Across the Universe (musical beatlesiano)

Diversi motivi mi hanno portato in sala ieri sera a vedere questo film:
1- avevo letto e sentito pareri superpositivi, anche entusiasti, che parlavano addirittura di meraviglia delle meraviglie e capolavoro.
2- un musical basato interamente su canzoni dei Beatles può essere piacevole e facilmente digeribile anche da chi non mastica volentieri questa forma d’arte.
3- location a me particolarmente care, new york e liverpool e periodo storico sempre interessante, gli anni 60.

La storia è semplice, non spoilero ma non rivelo nemmeno tanto:
Jude è un giovane operaio di Liverool che molla tutto e va in america. Siamo negli anni 60. Conosce un tizio e sua sorella Lucy, cui è morto il ragazzo in Vietnam. Vanno tutti a vivere in una specie di ostello nel greenwich village di NY, siamo in pieno fermento politico-culturale. Jude inizia a dipingere. Il suo amico parte militare e Lucy si unisce a degli attivisti pseudo-pacifisti. Nell‘ostello ci sono pure la padrona (una simil Janis Joplin e il suo chitarrista, in sostanza Jimi Hendrix.
Jude tornerà in patria quando si rende conto che a Lucy interessano di più i cortei che il suo amore.
Ma alla fine…

Il film è in gran parte recitato (sempre per chi non amasse i musical), ci sono alcune sequenze oniriche e bizzare, molto da video-clip e un simpatico cameo di Bono Vox che canterà un paio di canzoni.

Gli attori sono bravi, ed è un’ottima cosa per il film. Il protagonista mi ha ricordato Jake Gyllenhall ma in meglio, meno sfigato. Il suo amico è il sosia di Kurt Cobain. e‘ identico (se ne ricordi chi deve fare un film sui Nirvana). Lucy è la protagonista di Thirteen ed è molto carina (ricorda Chloe Sevigny), anche i non protagonisti sono ottimi.

Ma nonostante sia un film discreto e gradevole, non è di certo un capolavoro! Poche cose negative in fondo, forse una scelta di canzoni con grande maggioranza di lenti, forse il fatto che i pezzi dei Beatles erano cantati un po’ con quello stile da “musical” che abbruttiva le canzoni. Mi aspettavo troppo forse. Avevo sentito dire “visionario!”, ma non si abusa un po’ troppo di questo termine? cazzo se devi rappresentare un trip in acido devi per forza di cosa fare qualcosa di strano! non è che se usi 2 luci colorate, 2 coreografie, 2 effetti digitali… taaaac: diventi visionario. (si dice anche di Gondry… bah…).

voto? 7- (per qualche sbadiglio di troppo)

di fronte al ‘montaggio analoggico’ di “with a little help from my friends”, nel cui finale omaggiano la versione di joe cocker a woodstock, con Joe Cocker vero che si mangia una cosetta come “Come together” in un boccone, c’è solo da inchinarsi.

Verissimo, l’ho pensato anch’io. Perché non hanno preso lui invece di quella scamorza del film di Van Sant?

che la santissima trinità lisergica (magical mystery tour-ken kesey-merry pranksters, tutti ampiamente omaggiati nel film), ti perdoni quest’eresia.

joe cocker! me l’ero scordato! vero! il suo cameo è fenomenale e anche l’omaggio è ben riuscito.

riguardo alla visionarietà invece forse non mi sono spiegato.
quello che volevo dire è che in molti posti si sente e si legge: film visionario! regista visionario! e ultimamente lo si sente un po’ troppo spesso.
a me pare scontato usare certi effetti, certi giochi di luci, certi trucchetti quando si vuole rappresentare un viaggio lisergico oppure situazioni oniriche e sognanti. quello che si vede nel film rende l’idea ed è ben fatto ma non è nulla di nuovo. quelle cose erano visionarie quando venivano realizzate 40 anni fa (e si vedevano). ora mi viene i mente il “trip” colorato che si vede in 2001, tanto per citarne uno. quello che si vede nel film across the universe è carino ma niente di rivoluzionario. ecco, come musical ho trovato più innovativo e visionario (se mi passate il termine) moulin rouge di questo.
ho citato anche Gondry perchè anche il suo cinema non mi pare così rivoluzionario. non basta un cavallo di pezza che prende vita a farmi gridare al miracolo. come non mi basta un effetto di solarizzazione su un magical mystery autobus.