Parkland (P. Landesman, 2013)

http://www.imdb.com/title/tt2345112/

Parkland è la fedele ricostruzione degli eventi verificatesi a partire dall’attentato a John Fitzgerald Kennedy a Dallas, quel 22 novembre 1962. Una asciutta descrizione dei fatti modellata sulle trascrizioni degli uditori dell’epoca, i presenti, i testimoni diretti ed indiretti della tragedia. Essendo già stati realizzati molti film sull’omicidio del Presidente, Parkland si incarica di occuparsi del dopo, tratta brevemente il momento clou per poi passare alla meticolosa esegesi del poi, ora per ora, minuto per minuto. Uno stile ai limiti del documentaristico (ed in effetti, la prima parte è un intreccio continuo di spezzoni d’epoca e fiction) che intende mostrare, riportare come in una vetrina, senza troppo interventi interpretativi. Assistiamo anche a minuzie apparentemente inutili, dettagli infinitesimali, che testimoniano però una sorta di rituale, di celebrazione funerea, una serie di atti dovuti e ineluttabili. Un ritratto della perdita dell’innocenza dell’America (che intendiamoci, l’innocenza l’aveva già persa da un pezzo…).

Il cast, naturalmente corale, riunisce nomi disparati, gente di peso come Paul Giamatti e Bob Thornton assieme a giovani eroi della tv giovanilistica come Zac Ephron e il Superman di Smallville, Tom Welling. Fondamentale l’apporto di tutti, tanti piccoli grandi caratteristi che danno spessore alla vicenda, anche se, onestamente, soprattutto nel caso di Giamatti e Thornton il blasone pare un po’ sottoutilizzato.
Il film si basa sul libro Reclaiming History: The Assassination of President John F. Kennedy, scritto dall’ex procuratore Vincent Bugliosi. La fotografia è di Barry Ackroyd, stretto collaboratore di Ken Loach. Non si accenna alcuna interpretazione complottista dei fatti, non ce n’è il tempo, né l’intenzione, questi sono solo i fatti immediatamente successivi agli spari. Il “problema” di Parkland, ritenuto estremamente accurato, è forse proprio il suo più grande merito, limitarsi ai fatti e non spingersi oltre. “La gente vuole la cospirazione” ha affermato Hugh Aynesworth, giornalista e testimone dell’omicidio, che ha collaborato come consulente alla stesura del film.