Via le sciarpe, ultima ingiustizia a Gabbo

Hanno tolto tutte le sciarpe all’autogrill maledetto di Badia al Pino; hanno riverniciato il cordolo per cancellare le scritte; hanno coperto di vernice gli adesivi delle tifoserie. E’ l’ultima ingiustizia perpetrata nei confronti del tifoso laziale, tragicamente scomparso la mattina dell’11 novembre. Quel tempio profano adesso non esiste più.

BADIA AL PINO - Chiunque passasse di lì, si fermava un attimo, osservava, si chiudeva in riflessione, dedicava un attimo della propria frenetica vita alla memoria di Gabriele Sandri. Quell’anonimo segnale autostradale era diventato una sorta di tempio profano; quel segnale era, per dirla alla Yeats, una bellezza terribile, perché, nato dalla tragedia della morte del dj laziale, aveva per una volta sottolineato il lato buono del tifo calcistico. Tutte le tifoserie, ma anche sportivi comuni, appassionati, gente ignara di cosa sia un pallone: tutti, in una parola, s’erano uniti nel ricordo del povero ragazzo ucciso mentre andava a vedere la partita. I ragazzi della Valdichiana, al pari di chi scrive, s’erano affezionati a quel tempio consacrato al calcio ed alla memoria del ragazzo ucciso; l’avevano visto crescere, di giorno in giorno, di settimana in settimana. Prima qualche sciarpa, poi una marea di sciarpe, che copriva tutto il segnale; ma anche bandiere, vessili, adesivi, scritte a pennarello, addirittura abbonamenti di chi col calcio, dopo quella mattina dell’11 novembre, aveva deciso di chiudere. Ed i tifosi di pallone s’erano commossi più degli altri, non solo perché coscienti che al posto dello sfortunato dj potevano esserci loro, ma anche perché conoscevano l’umore di chi si prepara a vedere una partita dei suoi beniamini, un sentimento di gioia e di attesa che tutto merita fuorché l’essere stroncato in quel modo.

Oggi quel segnale è tornato ad essere anonimo. E’ tornata, quella scritta, “Firenze”, che sa d’amaro come poco altro. Via le sciarpe, via le bandiere, via tutto. Riverniciato (in malo modo, peraltro), anche il cordolo in cemento, si sono volute togliere anche le scritte che onoravano la memoria di Gabbo. Il tempo della memoria è finito, a quanto pare. Forse il nostro Paese vuole che si dimentichi presto una pagina nera della storia calcistica (e non solo) italiana. Forse non c’è spazio nemmeno per una lacrima, per un sentito e commosso momento di riflessione. Forse a qualcuno ha fatto male vedere tutta questa partecipazione, l’unirsi univoco di chi di solito è diviso da una rivalità pallonara. Vorremmo sapere perché. Vorremmo sapere se c’era davvero bisogno dell’ultima ingiustizia nei confronti di un ragazzo, partito per andare a vedere una partita e mai più tornato a casa. Un ragazzo che ha visto svanire la sua vita, la sua felicità, la sua fede in un anonimo parcheggio di un autogrill aretino. La passione della gente aveva fatto sì che, perlomento, quel luogo non fosse più anonimo. Adesso è tornato ad esserlo. Perdonaci per l’ennesima ingiustizia, Gabbo e… speriamo sia l’ultima.