Bello, bello davvero.
Credo che sia il primo film prodotto da Netflix che, finalmente, mi ha davvero soddisfatto.
Dura 100 minuti ma non vedevo l’ora che finisse, non perché non fosse bello - anzi! - ma perché mi stava davvero sfinendo con questo dramma terribile del quale tutti gli spettatori conoscevano già la fine (e che comunque viene mostrata sin dall’inizio).
Ammetto che all’inizio temevo che il film fosse un’agiografia di Stefano Cucchi perché la scena che si vede nei primissimi minuti con lui che va a messa la mattina mi aveva fatto storcere il naso ma poi si capisce che ha un suo perché nella scena in cui chiede una bibbia alla volontaria che lo va a trovare in ospedale, segno che aveva realmente intrapreso un percorso di fede (probabilmente nel periodo in comunità).
Alla fine Cucchi non viene santificato, non viene taciuto il fatto che nel suo appartamento è stata trovata parecchia droga. Era un pusher, un piccolo delinquente ma era anche un figlio e un fratello, un ragazzo di trent’anni che ha fatto una fine orrenda e senza giustificazioni. Ha pagato un prezzo carissimo per un reato quasi banale.
Borghi è davvero bravissimo, la sua interpretazione è coinvolgente e credibile, crea immediatamente una forte empatia con lo spettatore e riesce a trasmettere la sofferenza del suo calvario senza ricorrere a mezzucci facili.
Va però detto che anche se ha perso molti chili (16 se non erro) per rendere più credibile la figura di Cucchi non mi ha mai dato realmente l’impressione di estrema magrezza del vero Cucchi (che arrivò a pesare 37 chili al momento della morte). Fragile sì ma non così magro.
Pero vabbeh, sono piccolezze, non poteva mica dimagrire fino a 40 chili, è ovvio.
Ma per il resto la sua mimesi con Cucchi è impressionante, ha anche riprodotto la sua parlata in maniera molto fedele (alla fine del film si sente la voce del vero Cucchi durante il processo).
Il pestaggio non viene mostrato, non si vede e non si sente assolutamente nulla di quello che accadde dietro quella porta chiusa. Una scelta assolutamente intelligente e riuscita.
Da quel momento Cucchi inizia una discesa infernale in un abisso senza uscita di follie burocratiche, decisioni sbagliate (e in qualche modo pure incomprensibili, ma alla fine chi siamo noi per giudicare le scelte di un ragazzo in difficoltà e della sua famiglia catapultata in una situazione simile?) e l’assoluta indifferenza di chi doveva occuparsi di lui e avrebbe dovuto accorgersi di quello che stava accadendo.
Però è vero: nessuno fa la cosa giusta. Tutti (Cucchi, la famiglia, i secondini, i medici, i carabinieri… tutti) prendono sempre la decisione sbagliata e tutto questo aumenta il senso di impotenza e frustrazione.
La morte di Cucchi arriva quasi come una liberazione dopo quella settimana da incubo, una catarsi dolorosissima che culmina con la struggente immagine finale della famiglia che lo vede sul tavolo del coroner.
Un film duro, durissimo, girato molto bene, con un buon cast (anche se alcuni comprimari - tipo certe guardie e certi infermieri/medici non sono proprio all’altezza), delle musiche giuste e un tono che evita il sensazionalistico riuscendo comunque ad indignare profondamente e a sconvolgere lo soettatire
Le forze dell’ordine non ne escono bene (oltre alle circostanze che hanno portato alla morte di Cucchi c’è anche il modo disumano con cui hanno comunicato alla madre la notizia della sua morte) ma la reazione vile e strafottente che vertici e sindacati (per tacere di quella avuta dalla parodia di vicepremier/ministro dell’interno che ci ritroviamo) dimostra che era un film che andava fatto.