American Sniper - Clint Eastwood, 2014


Pagina IMDB

Film tratto dall’autobiografia di Chris Kyle (interpretato da Bradley Cooper), narra le vicende di un cecchino americano impegnato nella battaglia al terrorismo in Iraq, facendo spola con casa sua negli Stati Uniti.

Nel complesso non mi ha entusiasmato. Durando appena 2 ore il film non riesce ad approfondire in maniera adeguata i rapporti che Kyle man mano instaura col fratello, i colleghi e la moglie ed essendo un film non solo d’azione ma anche, se vogliamo, di approfondimento psicologico del personaggio, ho trovato la cosa abbastanza assurda.
Le scene di guerra sono invece ben girate (specie quella nella tormenta di sabbia, davvero eccezionale) e l’inizio del film è davvero angosciante.

Visto anch’io, l’ho trovato un film di cronaca, ben fatto, in omaggio a questa persona. Alla fine non mi ha lasciato granche’ in testa e penso non sia neanche il suo scopo stimolare riflessioni critiche generali sulla guerra. Puro omaggio al defunto cecchino e per esteso ai militari americani.

essendo un film non solo d’azione ma anche, se vogliamo, di approfondimento psicologico del personaggio
Il film a me sembra tutto fuorché psicologico, impostato com’è su uno sguardo schiettamente comportamentale (come il cinema di Hawks, per dire). Il retroterra del personaggio non è tratteggiato certo attraverso un’analisi psicologica (la scena con lo psichiatra mi sembra programmatica, visto che il protagonista rifiuta qualsiasi analisi), ma soltanto mostrando concretamente alcuni comportamenti indicativi: il rapporto con la religione, l’immaginario western, l’autorappresentazione fumettistica, la confusione fra realtà e videogioco (i vari capitoli sono presentati come fossero dei livelli successivi). Per me è un capolavoro, ma vi avverto che personalmente considero tali anche Invictus e J. Edgar :smiley:

Visto la settimana scorsa: per molti aspetti complementare all’inferiore (ma bellissimo) “The hurt locker”. “Guerriero” ma non guerrafondaio, “militare” ma non militarista: Eastwood ancora una volta fa Cinema Umanista, magistrale. E Cooper, adeguatamente ingrossato (e un po’ ingrassato. .), è perfetto.
P.S. Clamoroso e inaspettato il successo commerciale: nei primi 11 giorni di programmazione, oltre 12 milioni di euro d’incasso. Dai, che il pubblico sta cambiando. .

Nonostante alcune polemiche (e un articolo vergonoso uscito sul Fatto Quotidiano di oggi, dove Federico Pontiggia definisce il film conservatore e reazionario. Conservatore…ok: ci può stare, Eastwood questo è. Reazionario…significa non capire un cazzo del film in questione, e più in generale della personalità del regista!), è candidato ai prossimi Oscar come miglior film e miglior attore protagonista (nonchè per sceneggiatura non originale, montaggio, sonoro). Certo, inserire il carneade Morten Tyldum (CHIIIII??? Il cugino di Keyser Soze, suppongo…) nella cinquina dei migliori registi anzichè “old Clint” è ridicolo…

Deludente come, peraltro, gli ultimissimi film di Clint Eastwood (regista che adoro): ottimi materiali ed interpreti ma, ovviamente, non bastano da soli a fare un grande film . :frowning:
Ottimi ritmo e fotografia, come straordinariamente realistiche le ambientazioni: ma insufficienti a qualcosa che, a mio avviso e con alcuni accorgimenti, poteva restare memorabile ed indelebile come invece non é accaduto lasciandoti al contrario senza entusiasmo. :confused:

Mi sembra un punto di vista interessante, ma secondo me lo sguardo è comportamentale solo parzialmente. Così come per molti film di Hawks, la messa in scena concreta delle azioni è compensata da un racconto romanzesco (seppur, per fortuna, non sensazionalistico) dei personaggi.
American Sniper non è Bresson o Rossellini, è solo una versione meno partigiana di un certo tipo di cinema eroistico americano. Il successo inaspettato del film mi fa pensare che, per la massa, sia stata una pausa dai supereroi per indentificarsi, comunque, con un eroe.

