A Venezia muore un'estate - Largo retorno (Pedro Lazaga, 1985)

L’assunto di base è così assurdo che non riesco a capire se questo film mi sia piaciuto oppure no.

Nel primo tempo del film assistiamo allo sbocciare e all’evolversi di un amore travolgente tra un architetto ormai maturo ed una giovane studentessa universitaria, che culmina in un felice matrimonio. Dopo poco però lei comincia a stare male e le viene diagnosticata una malattia incurabile che la porterà via nel giro di pochi giorni. Mentre è in stato di incoscienza il marito decide insieme al medico curante di criogenizzarla nella speranza che in futuro si trovi una cura per la sua malattia.

È da questo punto in poi che il film mi mette in crisi, perché da un lato continua a restare toccante e coinvolgente sotto l’aspetto emotivo, dall’altro l’ipotesi proposta ed i suoi sviluppi sono così inverosimili che si continua a fuoriuscire dalla diegesi e si fa obiettivamente fatica a prenderlo sul serio.

Gradevole anche la magnifica caratterizzazione '70 che emerge sia da dettagli della quotidianità (il proiettore di diapositive, il dottore che ti offre la paglia quando ti accomodi nel suo studio in ospedale), sia da elementi di come immaginavano allora il futuro (nel 2014 i medici hanno camici che assomigliano a quelli degli astronauti, le finestre sono a forma di oblò e le poltrone hanno il tipico design “a uovo”).

Visto in un riversamento della vecchia CVR che debbo dire aveva davvero una buona qualità video.

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