata per Deep Throat pare che nessuno le dica realmente cosa dovrà fare sul set, tanto che Chuck Traynor è molto preoccupato e la segue continuamente per fare da filtro e prepararla alle scene clou. Quando poi arriva il fatidico giorno del ciak in cui la Lovelace deve dar prova delle sue “abilità”, si piega su Harry Reems come se niente fosse. Tutta la tensione psicologica e l’ingenuità dove sono andate a finire? Delle due l’una, o la ragazza era contenta e spensierata (e allora andava esplicitato e fatto esplodere con maggior forza il contrasto tra la Lovelace hardcore e quella contrita), oppure era costretta e intimorita (e allora non può aver avuto una reazione così serena alla richiesta di ficcarselo in gola davanti alla macchina da presa, come fosse la cosa più naturale del mondo).
Il film fa delle ellissi mostruose di anni ed anni, periodi nei quali succedono un bel po’ di cose nella vita della Lovelace. Ok, in 90 minuti non potevano mostrare tutto, ma saltare a pie’ pari fatti ed eventi, e non spiegare i perché ed i percome di certi comportamenti, stona. L’impatto di un film come Deep Throat sulla società americana del periodo è appena abbozzato. Le violentissime contestazioni che la Lovelace 2.0 dovette subire sono completamente ignorate; non era ritenuta sincera, e additata da mezzo mondo come una finta o una povera pazza malata.
La preoccupazione è unicamente di renderle giustizia e trasformarla in una vittima. Con questo non dico che non lo sia effettivamente stata, ma il personaggio perde di umanità, diventa un santino e non viene approfondito psicologicamente. Peggio mi sento con i comprimari che le gravitano attorno. Eccezion fatta per il Chuck Traynor di Peter Sarsgaard (che tra l’altro prese il posto di James Franco, poi passato ad interpretare Hugh Hefner), sono tutte figurine; sembra di assistere ad una gigantesca puntata di Tale e Quale Show, mancava Valerio Scanu a fare Conchita Wurst. Di uno come Gerard Damiano sai quanto si poteva dire! La Seyfried rispetta la Lovelace fino nelle virgole, per carità, ma il punto è sempre lo stesso, carta copiativa e niente più. Almeno a me ha fatto questo effetto. A conti fatti, sull’argomento ho trovato molto più interessante Inside Gola Profonda.