Pelle di Leopardo - Tiziano Terzani

E’ recentemente stato ristampato ad un prezzo davvero popolare 8,90 € per la TEA questo splendidio volume del compianto Tiziano Terzani (autore che non ha bisogno di presentazioni), per essere davvero precisi occorre dire che questo volume è una “raccolta” di due libri usciti in precedenza e ormai introvabili perl’appunto Pelle di leopardo (1973) e Giai Phong! (1976).

Pur se accumunato dal medesimo argomento i due tomi furoni scritti in due momenti “topici” della travagliata storia del “paese sospeso tra cielo e terra”: Pelle di leopardo è una sorta di diario che analizza le ultime fasi della guerra in Vietnam dal '72 al '73, la fase più cruenta e confusa del conflitto. (il titolo “Pelle di leopardo” difatti vorrebbe richiamare la mappature del Vietnam diviso a macchie tra zone di occupazione USA e Vietcong).
Con taglio giornalistico si possono così leggere dei grandi fatti che sconvolsero l’assetto del paese, ma anche le piccole storie di traffici, di lotta per la soppravvivenza che pur nella ferocia di fondo (una guerra è non è mai bella) ci restituisce l’emozione romantica della lotta, dell’autodeterminazione dei grandi ideali e delle grandi illusioni di quell’intenso periodo.

In Giai Pong! l’autore prende in esame ciò che fu prima e dopo la conquista di Saigon, una cavalcata epica in bilico tra le grandi speranze dei VIETCONG di cambiare il mondo con ai piedi i sandali fatti di copertoni ed al collo gli AK47, le contraddizioni degli USA del loro portare benessere e democrazia con quintali di Napalm e massacri, quasi un diario di “quel che è stato e non è stato anche se tu l’hai creduto”.
Feroce e al contempo straziante riflessione sulla verosimilianza utopica del compiere una rivolta ideale, dal volto umano.

Leggere questa raccolta a tanti anni dai fatti, col senno di poi, dona a queste pagine scritte tra due fuochi mentre tutto affondava, una purezza che non può far altro che emozionare.

ALCUNE CITAZIONI

“…È assurdo, ma in prigione mi sentivo più sicura. La città, dopo esserne stata per tanto tempo fuori, mi fa paura. Cammino e mi par sempre d’essere seguita; ho l’impressione che debbo sempre nascondermi, che mi stanno cercando, che debbo ancora scappare.”
(Cao Que Tuong; militante politica incarcerata dal 1970 al 1975 nel Vietnam del Sud occupato dagli Usa)

“…Come una immagine fotografica congelata nell’ immobilità dell’ istantanea, Giai Phong! in particolare riflette ancora l’ entusiasmo di quei giorni, è pieno delle speranze che la rivoluzione aveva suscitato. Io invece, avendo vissuto il resto di quella e altre storie, sono diventato, com’ è naturale e giusto, un’ altra persona: scettica di tutte le promesse politiche e sospettosa di ogni tipo di rivoluzione. «Allora ti eri sbagliato?» mi si chiede spesso. Al fondo di questa domanda c’ è una provocazione che merita una risposta, e la risposta è sostanzialmente: «No». I fatti di poi non possono mutare i fatti di prima e quel che è successo in Vietnam dopo la fine della guerra non può cambiare il giudizio sul significato del conflitto in sé. Per la mia generazione fu soprattutto una questione di moralità.
Da una parte c’erano i vietnamiti che combattevano una guerra di indipendenza, la stessa che avevano combattuto da quando, un secolo prima, i francesi erano sbarcati sulle loro coste ed avevano fatto dell’Indocina una colonia; dall’ altra c’ erano gli americani che avevano rimpiazzato i francesi nel loro tentativo neocolonialista, che non avevano alcuna ragione di immischiarsi negli affari di un Paese così lontano dal loro e che non avevano perciò alcun diritto «di distruggerlo per poterlo salvare». Ogni generazione cerca degli eroi con cui identificarsi, degli eroi a cui ispirarsi. Per la mia furono i vietcong.”

Dimenticavo STRA-CONSIGLIATO :smiley:

Mai piaciuto granchè,Terzani.Troppo parziale nei suoi giudizi sociologici,troppo affascinato dalla presunta superiorità di altre culture rispetto a quella occidentale.Si lamenta tanto delle porcate commesse dagli USA in Viet-Nam,omettendo di menzionare le atrocità commesse poi da Ho-Chi-Min e i cosiddetti “liberatori”;in occasione dell’offensiva USA contro l’Afghanistan è arrivato addirittura a sostenere che gli Afghani avessero sempre vissuto in quel modo,giustificando parzialmente il regime talebano.Stronzate:prima dell’invasione sovietica l’Afghanistan era uno stato sorprendentemente moderno,e non certo solo perchè i suoi abitanti vestissero all’occidentale.Comunque gli ho sempre invidiato la vita avventurosa che ha fatto,i viaggi nelle zone più inesplorate del mondo…tanto di cappello,davvero.