Sapore di sesso (Pino Buricchi, 1990)

Spendere qualche parola sul famigerato Giuseppe “Pino” Buricchi sarebbe doveroso. Ex prolifico produttore di cinema di genere dei più svariati generi, alla fine degli anni 80, poiché il porno ha rimpiazzato definitivamente il soft e la commedia sexy (genere spesso bazzicato dal Nostro) decide di rispolverare le copie delle pellicole da lui prodotte e su cui detiene ancora i diritti, dando così vita ad una breve serie di allucinanti accozzaglie, spesso modeste spesso (come vedremo sotto) davvero infime.

Ora, probabilmente alcuni si stupiscono perché in generi come il porno (soprattutto quello italico) cose del genere erano quotidiane. Qui si parla però di pellicole destinate ai circuiti tradizionali, pertanto tra lungometraggi diciamo “normali” l’apparizione dei Frankenstein Buricchiani non può che essere uno stralcio alla pace audiovisiva.

Sapore di sesso, è forse il più arduo da digerire tra tutti, nonché il più oscuro. Nonostante un giro di contatti e messaggi tra gli angifratti delle conoscenze, ho impiegato delle settimane per reperirne una copia, un rip. Nessuno pareva averlo. In pochi se lo ricordavano, nessuno lo possedeva. Poi un caro amico lo trova e me lo manda. Lo sconforto…

Prima di spiegare perché Sapore di sesso stona tra gli altri capitoli dell’ex produttore e distributore, è necessario chiarire come gli altri tasselli della serie del buon Albert Barney (pseudonimo del Nostro) fossero comunque in qualche modo modificati in moviola o in doppiaggio, con l’ausilio dell’inserimento di scene ex-novo, nuove musiche o montaggio alternativo. Elementi che nella loro mediocrità giustificavano in qualche modo una visione dei filmetti.

Sapore di sesso si apre con una schermata elettronica da titolatrice digitale. Il film sarà su video, non su pellicola. Si parte già in sfavore. Non ci sono titoli di testa né musica. Appare il titolo, il nome di Donatella Damiani e quindi dal nulla una scena da I peccati di Lola di Gaburro. Dopo qualche minuto l’episodio si interrompe bruscamente, riappare la schermata elettronica blu, è il momento di Valentine Demy. Una scena da Casa di piacere (1989). Questo fastidiosissimo ritmo si ripeterà per tutte le starlette del film ovvero, le citate Damiani e Demy, Carmen di Pietro, Paola Senatore, Baby Pozzi e Cindy Leadbetter. L’ultima scena proviene infatti da Amanti miei (1979) di Aldo Grimaldi. La scena si interrompe anche qui bruscamente. Ennesima comparsa del cartello blu. Scritta “Fine”. Schermo nero. Un’ora e tre quarti sono trascorse dall’inizio. Minuti passati a osservare scene prelevate dai singoli film non ridoppiate né rimusicate, unite con un montaggio degno di una vhs compilation su Moana da edicola.

Tale imbarazzo venne ovviamente distribuito solo in video, per Playtime (prima visione del film, nel 1990) e in seguito per Eden Video, con tanto di copertina fasulla con donne sadomaso palesemente ed incoerentemente tardo-anni 90. Che l’universo abbia pietà di Buricchi.

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Bel tipo. Nessuno, suppongo, ha mai avuto il coraggio di fargli un’intervista sulla sua “brillante carriera”. Deceduto da anni? :roll_eyes:

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No, che mi risulti nessuno mai lo intervistò. Ho saputo che è deceduto agli inizi degli anni 2000 per un tumore.

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