NEWS 2/1/2009 - INTERVISTA
[SIZE=5]Samuel L. Jackson “Ora c’è Tarantino ma sogno Moretti” [/SIZE]
La superstar: quant’era bello “Alligator”, cioè “Il Caimano”
MICHELA TAMBURRINO INVIATA A CAPRI
È una star da Guinness dei primati, Samuel Lee Jackson, arrivato al Capri Hollywood Film Festival per accompagnare The Spirit, il film di Frank Miller tratto dai fumetti. Eppure è l’uomo dalle aspirazioni più contenute del mondo. Figurarsi che tra i suoi sogni c’è quello di fare un film con Nanni Moretti: quando lo saprà, il regista italiano farà un salto sulla sedia dalla gioia, perché è nota l’abilità dell’attore afroamericano di far lievitare il box office. E Dio solo sa quanto bisogno ce ne sia nel cinema italiano. Jackson era in giuria al Festival di Cannes e sponsorizzò con voti e auspici il film di Moretti su Berlusconi. Ma come si chiamava quel film? «Certo, si chiamava Alligator», si ricorda soddisfatto la star.
Scusi se precisiamo, non si chiamava Alligator ma Il caimano.
«Certo, bello, molto bello. Anche Paolo Sorrentino mi piace molto, ho visto il suo L’amico di famiglia, bellissimo. Deve sapere che io sono cresciuto con Fellini e il mito di Satyricon. È stato lì che ho capito quanto ci poteva essere di fantastico in un film».
Lei è uno degli attori più prolifici di Hollywood e a 60 anni ne dimostra dieci di meno. Forse perché ha girato 120 film di successo alternando produzioni commerciali a film di qualità?
«Io non distinguerei troppo tra un film e un altro. Leggo sette copioni al giorno e scelgo in base alla storia, a quello che mi piace. Mi divido tra cinema indipendente e cinema di massa, ma senza strategie».
Senza strategie ha fatto incassare oltre 7 miliardi di dollari e questo l’ha direttamente catapultata nel Guinness dei primati. Non c’è riuscito George Clooney e nemmeno la Julia Roberts dei tempi d’oro. Che cosa ha più degli altri?
«La forza della passione e un’esperienza quasi unica. Io conosco perfettamente i meccanismi del cinema. So in anticipo se una scena andrà al montaggio o se sarà tagliata. Alcuni mi stanno a sentire, qualcuno no. Con quei due che non mi ascoltano non voglio lavorare, non sono bravi professionisti».
E chi sono?
«Io non lo dico ma loro lo sanno».
Certamente uno dei due non è Quentin Tarantino perché lavorerà con lui a breve in Inglorious Basterds, film dei misteri.
«Ma non faccio parte del cast, sarò soltanto la voce narrante. Non vorrei si pensasse che sono una star viziata. Solo detesto perdere tempo; gioco a golf e sono paziente, fino a oggi non ho mai messo le mani addosso a un regista».
Meno male. Però lei fa sempre o quasi parti da duro. Un bel filmetto romantico, mai?
«L’ho girato, con Juliette Binoche, My country, ero molto romantico. Anche nel mio prossimo Mother and Child sarò tenero. Però non mi piace. Mi diverto a essere cattivo o esagerato. Alla gente piace così. Altrimenti come si sogna al cinema?»
Che ne pensa del possibile sciopero degli attori?
«È inopportuno. Inoltre il 95% di coloro che fanno parte del sindacato non lavora. Facile dire agli altri: “Non andate sul set”. Le questioni in ballo sono complesse, non penso che il sindacato possa soddisfare le nostre esigenze».
Progetti futuri?
«Ho finito Unthinkable, sui terroristi che dovrebbero piazzare una bomba e noi agenti cerchiamo di trovarla. Bel film di duri».
Sospenderà almeno per un giorno di girare, foss’altro il 20 gennaio per godersi l’insediamento di Obama?
«Andrò. Di certo so solo che indosserò un cappotto caldo e resterò in piedi al freddo per assistere alla storia che passa. Perché qualsiasi cosa farà, lui il cambiamento già l’ha fatto dicendo “We can” e non “I can”, rivolto a un mondo di giovani senza più speranze. Certo che ci sarò, lì al freddo a godermi lo spettacolo più bello che avessi mai sperato».