Quando parlo, però, di scrittura romanzesca, mi riferisco a molti passaggi davvero stereotipati:

La parte iniziale con il padre di Chris e la lezioncina a tavola;
La crisi del reduce che si manifesta al barbecue;
L’ultimo quadretto familiare di Chris-moglie-bimbi, trita e semplicistica messa in scena della quiete prima della morte

Resta comunque un film, per me, inattaccabile dal punto di vista ideologico, per quanto sia chiaro come la realtà della guerra sia filtrata dall’occhio soggettivo nel mirino del protagonista.

per quanto sia chiaro come la realtà della guerra sia filtrata dall’occhio soggettivo nel mirino del protagonista.

So che ci muoviamo in un terreno quantomai sdrucciolevole, ma il ricorso sistematico alla soggettiva per me rientra abbastanza bene nell’ottica comportamentale, nel senso che Eastwood ci mostra lo sguardo del protagonista sulla guerra, ma non necessariamente ci invita a condividerne la prospettiva morale. Del resto, non iniziava in soggettiva anche Dirty Harry, con il punto di vista del serial killer appostato sul tetto?
Mi rendo conto però che la questione è complessa, perché la prospettiva critica sul personaggio rischia per molti spettatori di essere offuscata dal coinvolgimento nell’azione, come si trattasse di un videogioco. Un’ambiguità che secondo me fa parte della ricchezza del film, ma che può benissimo disturbare o essere fraintesa.

Sì, è vero. O potenzialmente vero.
Eastwood, inutile ricordare il dittico Flags e Letters, dà non poca importanza alla molteplicità dei punti di vista su un conflitto.
Qui, mi sembra giustamente, dichiara fin da subito di raccontare una storia soggettiva e umana, non di guerra.
Lo stesso cecchino nemico Mustafa, possibile incarnazione del male assoluto, è mostrato in alcuni brevi momenti nella sua umanità (la scena in casa con le foto dei suoi passati olimpionici).

Per me, ma possibile che non abbia letto a fondo il film, tutto questo non è sufficiente per indicare una complessità specifica del film, che mi sembra solido, ma privo di spunti linguistici e tematici particolarmente potenti.

Il personaggio di Mustafa mi sembra una delle tante ambiguità, anche destabilizzanti, che alla fine rendono il film potente e a suo modo complesso. E’ chiaro che su questa figura di ex campione si potrebbe in teoria costruire un film speculare (come appunto per Iwo Jima), tanto più che il personaggio in sé mi sembra molto più tragico ed eroico del cecchino americano. Al tempo stesso, ricordo però che quando vidi il film in sala si scatenò un fragoroso applauso durante la scena risolutiva del “duello”: segno che una parte del pubblico avevo percepito il personaggio come un’autentica incarnazione del male? Subito dopo del resto parte la scena della tempesta di sabbia, che io ho interpretato anche come un’allegoria di una guerra che si vorrebbe “intelligente” ed invece è solo caotica. Lì al contrario ho notato una momentanea frustrazione del pubblico in sala, che per un attimo è rimasto senza punti di riferimento, perdendo quel punto di vista privilegiato (ma ristretto) con cui aveva seguito fino a quel punto il suo “eroe”.

Anche nel mio caso, boato da stadio in quel momento. Chiaro segno di quanto la gente sia circuibile con la favola del “male assoluto”.

L’autobiografia di Chris Kyle, alla base del film, l’ha letta qualcuno?

Interessante la vostra discussione, condivido l’interpretazione del personaggio Mustafa, umanizzato efficacemente dalle poche e semplici inquadrature sulla vita privata che avete citato. L’idea penso sia di fare un distinguo tra cattivi “nobili” e cattivi “banditi”, attraverso la contrapposizione con il boss che ammazza il figlio del traditore, per dare l’esempio agli altri. A dire il vero a me il discorso convince poco, perchè in guerra fare i distinguo è pericoloso, soprattutto su popoli che hanno mentalità e valori abbastanza distanti dai nostri, ma tant’è, è già un passo avanti non da poco rispetto a tanto cinema di propaganda, ed anche rispetto a quello all’opposto eccessivamente buonista.
Probabilmente i boati della platea alla morte di Mustafa derivavano dal non cogliere questo tentativo di Eastwood, e dal percepire solo “squadra A-buoni” “squadra B-cattivi” :wink: oppure anche da chi semplicemente stava fruendo il film come una pellicola d’azione, inframezzata da inutili tempi morti.

