LOS ANGELES (USA) - L’antieroe americano del giorno si chiama Scott Weiss e ha realizzato il sogno che tutti hanno avuto almeno una volta: imbucarsi ai party con le star hollywoodiane, alle cerimonie più prestigiose. Fino all’evento degli eventi, la notte degli Oscar. Per capirci, perfino Oriana Fallaci, nel libro «I sette peccati di Hollywood» del 1958 appena ripubblicato, raccontava per diverse pagine la difficoltà di riuscire a entrare a una delle ambitissime feste. Weiss, non contento, ha completato il «Grande Slam delle imbucate» regalandosi il Ballo del Governatore, la festa del dopo-Oscar a cui devono partecipare tutti i vincitori. Un vero professionista dell’ingresso a scrocco: oltre a scattarsi una foto con i divi, si è concesso qualche chiacchiera con i vari Daniel Day-Lewis o Javier Bardem che la situazione offriva. Talmente infallibile, che la potente Academy quest’anno si è dovuta abbassare a chiedergli se per favore avesse potuto tenersi alla larga dalla cerimonia di stanotte. Ma il punto è: come diavolo ha fatto a neutralizzare ripetutamente tutti ma proprio tutti i controlli? E soprattutto: ognuno di noi potrebbe riuscirci?
PERFINO TROPPO HOLLYWOODIANO - Weiss c’è riuscito con la faccia di bronzo degna delle zingarate di «Amici Miei», e la meticolosità utilizzata da Clooney&Pitt in «Ocean’s Eleven» per sbancare i casinò di Las Vegas. Ex-attore di quarta fila, Weiss è un perito immobiliare, con l’hobby giovanile di imbucarsi. Hobby rifinito all’americana, pagando 1000 dollari per un seminario privato sulla materia con un tizio che presentava un programma sulla tv pubblica americana. Primo approccio è al party di Tom Cruise in onore dello sbarco di Beckham a Hollywood. Vi mette piede facilmente, rubacchia delle foto e lascia. Così facile che decide di passare la linea d’ombra dell’imbucato, per diventare un quasi invitato. Emmy, Grammy, Golden Globe, entra dappertutto. Una volta con i suoi due amici parcheggia il Suv vicino al teatro della premiazione: in macchina ha i cartoncini colorati per simulare il pass per il parcheggio, vino ed eleganti calici per interpretare la parte dell’invitato che rientra dopo essersi assentato per una sigaretta, e soprattutto scanner e Photoshop. Esce dalla macchina e fotografa il pass di un funzionario dell’organizzazione. Venti minuti dopo entra in teatro con il suo perfetto lasciapassare. Un’altra volta, fotografa l’interno dell’hotel giorni prima della cerimonia: studia le entrate, e viola la sicurezza senza bisogno di falsificazioni. Per i Grammy sfiora l’assurdo: il logo che contraddistingue il badge lo copia dalle figurine in vendita in edicola.
AGLI OSCAR FALSIFICANDO LA NOMINATION - Ma soprattutto Weiss riesce ad espugnare gli Oscar. Solo il piano meriterebbe una nomination alla miglior sceneggiatura. Studia tutte le entrate per un mese, per riuscire a passare i controlli come fosse un’assistente di produzione uscito un attimo per recuperare dei documenti. Ma il desiderio è di sedersi in platea da invitato, come un membro dell’Academy. Ed ecco il colpo di genio: passa in rassegna le foto dei quasi 6000 appartenenti aal’Academy finché non trova un suo (quasi) sosia, tale Alexander Petrov, regista d’animazione russo. Si allena a parlare russo per settimane, poi il giorno degli Oscar tutto avviene secondo i piani: impersona l’assistente di produzione fino ai controlli per l’ingresso in platea poi si libera del badge e diventa il regista russo. Prima si gusta la cerimonia, poi partecipa al ballo del governatore Schwarzenegger. Tutto filmato: da una collana con telecamera nascosta, e all’esterno dalla troupe di un suo amico appostata da una casa di studenti di fronte al teatro (Hollywood Boulevard non è come si pensa, qui intorno ai teatri abita gente comune, perfino ostelli). Il risultato è un documentario, “Crashers” – letteralmente «Imbucati». Hollywood non l’ha ancora comprato, ma intanto l’Academy ha deciso di mostrarlo come training pochi giorni fa a tutti i membri della sicurezza.
