This must be the place (Paolo Sorrentino, 2011)

19/5/2009 (7:23) - DOPO “IL DIVO”
E Sorrentino arruola Sean Penn
Il regista gira la storia di una rockstar a caccia di nazisti

CANNES
Sarà Sean Penn il protagonista del debutto in lingua inglese del regista Paolo Sorrentino. L’attore, presidente della giuria a Cannes la scorsa edizione, lavorerà sotto la direzione del cineasta italiano - premiato nel 2008 con la pellicola Il divo - nel film This Must Be the Place. È stata l’edizione a Cannes di Variety a lanciare la notizia delle trattative con la star americana, che attraverso i suoi agenti ha già fatto sapere di essere interessato a lavorare al progetto. Penn, due volte Oscar per Mystic River e Milk, nel film sarà una stella del rock che, al termine della carriera, salda i conti con il passato e dà la caccia al nazista che uccise il padre nella Seconda Guerra Mondiale e che ora si è rifugiato negli States.

Per Sorrentino - che presiede quest’anno a Cannes la giuria della sezione «Un certain regard» e che ha raggiunto fama internazionale prima con Le conseguenze dell’amore e poi con Il divo, entrambi con attore protagonista Toni Servillo - è la prima pellicola girata in inglese, con una sceneggiatura scritta insieme con Umberto Contarello. Il film sarà prodotto da Nicola Giuliano della Indigo Film e Andrea Occhipinti della Lucky Red (già produttrice de Il divo). L’accordo prevederebbe che Penn e Sorrentino (il regista partenopeo è anche fresco dei sette David di Donatello vinti con Il Divo, durante quella che lui stesso ha definito come «una bellissima annata») approdino entrambi al progetto compatibilmente con gli impegni dell’attore americano.

E la lista dei film che si appresta a girare la star non è breve: presto l’attende The Three Stooges dei fratelli Farrelly, pellicola dedicata ai divertenti Marmittoni, trio comico divenuto celebre negli anni Trenta. Nel cast con lui, a comporre il trio, Jim Carrey e Benicio Del Toro. Poi ci sarà il drammatico Cartel di Asger Leth (prodotto dalla Universal) sul traffico di droga in Messico. E ancora lo spy thriller Fair Game di Doug Liman (in coppia con Naomi Watts). Penn, che di recente ha di nuovo presentato le carte per il divorzio dalla moglie, l’attrice Robin Wright Penn, ha da poco finito di girare The Tree of Life di Terrence Malick, in predicato per la prossima Mostra del Cinema di Venezia.

http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/cannes/200905articoli/43857girata.asp

«quell’incidente che mi ha cambiato la vita…»
«Di colpo restai orfano così provai a fare film»
Sorrentino: «Avevo 17 anni e un avvenire da bancario, come papà»

http://www.corriere.it/spettacoli/09_agosto_12/cambiato_vita_e1c1218a-8726-11de-a53e-00144f02aabc.shtml

un incontro tra due personalità altamente intelligenti e professioniste.
Mi fido di loro,verrà fuori un ottimo film, come del resto tutte le cose di Sorrentino, uno dei pochi registi attuali che non sbaglia un colpo

Sorrentino credo che stia prendendo direzioni cinematografiche ancora più sperimentali e attuolando Sean Penn potrebbe avere maggiore visibilità all’estero. Anche perchè Penn ha una mentalità cinematografica più vicina ai gusti degli europei e quindi le cose si intrecciano bene.

per Attore84: ti ho risp in privato. Mi raccomando, non usare le vetrine pubbliche per fare domande(lo dico per il tuo bene, hai parecchi cartellini rossi ;))

Nelle sale lo Sean Penn di Sorrentino
“E adesso puntiamo agli Oscar”

Nei cinema dal 14 ottobre, in un numero massiccio di copie (300), “This must be the place” del regista napoletano. Protagonista il divo americano in versione gotico-rock: la sua interpretazione potrà essere una delle chiavi vincenti nella corsa alla statuetta dorata. “Negli Usa cercheremo di uscire entro fine anno”

http://www.repubblica.it/spettacoli-e-cultura/2011/10/06/news/sorrentino_penn-22789324/

