Recandomi in sala a vedere l’ultima fatica di Leonardo Pieraccioni,le aspettative mi suggerivano il solito film di natale strappa risata con la speranza che se di risata bisognasse colpire,almeno che essa si avvicinasse ai primi lavori del buon Leonardo…e invece…
E invece mi ritrovo a vedere un film garbato,non in linea con la grezza comicità italiota degli ultimi anni…
Un film che si stacca dalla precedente filmografia dell’autore toscano e vira verso una consapevolezza umana arricchita da una velata malinconia.
Non mi starò a dilungare nel raccontarvi la trama o menzionarvi situazioni comiche che poco renderebbero il corpus del film,dico solamente che questo film mi ha “toccato” particolarmente,con la sua tristezza,con la presa di coscienza di un regista che,arrivato a fare dei bilanci ne esce “forse” un poco abbattuto,triste,graffiato da sentimenti che trasporta sulla pellicola andando a toccare il punto più alto dell’essenza comica ovvero la drammaticità.
Si astengano dalla visione aficionados del primo Pieraccioni,cercatori di comicità pura,fans di film natalizi.
Visto anch’io in dvd, non sono del tutto d’accordo con Scerba, a mio avviso Pieraccioni cerca di tornare a certe atmosfere di paese tipico de Il Ciclone, che comunque come film tanto stupido non era, oltre ad essere divertente e ad avere ritmo. Qui il divertimento e il ritmo è solo nella prima parte, poi si perdono entrambi e il film ne risente. Anche perché la storia è a dir poco convenzionale e tipica del panorama cinematografico (basti pensare a Siamo uomini o caporali di Totò, solo per dirne uno), e non basta il bel controno di attori/comparse di cui si attornia Pieraccioni: oltre al classico Massimo Ceccherini troviamo Rocco Papaleo, Tony Sperandeo, Francesco Guccini e un simpatico cameo di Pistarino. Perché sì c’è drammaticità, sì c’è consapevolezza, ma non basta a coprire episodi imbarazzanti come quello del canotto (che riprende il motorino de Il Ciclone), e non basta metterci uno schiaffo in piscina per vantare una citazione a Una Vita Difficile (come piaggescamente suggerisce l’intervistatore negli extra), il Risi Amaro era di ben altro spessore. Peccato perché è sì un film garbato e non volgare, come nella becera tradizione dei cinepanettoni, ma a mio avviso perde proprio in fase di ritmo.