L’INTERVISTA di PAOLO D’AGOSTINI
Moretti: “Pubblico svegliati,
il cinema sta morendo”
Incontro con il regista che prepara il suo nuovo film, “Habemus papam”, in cui si ritaglia la parte dello psicanalista, e due documentari: sul Pci e sull’informazione
ROMA - “Anzitutto il titolo è Habemus papam. Commedia ma non solo. È la storia di un papa depresso. Sto ancora finendo la sceneggiatura. Con Federica Pontremoli e Francesco Piccolo, come per Il Caimano”. L’imprevedibile disponibilità di Nanni Moretti nasce dal cortocircuito tra due poli della sua attenzione di questi giorni. La rassegna “Bimbi belli” che egli dedica, con dibattito ogni sera nella sua Arena Sacher, alle opere prime italiane della stagione. E il G8 in corso a L’Aquila. Inizia con qualche anticipazione sul film che si avvia a realizzare. Abbondante e generosa.
Un papa che non vuole fare il papa: è così?
“Dobbiamo proprio dirlo? Inizia con la morte di un papa e quindi con il Conclave”.
Commedia come (quasi) sempre nei suoi film, o di più?
“Il film cercherà un equilibrio tra realismo di ambientazione, sentimento doloroso, e improvvisi scarti verso la leggerezza. Non è una satira. Racconta di un uomo che sembra non farcela”.
Che non è lei?
“No. E non so ancora chi sarà. Io faccio uno psicoanalista che incontra il papa”.
Disse mesi fa di aver avuto difficoltà a trovare un nuovo soggetto, per paura di fare un film che comunicasse soltanto pessimismo. Ora ci è riuscito?
“Penso di sì. Se in questo momento avessi messo in scena ambienti e personaggi più vicini a me, la storia sarebbe stata cupa e basta. Comincerò le riprese tra qualche mese. Ma questo non è il mio unico progetto. Sto accumulando materiale di repertorio televisivo che poi monterò. Per raccontare le oscenità politiche e giornalistiche a cui ci siamo abituati, o di cui non ci siamo accorti. Si chiamerà È successo in Italia. È tanto che dico “bisognerebbe farlo”. Ho iniziato ad archiviare trasmissioni e telegiornali. È una cosa che tocca fare e la si fa”.
Quanto indietro? Dall’inizio della vita politica di Berlusconi?
“Pressappoco. La soglia del nostro stupore e della nostra reazione nei confronti di una catastrofe etica, istituzionale, umana, “culturale”, si è abbassata sempre di più, sempre di più… fino a scomparire sottoterra. Fino a considerare normale un orrendo spettacolo, che in un paese democratico tutto è tranne che normale. Con questo lavoro non voglio convincere nessuno, voglio semplicemente ricordare che questo schifo, di cui fa parte anche il conformismo e il servilismo di tanti giornalisti, è successo davvero. Da 15 anni 60 milioni di italiani sono ostaggio degli interessi di una sola persona. Un’umiliazione impensabile fino a poco tempo fa. Da parte della sinistra c’è stata un’incapacità totale di reagire e affermare la propria identità. Si è fatta aggredire e sbeffeggiare. È arretrata in continuazione, ha adottato luoghi comuni come quello che non bisogna demonizzare Berlusconi per non spaventare i moderati. Su certe spaventose posizioni e leggi volute dalla Lega da sempre hanno avuto parole più nette alcuni settori della Chiesa. Il pragmatismo della sinistra la porta addirittura a corteggiare e a ipotizzare alleanze con la Lega. E invece no, sono portatori di disvalori, punto e basta. In questi anni la sinistra ha avuto paura di tutto. È stata prigioniera di personalismi senza personalità. Senza dimenticare lo slogan penoso della destra e di molti giornalisti secondo il quale il conflitto di interessi non interessa agli italiani, dato che la maggioranza ha votato Berlusconi. C’è un piccolo dettaglio: interessa alla democrazia. Spero solo che, dopo gli ultimi avvenimenti, almeno un risultato sia ormai acquisito: il tramonto dell’ipotesi che un tipo che si considera al di sopra della legge possa aspirare al Quirinale”.
Non tutti i giornali si sono comportati come lei dice.
“In quello che sta facendo Repubblica c’è finalmente un’idea di giornalismo. Non si può continuare ad accettare, come pugili suonati, la prevedibile sgradevolezza e violenza dei giornali di destra. Certo, avrei preferito che altre dieci, venti, trenta domande fossero state poste sui suoi rapporti con la mafia e con Dell’Utri, su Previti che ha corrotto la magistratura per conto di Berlusconi, sull’avvocato Mills, sull’incerta provenienza dei soldi negli anni 70. Molti anni fa si è preso tre reti televisive. Poi è stata fatta una legge apposta per lui. Da quel momento avrebbe potuto fare qualsiasi cosa. E così è stato”.
Ha anche un altro progetto, giusto?
“Insieme ad altri registi. Voglio produrre una storia del Pci. Senza finanziamenti tv, per ora. Non voglio perdermi nell’attesa: ti rispondono che siamo in campagna elettorale, poi bisogna aspettare le elezioni, poi c’è il rinnovo del consiglio di amministrazione, poi altre elezioni. Intanto lo produco, poi mi auguro che qualcuno lo compri. Saranno molte ore: le elezioni del '48, lo stalinismo, l’espulsione del gruppo del Manifesto… Interviste a chi nel Pci c’è stato. Non una celebrazione acritica, ma mi fa piacere ricordare soprattutto a loro, a quelli che sono stati comunisti, che questa storia c’è veramente stata. Anche perché chi ricorda oggi il Pci è soprattutto chi non è stato comunista: Bocca, Scalfari. Quel pezzo di paese c’è stato”.
Testimonianze di militanti raccolte in giro per l’Italia?
“Persone che hanno qualcosa da raccontarci. Che non parlino con il senno di poi, che siano oneste e autentiche tornando a quei momenti, a quegli errori, a quelle lotte”.
C’è molto allarme per la pesante decurtazione dei fondi pubblici destinati al cinema.
“So e capisco tutto. Però c’è anche una responsabilità del pubblico, per il quale il cinema non è più centrale. Tutti stiamo sottovalutando il momento di difficoltà delle sale, che ora chiuderanno una ad una. Perché le persone sono disposte a spendere qualsiasi cifra per mangiare in un ristorante dove devono urlare per farsi sentire. O per una partita che forse finirà zero a zero. Ma il cinema, la cosa che è aumentata di meno negli ultimi quindici anni, quello no: costa troppo. Per non parlare dell’abitudine orrenda di scaricare illegalmente da Internet. E basta con il luogo comune di premettere sempre: “io non do giudizi”. Io sì, li do. Non mi piace quel modo di vivere lì! Non mi piace che uno stia con il culo appiccicato alla sedia e con la sedia appiccicata al computer. Mi piace più il mio, di modo di vivere. E vedere i film in un cinema, in mezzo agli altri. Tra poco i cinema chiuderanno tutti. E non è colpa della politica o delle istituzioni, ma delle persone che hanno la possibilità di scegliere di fare una cosa e un’altra. Anche tra noi, registi o scrittori, c’è chi potrebbe scegliere ma non lo fa. Io, da quando fondai la Sacher con Angelo Barbagallo, ho escluso la possibilità di farmi finanziare i film dal gruppo Berlusconi. Ho cercato di essere coerente. Una cosa imparata da mio padre, che era liberale”. (10 luglio 2009)
http://www.repubblica.it/2009/07/sezioni/persone/moretti-nanni/moretti-nanni/moretti-nanni.html?ref=hpspr1