Marco Travaglio
Arresti di prima classe
Ora d’aria
l’Unità, 12 agosto 2008
Poniamo che arrestino un tizio, uno sconosciuto che non è Vip e non ha
amici Vip, con l’accusa di aver rubato 6 milioni di euro alla
collettività rapinando una banca o rubando nelle ville. E che poi lo
scarcerino dopo 28 giorni. Giornali e tg sarebbero pieni di commenti
indignati di politici e opinionisti contro l’ennesima “scarcerazione
facile”. “Rubò 6 milioni, già a casa”. “La polizia li mette dentro, i
giudici li mettono fuori”. “Alfano, ispettori contro le toghe
buoniste”. “Pdl e Pd uniti: tolleranza zero contro ladri e
rapinatori”. Difficilmente a qualcuno verrebbe in mente che il tizio è
solo un sospetto rapinatore e che in Italia vige la presunzione di non
colpevolezza.
Poniamo invece che il tizio accusato di aver sottratto 6 milioni al
prossimo sia un politico sospettato di mazzette sulla sanità. Più
precisamente un governatore, magari dell’Abruzzo. Ieri ha ottenuto i
domiciliari dopo 28 giorni di carcere per cessato pericolo di
inquinamento probatorio (ma non di reiterazione del reato). A nessuno
è venuto in mente di gridare alla scarcerazione facile, di protestare
perché è uscito dopo “appena 28 giorni”. Anzi, qui “facili” erano le
manette. Quei 28 giorni sono parsi eccessivi a chiunque si sia
espresso sul caso. Parve eccessivo anche il primo giorno di custodia,
tant’è che un minuto dopo lo scattare delle manette era già tutto un
coro: “Era proprio necessario arrestarlo?”. Eppure, per la
Costituzione e la legge, tra il tizio e Del Turco non c’è alcuna
differenza: entrambi sono sospettati di aver derubato la cittadinanza
della stessa somma, entrambi devono restare in cella per un po’ onde
evitare che concordino versioni di comodo con testimoni e coindagati.
Possibile, allora, che politici e media li trattino in modi così
diversi, anzi opposti? L’unica spiegazione è il razzismo sociale che è
venuto montando in Italia, creando una Costituzione materiale che
ritiene intoccabili “a prescindere” i membri della Casta, in barba al
principio di eguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge.
Se il tizio accusato di aver rubato 6 milioni avesse ricevuto in
carcere decine di visite di parlamentari e membri (o ex) del governo,
di destra e di sinistra, alcuni dei quali latori di pizzini inviati da
altri politici, compreso il premier, tutti graniticamente convinti
della sua innocenza (e della colpevolezza dei giudici), la notizia
avrebbe destato enorme scalpore. Tutti si sarebbero domandati a che
titolo tanti politici (ammesso e non concesso che li avessero fatti
entrare) solidarizzassero in cella con un signore sospettato di reati
tanto gravi e cos’avessero da spartire con uno così. Invece il
pellegrinaggio di amici e colleghi nella cella di Del Turco
(ufficialmente “in isolamento”!) è passata come una normale, quasi
doverosa testimonianza di solidarietà all’illustre recluso. Anzi, è
bastato che Veltroni manifestasse la sua fiducia nella magistratura,
evitando di emettere sentenze che non gli competono, per esser bollato
di “ipocrisia” e “antisocialismo”.
Ieri, sul Corriere, Pigi Battista ha fornito un catalogo completo del
razzismo sociale applicato alla giustizia, in un memorabile commento
dal titolo “E se Del Turco fosse innocente?”. Il prode Pigi lacrima
perché Del Turco fu “prelevato dalla sua casa all’alba, come il
peggiore dei malfattori”. Frase rivelatrice quant’altre mai del
doppiopesismo classista di cui sopra: se non ne ricorrono i
presupposti di legge, non si arresta né all’alba né al tramonto, né
prima né dopo i pasti; ma, se i presupposti ci sono, allora l’orario e
le modalità dell’arresto sono del tutto secondari rispetto ai fatti
che l’hanno originato. Invece, per tutti i Battista d’Italia, i
“signori” - se proprio si vuole arrestarli - meritano le manette di
prima classe, quelle di velluto, possibilmente precedute da una
telefonata di cortesia. Infatti Pigi chiede addirittura un
risarcimento per Del Turco, scarcerato - a suo dire - “con 48 ore di
ritardo causa introvabilità del gip”, rientrato ieri dalle ferie per
esaminare l’ok dato sabato dalla Procura ai domiciliari. In realtà non
c’è stato alcun ritardo, visto che il gip aveva 5 giorni di tempo per
rispondere ai pm e ne ha impiegati solo 2.
Seguono le solite giaculatorie sulla “presunzione di innocenza”, che
non c’entra nulla: la custodia cautelare riguarda sempre i “presunti
non colpevoli”, altrimenti non sarebbe cautelare, ma definitiva. In
carcere ci sono 30 mila persone nelle condizioni di Del Turco, ma
naturalmente Battista si muove solo per Del Turco. E lo paragona
addirittura a Enzo Tortora sol perché non s’è ancora scoperto “dove
sono andati a finire i proventi” delle presunte mazzette. Ci sarebbe
pure la possibilità, sostenuta dai pm, che i soldi siano finiti in
alcuni immobili e/o in qualche conto cifrato nei paradisi fiscali. Ma
lo Sherlock Holmes di Via Solferino non sente ragioni: se uno - puta
caso - nasconde bene la refurtiva, vuol dire che è innocente.
Attendiamo con ansia un editoriale dal titolo rovesciato: “E se Del
Turco fosse colpevole?”. Cioè se fosse come Craxi, come Contrada, come
Mambro e Fioravanti, per citare solo alcuni dei condannati definitivi
che Battista e il Corriere continuano a trattare da innocenti. Come
pure i 18 pregiudicati, da Dell’Utri in giù, che popolano il
Parlamento. Ecco: se Del Turco fosse colpevole, sarebbe innocente lo
stesso.