LE IMMAGINI LA VIDEOINTERVISTA

Visto ieri sera.
Andrò contocorrente rispetto ai giudizi che ho letto (altrove) soprattutto da parte degli appassionati del nostro cinema: a me è piaciuto. Molto.
Non credo sia il miglior film di Sorrentino, un po’ perché si vede la pretesa di essere un film dal respiro internazionale quando il regista napoletano è sempre stato abilissimo nel raccontare “storie di casa nostra” (anche “Le conseguenze dell’amore”, nonostante l’ambientazione svizzera, metteva in scena una vicenda dalle caratteristiche marcatamente italiane), un po’ perché il bombardamento pubblicitario degli ultimi giorni ha creato l’aspettativa di un film per il grande pubblico… e, secondo me, non lo è. Sia per ritmo della narrazione che per background culturale.
Ma è comunque una storia interessante, complicata e semplice nello stesso tempo; girata, al solito, da dio; interpretata magistralmente (in primis da uno Sean Penn straordinario, ma tutto il cast è perfettamente in parte); accompagnata dalle consuete musiche azzeccatissime.
Da qualche parte, forse su Badtaste, ho letto una critica al protagonista che diceva qualcosa tipo «nell’arco del film non fa altro che snocciolare aforismi che vorrebbero sembrare profondi ma riescono ad essere solo banali»: non potrei essere più in disaccordo, visto che Cheyenne è un personaggio che non deve emergere come un uomo illuminato, tutt’altro. È una figura fragile, piena di contraddizioni, in perenne conflitto con sé stesso e col mondo… se, come credo, Sorrentino voleva sottolinearne la confusione e le debolezze, quegli aforismi «banali» calzano proprio a pennello.
Una storia che affronta temi difficili come l’olocausto, la depressione, il senso di colpa senza indugiarvi troppo con improbabili teorie, ma inserendoli nel contesto narrativo senza piglio da soloni e stemperando il tutto in uno humour costante che strappa più di una risata.
E poi c’è David Byrne, che cazzo! :smiley:

Scusate il pippone, era più che altro un modo per raccogliere le idee. :slight_smile:

L’ho visto anch’io la sera della prima. Si tratta di una produzione importante e ambiziosa che mira al mercato internazionale.
Un film per niente facile, chi si aspetta toni da commedia o ritmi mozzafiato resterà deluso. Un film girato alla grande, con movimenti di macchina incredibili e inquadrature stilisticamente superbe. Un film immerso in atmosfere surreali e percorso da immagini visionarie (penso alla sequenza del concerto dal vivo di David Byrne o al finale tra le nevi in alta montagna).
Concordo con quanto affermato da Blu Petrolio circa il personaggio Cheyenne: è talmente fragile che quando veste i panni di “consigliere” ripete pari pari gli sproloqui di un suo amico sbruffone.

Per uscire dall’italianità che caratterizzava i suoi precedenti film Sorrentino sceglie di parlare della Shoah, un tema difficilissimo e scivoloso. A mio parere il regista vince la sfida riuscendo a scovare un punto di vista nuovo e alla fine della proiezione uscendo dalla sala ho sentito che “qualcosa mi aveva disturbato”, anche se non capivo bene cosa. Purtroppo non credo che in Italia questo film possa avere un grandissimo successo, il pubblico è ormai troppo abituato allo stile televisivo e alle commediole facili facili. Spero comunque di sbagliare, Sorrentino se lo meriterebbe. Concludo con un plauso alla grandiosa interpretazione di tutti gli attori, a partire da Sean Penn. Una piccola chicca, “l’inventore” della valigia a rotelle che Cheyenne incontra in una tappa del suo viaggio è interpretato da Harry Dean Stanton, il mitico “Brain” di 1997 Fuga da New York.

Grande attenzione mediatica per questo film e, a leggerne su Facebook o a sentirne parlare in giro, grande attesa da parte di pseudo indie intellettuali che magari hanno scoperto Sorrentino in dvd con il Divo e lo hanno eletto a loro idolo per avere conciato Sean Penn come Robert Smith. Ma forse sono troppo cattivo.
Dall’altra parte leggevo sia recensioni positive, sia recensioni che lo definivano una palla immensa e un passo falso per il regista.
Bando ai pregiudizi sono andato in sala sabato pomeriggio per vedere subito il fim.
Che dire, a me è piaciuto, anche se concordo sul fatto che Sorrentino ha fatto di meglio. Mi trovo d’accordo con l’opinione di Blupetrolio che forse per ritmo e backgound non è un film per il grande pubblico, anche se effettivamente nei primi giorni al botteghino pare sia andato molto bene.
Comunque non l’ho trovato così lento come lo descrivono i detrattori, non mi ha annoiato. Le inquadrature sono tutte studiatissime e ben curate, forse anche troppo. Il personaggio di Cheyenne può sembrare banale e manieristico nel suo essere una rockstar in pensione, ma tutto sommato non lo è, il suo parlare per aforisimi spesso banali e presi in prestito da personaggi discutibili mostrano appunto tutta la sua ingenuità. Film che dividerà il pubblico a mio avviso.
Nota dolente il doppiaggio, non mi piace lamentarmene di solito, è come sparare sulla croce rossa, ma il doppiaggio di Penn è irritante. Magari poi è così anche in lingua originale e l’effetto e voluto, per ora mi tengo il dubbio.

