Il film sul Football, con articolo determinativo. Nonostante il linguaggio ultratecnico e il continuo ricorso a schematismi di gioco che un profano non comprende, si viene comunque risucchiati dentro a piena potenza. La potenza è proprio la cifra del film, tanto che quando si arriva al climax del film si è praticamente pronti a versare la lacrimuccia di totale ed incondizionata adesione (sto naturalmente parlando del discorso motivazionale di coach D’Amato/Al Pacino, dal 1999 proiettato in loop in qualsiasi società sportiva del globo).
La NFL ha boicottato in ogni modo la pellicola, aspettandosi bordate e roncolate polemiche da Stone, tuttavia giocatori ed allenatori hanno partecipato a frotte, impersonando ruoli minori e cameo. Il cast è fenomenale, ed è buffo pensare che Al Pacino sia stata la terza scelta dopo i rifiuti di Robert De Niro e Henry Rollins (!), e che al posto di Jamie Foxx sarebbe dovuto esserci P. Diddy (che con lungimiranza pensò di non essere troppo credibile come tostissimo quarterback).
Riprese in campo piuttosto innovative per l’epoca. Come spettatori, non vediamo la partita dall’alto, o dagli spalti, siamo fianco a fianco ai giocatori, la visuale è quella ad altezza casco, le botte le prendiamo (e le diamo) anche noi. Verismo e sangue sono le parole d’ordine (fino all’eccesso un po’ kitsch del bulbo oculare depositato sul manto verde).