Ti racconto una storia - Ricordi di vita e di scena, di Lino Banfi. Rizzoli, 2006.
Mi sento di consigliare (quantomeno ai banfiani come il sottoscritto) questo libro che avevo iniziato ieri con il pregiudizio che avrei letto la solita autocelebrazione, solo alla ricerca di qualche aneddoto interessante. E invece…
Invece mi sono trovato a leggere un libro di un’onestà (e di un’amarezza) davvero rari: Banfi è a dir poco impietoso nei confronti di se stesso e del suo passato, racconta con dovizia di particolari situazioni (risalenti ai tempi dell’avanspettacolo ed anche prima, quando visse per un paio d’anni a Milano) avvilenti, e comunica una sincerità che pochi attori del suo livello secondo me possiedono.
E’ un libro che a me ha lasciato l’amaro in bocca, ma solo per la durezza di certe situazioni descritte, non per altro.
Tanta onestà autocritica non mi sorprende; Banfi è stato spesso attaccato dai fans per aver manifestato disistima nei confronti di tante sue fatiche in celluloide, quando attualmente si trova infognato in ruoli desolanti da tubo catodico. Personalmente credo che non dovrebbe vergognarsi di aver lavorato con Laurenti e Tarantini; però ho sempre apprezzato questa sua coerenza rispetto alla falsità di tanti altri interpreti della commedia sexy dei tempi che furono, pronti a riscoprire le proprie origini dopo l’elogio dei vari tuttologi/opinionisti che han “riscoperto” il nostro cinema popolare. A lui non piaceva fare quei film allora e continuano a non piacergli adesso: tanto di cappello per la sincerità.
Verissimo, specifico però che nel libro quasi non si parla del suo periodo nel cinema (del successo, insomma). L’argomento è solo sfiorato, ad esempio Banfi ricorda di aver girato Colpo in canna ed Il trafficone in contemporanea, cambiandosi velocemente d’abito tra un set e l’altro.
Il libro parla quasi solo del periodo precedente, tra l’altro è citato Rosario Borelli, oltre naturalmente a Franco e Ciccio, Nino Terzo, Modugno e gli altri che com’è noto ebbero un ruolo importante nella sua carriera.
Mi sento di dar ragione a Renato e acquisterò il libro anche perchè vidi Banfi in un’intervista a Che tempo che fa con Fazio, e mi piacque molto il suo essere lineare e coerente, oltre che impietoso verso se stesso.
L’unica cosa che onestamente mi affligge di Banfi è il suo essere diventato un menestrello da quattro soldi per il paron dalle belle braghe bianche, ma lo perdono perchè si è fatto un culo grande quanto un cappello da prete da giovane e forse adesso un pò di soldi facili se li merita.