Visto ieri pomeriggio.
Film assolutamente non banale e parecchio “di nicchia” . Rischia di diventare noioso nella parte centrale, il che in un film che parla sopratutto di un viaggio interiore ci può anche stare. Film comunque non facile e parecchio impegnato. Risulta un insieme di parecchie cose, intrecciate tra loro. Viaggio interiore, Ricerca di se stessi, olocausto, vendetta…
Bellissime ambientazioni, inquadrature e musiche.
Bella davvero l’interpretazione di Sean Penn che non vedevo al cinema da tempo. Divertenti le sue continue risatine ; Tutto sommato il doppiaggio non è stato malvagio. , nel cast anche la Frances Mc Dormand, nel ruolo della sua paziente e dolcissima moglie ed il grande Harry Dean Stanton in poco più che un cameo.

sono sincero , ho faticato un po’ a seguirlo nella parte centrale …

Buonasera, approfitto di questo thread per salutare tutti quanti dopo un anno e mezzo di assenza. So che è scorretto farlo qua ma si tratta di un paio di righe dopodichè non lo farò più e cercherò di stare “in-topic” il più possibile. Non c’è un motivo particolare per cui ho smesso di scrivere (da dopo l’incontro di jesolo), tral’altro mi ero persino abbonato come membro premium… semplicemente non ho più scritto. bene, rieccomi qua, parliamo di questo film.
L’ho visto in sala con Lucifer. sensazioni durante la visione: a tratti divertente, a tratti interessante, a tratti noioso (ho rischiato di addormentarmi). Dopo la visione mi sentivo pieno come dopo una mangiata da matrimonio, mi è sembrato molto lento e con troppa carne al fuoco, troppi argomenti toccati, troppe cose farammentarie viste, ma non era una sensazione negativa. Ripensando al film a freddo riuscivo a trovare solo momenti che mi erano piaciuti. E’ un film che viene fuori alla distanza anche se non è perfetto, mi da’ la sensazine di essere incompleto, forse volutamente, forse è solo una sensazione. Forse il suo difetto più grande è quello di essere invece troppo pianificato e studiato in modo tale da apparire così, di nicchia, artistico e non commerciale. Se il film è artistico lo deve essere in modo naturale non in modo calcolato e secondo me questo lo è in modo troppo perfettamente calcolato. Mi rendo conto che sono contraddittorio ma la mia idea del film è un po’ confusa e di conseguenza lo è anche il giudizio.
Mi chiedo però: con una storia così originale e anche geniale se vogliamo, c’era bisogno di andare sopra le righe così tanto con il personaggio di Sean Penn? se fosse stato più realistico e meno caricaturato non sarebbe stato meglio? e se il film fosse stato un po’ più snello nel montaggio non ne avrebbe giovato? Quello che non capisco è come spesso nel cinema (ma anche nella musica) si tende a voler dare ad un opera un vestito più strano, più alternativo, come se dargliene uno convenzionale rischiasse di essere considerato un’eresia in certi ambienti. spesso si cerca di mascherare la mancanza di contenuto con un vestito strano ma quando il contenuto c’è ed è già molto particolare, come in questo caso, per me gioverebbe di più un vestito più tradizionale, classico.

Visto ieri sera, concordo con Blu Petrolio. Girato da dio, interpretato in maniera cazzutissima da Sean Penn ma anche da tutti gli altri (inclusa Eve Hewson, la figlia di Bono), splendida OST (Byrne, mica pizza e fichi). Per me la sottostoria sull’olocausto non c’entra nulla, più che altro è un film sulla sofferenza e sull’ostinazione umana nel non voler/poter cambiare idea e fissarsi in paranoie:

Cheyenne che si è convinto che il padre non lo amasse e ha smesso di parlargli fino alla morte, il padre che si ostina a voler umiliare un criminale di guerra nazi che in realtà non è che gli abbia fatto poi molto, la madre di Mary che si ostina a non voler ammettere che il figlio se n’è andato, Mordecai che si ostina a ricercare criminali nazisti quando ormai sono morti tutti, ancora Cheyenne che pensa di essere il responsabile con la sua musica della morte dei due ragazzi e quindi ha smesso di suonare

Molto, molto bello. Mi rimane un solo, sottile dubbio: che tutta la sottotrama sull’olocausto sia stata messa lì per captatio benevolentiae con la commissione degli Oscar, Benigni style. Ma alla fine chissene, mi godo il film.

Io non l’ho ancora vergognosamente visto, ma recupererò prestissimo…
Beh, Alma, non ce n’è, Sorrentino è un grande.

a me non è piaciuto per nulla

intanto mi sono veramente rotto le palle dei virtuosismi gratuiti di Sorrentino
tra la fotografia stile Instagram e i movimenti di camera utili solo a fargli credere di essere un genio, c’è veramente da mollare tutto dopo la prima mezzora

poi sta musica ruffiana sarà anche bella ma in questo contesto mi ha reso il film ancora più odioso

quanto alla storia l’ho trovata pallosissima, un’ora e cinquanta di nulla assoluto
si salva giusto l’idea della rockstar dark in pensione
tutto il resto è qualcosa di terrificante

Irritante è dir poco. Sembra una parodia del cinema di Jarmusch…

Concordo con gli ultimi due giudizi, purtroppo. Un film inutile, segato in due parti completamente avulse (l’idea della ricerca del nazista non c’azzecca per nulla).
La prima parte è solo una cattiva riproposizione del tema de L’uomo in più.
In effetti poi ha ragione Robby: qui i virtuosismi sono pura ellissi barocca…
Comunque Sorrentino rimane un grandissimo, qui magari ha voluto solo fare un bel marchettone per il mercato globale: meglio rivederlo in salsa nostrana.