http://www.imdb.com/title/tt0180073/
Il film si basa dulla piece di Doug Wright che ne cura pure la sceneggiatura. Wright si prende un quintale e mezzo di libertà metastoriche, torna poco e nulla sulla veridicità del personaggio storico del marchese, qui assurto più che altro a simbolo della libertà d’espressione contro la censura, il conservatorismo, il moralismo, i metodi barbari e retrogradi.
Messa in scena molto ricca ed elegante pur senza essere tronfia, suggestiva la ricostruzione del manicomio di Charenton, l’uso dei costumi è funzionale e non pomposo (Kaufman voleva evitare a tutti i costi l’effetto “film in costume”). I toni virano dal gotico al drammatico, persino alla commedia, visti i continui sarcasmi del marchese. La seconda parte è decisamente migliore della prima in particolare la caduta rovinosa del manicomio è virulenta e sanguinaria.
Gli occhi sono naturalmente tutti puntati su Geoffrey Rush che purtroppo calca parecchio la mano sulla sua interpretazione, a tratti macchiettistica e sopra le righe. D’accordo che De Sade era un personaggio sopra le righe, ma Rush con tutte le sue movenze e le sue faccine lo ridicolizza un po’, togliendogli, a mio parere, malvagità e spessore (il fatto che scrivesse opere “volgari” non significa automaticamente che dovesse anche esprimersi come Alvaro Vitali in ogni conversazione, dopotutto stiamo parlando di un uomo coltissimo). Della Winslet ti innamori dopo tre fotogrammi. Phoenix è un po’ troppo fighetto, ma si sforza molto di fare del suo meglio. Michael Caine è grandioso, sul finale il suo perfido dottore assomiglia più a Darth Vader che ad uno psichiatra, con tanto di mantello nero ad aggirarsi tra le volte gotiche delle tetre architetture di Charenton.
La sceneggiatura spinge parecchio sul portato “liberatorio” e “rivoluzionario” degli scritti del marchese, di contro ad un periodo oscurantista e intriso di ipocrisia. Inoltre praticamente ogni donna che legge De Sade viene colta da impulsi lussuriosi irrefrenabili, anche la più santa diventa seduta stante una meretrice.
Complessivamente il film è gradevole da seguire fino alla fine, anche se De Sade diventa un personaggio metaforico, un supereroe della libbbbertà. Moralista e forse un po’ cattolica la sua morte - che non è andata affatto così! - De Sade, descritto come un uomo che ha “recitato” una parte per tutta la vita, volendo disperatamente ergersi ad anticristo, alla notizia della morte dell’amata lavandaia Winslet prorompe in un pianto liberatorio e chiede che venga sepolta in territorio consacrato a sue spese…lui che durante il film sputa sulla Bibbia, bestemmia e ridicolizza la fede dell’abate…
Infine, ho letto De Sade a suo tempo, per buona parte della sua opera, e senza nulla togliere al portato “eversivo” dei suoi scritti, soprattutto in relazione al dove e al quando hanno avuto luogo, devo dire che dopo qualche decina di pagine ci si annoia rapidamente poiché, passata la sorpresa iniziale di una prosa estremamente esplicita e disinibita, le situazioni “trasgressive” iniziano a ripetersi meccanicamente; un po’ come nei porno, tanto “calore” all’inizio, qualche sbadiglio a seguire. A vedere il film pare che la letteratura desadiana sia più esplosiva della Commedia dantesca o della drammaturgia shakespeariana; ecco, non esattamente.