Psycho III (Anthony Perkins, 1986)

Perkins passa direttamente alla regia, il Bates Motel riapre e per 25 dollari e 90 cents si può affittare una singola. La Universal si rifiutò di girare in bianco e nero, come richiesto da Perkins, il quale voleva recuperare le atmosfere del primo Psycho. Personalmente non mi pare che questo terzo capitolo sia più attinente al primo rispetto al secondo. La mano di Perkins è un po’ pesante nel tratteggiare personaggi, situazioni e atmosfere. Il film è valido e si guarda volentieri, ma il clima si fa decisamente più crudo e grezzo; senza scomodare Hitchcock, il film di Franklin era sicuramente più raffinato. Ancora una volta, ignorato il prosieguo letterario della storia (Bloch scrisse un terzo capitolo intitolato Psycho House), la sceneggiatura è originale.

Mi sono piaciute molto le musiche di Carter Burwell, diametralmente diverse rispetto sia a Herrmann che a Goldsmith, ma belle ed incisive. Così come ho trovato brillante ed inaspettato il prologo, che segue le vicende un po’ acide dei due comprimari principali di Norman/Perkins nel film. Qualche accartocciamento sul consueto colpo di scena finale che smonta parzialmente quello di Psycho II, con la madre che in realtà era solo adottiva, mentre qui si dice che la presunta madre naturale non lo era affatto ma era solo invaghita del marito della sorella, etc. etc.
Perkins riserva per sé la maggior parte delle inquadrature e si sbizzarrisce più che mai nel suo campionario di facce, faccine ed espressioni allucinate.

Meno convincente del predecessore questo terzo capitolo della saga.
Perkins e gli sceneggiatori sembrano un po’ indecisi sulla direzione da prendere: da una parte c’è una dimensione onirica, uno sguardo diretto sulla follia del protagonista ma non solo

anche la figura della controparte femminile interpretata dalla deliziosa Diana Scarwid presenta dei lati oscuri non indifferenti;dall’altra - pressioni produttive? - c’è probabilmente un’interpretazione troppo “anni '80” del franchising-Bates: vittime casuali che entrano a far parte della narrazione con la sola funzione di carne da macello come in un qualunque teen-slasher.
Concordo con D-Fens sulle musiche, figlie del proprio tempo ma comunque calzanti.
Citazioni un po’ forzate al film del 1960:

aridaje con la doccia, mentre la morte della Scarwid vuole essere un remake di quella di Martin Balsam

Lo stesso Perkins in alcune inquadrature ricalca maniacalmente le espressioni facciali di ventisei anni prima, sia dopo il primo omicidio che nel finale.

Dimenticavo: mi ha fatto uno strano effetto, nel senso che a un certo punto ho pensato cristo, quanto è lento! per poi accorgermi che erano passati più di cinquanta minuti dall’inizio e non i venti che pensavo.
Infine, non so voi, ma io ho passato tutto il film in attesa del momento in cui sarebbe crepato il chitarrista-aiutante di Bates.A quel punto ero soddisfatto.

Carino anche questo, mi garbava l’idea dell’amicizia fra Bates e la ex suorina affetta da crisi depressive. Poi aveva momenti di umorismo nero non malvagi; onestamente esagerato il divieto ai minori di 18 anni dell’epoca.

Rivisto ieri dal cofano tedesco. Non lo vedevo da un sacco di anni e tante cose che non mi ricordavo mi hanno piacevolmente sorpreso. Per me è un sequel dignitoso, sicuramente inferiore al secondo capitolo ma comunque riuscito.
Alcuni momenti della parte finale mi hanno dato i brividi ed è stato proprio bello.
Strana (ma non brutta) la colonna sonora e curiosi gli omaggi espliciti ad alcune scene di classici del passato di Hitchcock (tipo Vertigo e Frenzy).

Ho anche visto tutti gli extra (mutuati dal blu ray americano della Shout Factory) e li ho trovati interessanti e ben fatti.