PROVA DIRETTA: ATTRAVERSO I CONTROLLI - Non rimane che verificare sul campo gli insegnamenti di Weiss. Intendiamoci: niente di elaborato, nessuna falsificazione, né tantomeno proveremo a entrare nel tempio del Kodak Theatre durante la premiazione. Ma a 48 ore dal gran spettacolo ci siamo chiesti: «Senza alcuna preparazione, ma con i modi e il colpo d’occhio giusti, fino a dove si può arrivare?». Weiss sostiene che il trucco sia interpretare bene la parte, muoversi sul posto come chi abbia il diritto di farlo, perché generalmente la security non ha intenzione di scocciare chi sta lavorando. Andando in giro per l’impianto di sicurezza, ci si rende subito conto di una cosa: la maggior parte degli addetti sono persone comuni, forse assunte solo per l’occasione. Non hanno addosso l’attitudine del poliziotto, ma piuttosto l’atteggiamento dell’amico a cui chiedi di tenerti d’occhio la valigia per un minuto. E’ una festa anche per loro: se chiedi di fare una foto dietro le quinte, guardano intorno per accertarsi di non essere controllati, e poi loro stessi ti scostano il tendone. La cerimonia si tiene al Kodak Theatre, accanto al Chinese Theatre, quello con le impronte delle star nel cemento. L’intero isolato è stato chiuso al traffico, il tappeto rosso e gli spalti che accolgono le star occupano la strada e sono off-limits, ma nel perimetro c’è un percorso transennato a debita distanza, aperto a tutti, perché ci sono i negozi e perché il Kodak è tutt’uno con l’Hollywood and Highlands, un centro commerciale. Il parcheggio dello shopping centre è lo stesso riservato alla produzione degli Oscar, dai negozi si cammina direttamente davanti all’entrata interna del teatro. Poi il percorso è bloccato, ma ci si avvicina tantissimo. Il pass per l’Oscar è di vari colori a seconda delle mansioni. Quello principale, per la produzione, è di colore giallo. Da un amico che lavora nell’industria cinematografica ci facciamo prestare un lasciapassare di un evento avvenuto qualche giorno fa. Nulla a che vedere con gli Oscar, ma nella forma e nella tonalità di colore il pass ricorda proprio quello per la grande notte. Camicia, giacca sportiva e borsello: non proprio un colletto bianco, ma al di sopra dello standard americano medio, siamo vestiti come uno che sta lavorando in giro. Tutta la produzione dello show è tra il teatro e il tappeto rosso, ma ci sono anche i camioncini delle varie tv, nonchè quelli del catering o del fiorista, che in questo lembo di strada non ci entravano. Attraverso un vicolo proprio di fronte all’entrata del teatro, si sbuca in una via parallela, chiusa per ospitare proprio questi aspetti tecnici. Le transenne a un capo del vicolo d’accesso sono state messe da parte per velocizzare le operazioni.
IL VICOLO DI FRONTE AL TEATRO - Ecco allora la nostra strategia d’ingresso: accedere al teatro direttamente dalla strada sarebbe troppo evidente; ma accedervi come uno indaffarato che sta arrivando a passo sicuro da questa via, sarebbe molto più credibile. Imbocchiamo il vicolo, niente. Sbuchiamo in mezzo ai minivan della Abc e delle altre tv, e riceviamo un’occhiata dall’uomo all’entrata. Ma noi facciamo squillare il telefono appositamente, e mentre continuiamo a camminare sicuri fingiamo una chiamata ad alta voce in italiano. Risultato: per la guardia diventiamo routine, forse un giornalista internazionale. Perdiamo un quarto d’ora girando tra i moduli, senza mai esibire un’espressione incuriosita, simulando di tanto in tanto una telefonata o degli importanti appunti da prendere. L’importante è farlo non in mezzo al nulla, ma neanche troppo vicini a nessun camioncino in particolare. Per dare l’idea a chi guarda di sfuggita di appartenere a qualche luogo, ma a nessuno in particolare. A un certo punto una guardia, una donna nera sulla cinquantina dall’espressione simpatica, si avvicina interessata. Il pass è girato sul retro, unica maniera per dissimulare, ma un’occhiata un minimo più attenta ci friggerebbe. E invece la guardia ci ha solo sentito parlare al telefono in italiano, e vuole raccontarci della sua vacanza in Sicilia. Ottimo, nessun altro attorno baderà più a noi dopo. Questo terreno è conquistato, è il momento di tornare indietro e provare a entrare nell’area del red carpet, dove si svolge la gran preparazione. Percorriamo il vicolo sicuri, anche se solo all’apparenza. Non incrociamo nessuno, non è necessariamente un bene. Non si può esitare quando si sbucherà davanti alle transenne. Ci siamo. A quattro passi dalla guardia, ci precede un giovane delegato di produzione con ricetrasmittente che chiede se sia la sua entrata. Ci accodiamo, e poi ci smarchiamo per accedere, quasi un po’ infastiditi per la perdita di tempo. La guardia gira lo sguardo verso di noi, che invece che tirare dritto ci giriamo leggermente a destra: un tecnico fa dei gesti a un altro tecnico, a qualche metro da lui ma in linea d’aria dietro di noi. Bingo: facciamo finta di rispondere con un accenno sicuro e puntiamo verso di lui. Il tecnico neanche ci bada, la guardia sembra rassicurata e torna ad occuparsi del delegato di produzione, noi siamo in zona franca. Tagliamo attraverso gli spalti riservati ai giornalisti, ed eccoci sul tappeto rosso. Molti giornalisti stanno registrando degli interventi, continuiamo a muoverci come se stessimo raggiungendo i colleghi. Un breve giro ricognitivo per salutare il tappeto rosso, e poi si punta al teatro. La grande entrata, liscio. L’atrio con le statuette giganti, liscio. Manca solo riuscire a entrare nell’auditorium vero e proprio. Ma l’ingresso è iperselezionato, c’è perfino il metal detector. Bisogna essere realisti. A pochi metri, ci fermiamo sul posto: ampio gesto come chi ha madornalmente dimenticato qualcosa, e giriamo i tacchi. Va bene così. Hollywood è comunque espugnata.
Tancredi Palmeri
22 febbraio 2009