A me è piaciuto, m’ha ricordato quanto raccontava Peckinpah sui soldati di mestiere (incapaci di fare altro nella vita, dipendenti dalla violenza e dalla guerra come da una droga). Accusarlo di militarismo mi sembra una fesseria, l’incipit è terribile e lontanissimo da qualsiasi tentativo di rendere la guerra attraente; mi è piaciuta molto la parte del duello con l’altro cecchino, è evidente il tentativo di metterli sullo stesso piano (a me risultava perfino simpatico, non lo vedevo come il Male ma come un soldato. Uno che ha famiglia e una vita sociale, proprio come il protagonista). La biografia non l’ho letta, so da quanti vi si sono accostati che il personaggio reale era molto più fascistoide di quanto la sceneggiatura lasciava intuire. Non che abbia importanza, per la fruizione del film.

Asoultamente d’accordo. Una sola perplessità:

Nelle due occasioni nelle quali Chris si ritrova a dover uccidere o meno un bambino, in entrambe le situazioni fa la scelta giusta. Ecco, questo mi è sembrato un po’ semplicistico, o comunque un tentativo di parteggiare per ‘i buoni’. Perchè se è vero che il cecchino Mustafa è ritratto in maniera sobria, bisogna riconoscere che ci sono delle scene violente e feroci con il macellaio che tortura un bambino e ne uccide il padre. Mentre Chris e gli americani non uccidono nessuno senza ragione…

Veramente, la prima volta ammazza il bimbo e la madre. Tanto giusta come scelta non mi pare… è la seconda volta che le circostanze glielo impediscono ma la verità è una: esita perché è diventato papà. Ovvero, non ha più un bersaglio davanti ma un essere umano, non riesce a non pensarci. Agghiacciante. Sul macellaio, oh, i Talebani le facevano e le fanno davvero ‘ste cose; ora come ora, notizie di bimbi fatti a pezzi e seviziati dagli Americani in Afghanistan non ne ho sentite, a differenza di quanto avveniva in Vietnam. Chiaro che se dovesse saltar fuori sarebbe compito del cinema di questo tipo mostrarlo ma fino a prova contrari non è che Clint possa inventarsi le cose. Un po’ come quando, in Flags Of Our Fathers, Spike Lee pretendeva che piazzasse un soldato di colore sulla collina.

Sì, certo. Intendevo dire che, sparandogli, fa la scelta giusta perché altrimenti il bambino avrebbe ucciso i compari di Chris.

Per il resto sono d’accordo su quanto scrivi e, come già detto, comunque il punto di vista è quello di Chris quindi non è che Eastwood si prenda il compito di raccontare oggettivamente la guerra. Quando citavo le due scelte di vita e di morte di Chris, volevo sottolineare che il regista, facendolo sempre comportare nel modo corretto, spinge lo spettatore a empatizzare con il protagonista. Non dico sia una linea sbagliata, ma è un dato di fatto.
Riguardo alle violenze degli americani in guerra, un film come Redacted ci era andato giù duro. Ma sono comunque due idee di cinema distanti.

volevo sottolineare che il regista, facendolo sempre comportare nel modo corretto, spinge lo spettatore a empatizzare con il protagonista.
Non sono del tutto d’accordo, nel senso che per me le scelte del protagonista non sono implicitamente presentate come corrette (semmai, come automatiche), tanto più che la sua resta sempre una comprensione molto limitata della realtà che lo circonda. Alla fine quest’uomo diventa una leggenda semplicemente perché punta e spara (click & play), non certo per qualità morali o eroiche. Nella scena in cui non uccide il bambino, io ho avuto l’impressione che avesse addirittura perso qualsiasi uso del libero arbitrio, trasformandosi in una macchina per uccidere: anche se volesse, ormai non può scegliere di non sparare, può solo pregare che la situazione non lo richieda. Siamo agli antipodi rispetto al Sergente York.

Non lo so, è possibile.
Però a Chris è continuamente ripetuto che sta a lui scegliere se sparare o meno. E, a conti fatti, sceglie sempre quello che è corretto fare. Non credo che lo faccia automaticamente, ma che la sua visione della situazione prevalga. Io non nego che il vero Chris si sia realmente comportato così, ma nel film è comunque dipinto come un combattente coraggioso sempre e comunque (decide persino di scendere dai tetti e fare le perlustrazioni delle case, rischiando maggiormente di perdere la vita).
Il personaggio è comunque tratteggiato senza facili eroismi, ma le azioni, in qualche modo, sottolineano quello che i dialoghi non dicono.

Poi, come ho già scritto, per me i problemi del film sono comunque non contenutistici, ma di linguaggio.