Quel Motel Vicino Alla Palude (Tobe Hooper, 1976)

Dubito si tratti di inserti.Come ho già detto,il master pulp presentava il medesimo problema,dovuto a falle nella traccia audio italiana.Fenomeno sempre più frequente e in alcuni casi ai limiti del sostenibile,vedi edizione Pulp di Black Horror(tanto valeva ascoltarselo tutto in lingua originale).

Ah si, può essere. In effetti come inserti avrebbero poco senso

D’accordo. Però secondo me non bisogna esagerare. Sono il primo a dire che è odioso sentire la traccia italiana che salta quando non c’è alcun motivo perché debba farlo, però se son due parole in tutto si può anche soprassedere. Come per il dvd Raro di BAD TASTE: tanto allarmismo per poi scoprire che in inglese c’è una frase di due secondi. Sono difetti inavvertibili o quasi… Meglio evitarli, ovvio, ma il dramma vero sono quando ad essere doppiate sono intere scene (vedi il primo NIGHTMARE) che in Italia si erano sempre sentite.

Lì la Eagle l’ha fatta ancora più sporca,temo:ha cioè preso un master ultracut e lo ha reintegrato delle scene gore prese da chissà quale master estero,per cui in quei punti(guarda caso,tutte le scene splatter tagliate in tv)l’audio è in Inglese.Almeno,si ha l’impressione che sia andata così.Ma il brutto non è tanto questo:è la scritta truffaldina sulla label,ossia “contiene scene inedite in lingua originale e sottotitolate”.Ma vaff…

Alla lista dei dvd con tracce italiane incomplete e difettose va aggiunto LE FIGLIE DI DRACULA: buchi nella colonna italiana, che è invece completa nella copia televisiva da satellite.

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poiché ho trovato una mia vecchia recensione (roba di moltissimi anni fa) la pubblico su GdR.

benché molti preferiscano, tra i film di Tobe Hooper, “Non aprite quella porta”, che pure è un capolavoro assoluto, personalmente sono innamorato di questo suo secondo film per varie ragioni: l’ascendenza fiabesca del primo, peraltro affascinante, schematizza i personaggi in buoni e cattivi, o meglio: c’è la Bella: Marilyn Burns e la sua comitiva di amici, paralitico compreso; e c’è l’Orco mangia bambini: Leatherface armato di motosega e gli altri membri della famiglia cannibale.
è proprio la famiglia il tema portante di “Non aprite…” ; un microcosmo chiuso, immagine e specchio di un ordine superiore dentro cui spesso e volentieri si consumano le abitudini più spaventose e repellenti (basta ascoltare le notizie di un qualsiasi telegiornale per farsene una ragione). lo spettatore è calato dentro un incubo, però, in cui parteggerà per la giovane superstite, soffrirà per lei, spererà che almeno uno di quei giovani un po’ sciocchi e un po’ sbandati come sciocchi e sbandati sono quasi tutti i giovani si salvi, che non venga divorato dalle logiche adulte e familiari del gruppo di ex macellai che vive in disparte nella propria casa mattatoio sperduta nel bosco… e infine tirerà un sospiro di sollievo vedendola scappare, sarà felice per lei malgrado i traumi che ha subito e che la segneranno a vita, malgrado Leatherface sia rimasto ancora vivo e vegeto, pronto a cacciare nuovamente altro cibo.
il discorso in “Quel motel vicino alla palude” si allarga drasticamente: il male non è più rappresentato da una folle famiglia isolata a cui si contrappone l’innocenza della gioventù, per quanto sciroccata essa sia.
il male, in questo secondo film, è radicato dentro l’intero tessuto sociale americano, composto da tante famiglie come quella dell’altro film – che poi è un tessuto sociale universale: ogni stato ha avuto il suo Vietnam nazionale di cui “esser fiero”.
così quando il film comincia, scoprendo le abitudini del vecchio Judd: novello Norman Bates proprietario del motel (da cui proviene il titolo italiano del film) che sfama un enorme coccodrillo con i corpi delle prostitute da lui tanto odiate e uccise, sappiamo subito di chi dobbiamo aver paura, chi sarà l’Orco di questa pellicola.
le cose si complicano quando, a poco a poco, cominciamo a conoscere tutti gli altri personaggi che popoleranno la vicenda… allora si scopre che siamo stati immersi da Hooper in un labirinto infernale di assoluta follia.
non possiamo aggrapparci a nulla: ecco dove risiede, secondo me, la grandezza del film, in questo totale disorientamento.
dentro quel motel sfilerà un campionario di soggetti tali che, a parte qualche eccezione che conferma la regola, al loro confronto “Judd l’ammazza puttane” risulta quasi simpatico.
basta citare Buck, il personaggio interpretato da Bob “Freddy” England, spacciatore puttaniere repellente quant’altri mai.
cinema indipendente martellante e psichedelico, con una colonna sonora (dello stesso Hooper, che punta molto su rumori, distorsioni, suoni insoliti) da urlo e disturbante, scuote viscere e mente, avvolge senza scampo.
un horror adulto, spietato, lucido come un film d’essai, si fa perdonare qualche “rozzezza” dovuta al microscopico budget…
da non vedere con chi cerca il solito horrorino adolescenziale.

