Paris n'existe pas (Robert Benayoun, 1969)

Un bel film, durante la visione l’ho associato più volte alla nouvelle vague per il gusto di giocare con gli elementi dello specifico cinematografico, di valorizzare il cinema nella sua essenza: i divertissement al passo uno, i cut ups alla Godard, i giochi di sovrapposizioni o di stacco/sostituzione alla Méliès, l’inserimento di inquadrature girate agli albori del secolo provenienti da filmati di inizio secolo.

Lo spunto di partenza intrigante è quello di un giovane che inizia a sperimentare contemporaneamente in più piani temporali, vivendo nel presente ma vedendo allo stesso tempo ciò che si è svolto nel passato nel luogo in cui si trova, oppure ciò che accadrà nel futuro.
E così si sofferma al bar all’angolo chiacchierando coi vecchi di com’è cambiato il quartiere e di com’era prima; oppure si perde osservando il vecchio arredamento del proprio appartamento, subendo una intensa fascinazione per l’inquilina che vi viveva 40 anni fa.

Un film che sovverte un po’ le regole del gioco rispetto, una pellicola meno ordinaria delle altre, che si concede ogni tanto linguaggi sperimentali e contenuti contemplativi.

Buone le interpretazioni, soprattutto la prestazione di Serge Gainsbourg in un ruolo di supporto.

Visto in lingua originale con sottotitoli inglesi, non penso che si trovino quelli italiani.