ero molto più gggiovane quando scrissi sto pezzo… ma credo di condividerlo ancora;)

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poiché ho trovato una mia vecchia recensione (roba di moltissimi anni fa) la pubblico su GdR.

benché molti preferiscano, tra i film di Tobe Hooper, “Non aprite quella porta”, che pure è un capolavoro assoluto, personalmente sono innamorato di questo suo secondo film per varie ragioni: l’ascendenza fiabesca del primo, peraltro affascinante, schematizza i personaggi in buoni e cattivi, o meglio: c’è la Bella: Marilyn Burns e la sua comitiva di amici, paralitico compreso; e c’è l’Orco mangia bambini: Leatherface armato di motosega e gli altri membri della famiglia cannibale.
è proprio la famiglia il tema portante di “Non aprite…” ; un microcosmo chiuso, immagine e specchio di un ordine superiore dentro cui spesso e volentieri si consumano le abitudini più spaventose e repellenti (basta ascoltare le notizie di un qualsiasi telegiornale per farsene una ragione). lo spettatore è calato dentro un incubo, però, in cui parteggerà per la giovane superstite, soffrirà per lei, spererà che almeno uno di quei giovani un po’ sciocchi e un po’ sbandati come sciocchi e sbandati sono quasi tutti i giovani si salvi, che non venga divorato dalle logiche adulte e familiari del gruppo di ex macellai che vive in disparte nella propria casa mattatoio sperduta nel bosco… e infine tirerà un sospiro di sollievo vedendola scappare, sarà felice per lei malgrado i traumi che ha subito e che la segneranno a vita, malgrado Leatherface sia rimasto ancora vivo e vegeto, pronto a cacciare nuovamente altro cibo.
il discorso in “Quel motel vicino alla palude” si allarga drasticamente: il male non è più rappresentato da una folle famiglia isolata a cui si contrappone l’innocenza della gioventù, per quanto sciroccata essa sia.
il male, in questo secondo film, è radicato dentro l’intero tessuto sociale americano, composto da tante famiglie come quella dell’altro film – che poi è un tessuto sociale universale: ogni stato ha avuto il suo Vietnam nazionale di cui “esser fiero”.
così quando il film comincia, scoprendo le abitudini del vecchio Judd: novello Norman Bates proprietario del motel (da cui proviene il titolo italiano del film) che sfama un enorme coccodrillo con i corpi delle prostitute da lui tanto odiate e uccise, sappiamo subito di chi dobbiamo aver paura, chi sarà l’Orco di questa pellicola.
le cose si complicano quando, a poco a poco, cominciamo a conoscere tutti gli altri personaggi che popoleranno la vicenda… allora si scopre che siamo stati immersi da Hooper in un labirinto infernale di assoluta follia.
non possiamo aggrapparci a nulla: ecco dove risiede, secondo me, la grandezza del film, in questo totale disorientamento.
dentro quel motel sfilerà un campionario di soggetti tali che, a parte qualche eccezione che conferma la regola, al loro confronto “Judd l’ammazza puttane” risulta quasi simpatico.
basta citare Buck, il personaggio interpretato da Bob “Freddy” England, spacciatore puttaniere repellente quant’altri mai.
cinema indipendente martellante e psichedelico, con una colonna sonora (dello stesso Hooper, che punta molto su rumori, distorsioni, suoni insoliti) da urlo e disturbante, scuote viscere e mente, avvolge senza scampo.
un horror adulto, spietato, lucido come un film d’essai, si fa perdonare qualche “rozzezza” dovuta al microscopico budget…
da non vedere con chi cerca il solito horrorino adolescenziale.

ero molto più gggiovane quando scrissi sto pezzo… ma credo di condividerlo ancora;)

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Condivido in pieno.
E aggiungo che proprio da quel punto di vista, ho sempre collegato il cinema di Tobe Hooper a quello di Wes Craven.

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Mi metto in modalità Pierino e segnalo il refuso nel nome del regista presente nel titolo del thread.
Tanto dovevo.
Distinti saluti.

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