Autobiografie (o testi autobiografici) di registi-bis italiani

Senza andare fuori topic, colgo qui l’occasione per ricordare altre autobiografie (o testi autobiografici) di registi-bis italiani. Vado a memoria e alla rinfusa. Mi aiutate?

Mario Caiano
Vittorio Salerno
Osvaldo Civirani
Giulio Questi
Dario Argento
Riccardo Freda
Bitto Albertini
Corrado Farina
Carlo Ludovico Bragaglia
Ernesto Gastaldi
Lucio Fulci (testi vari con qualche spunto autobiografico)
Roberto Pariante (storico aiuto-regista, e regista di un telefilm)

(…)

C’è quello di Lenzi, recentissimo…

Pupi Avati - La grande invenzione…devo ancora togliere il cellophane dal libro

Anche Pupi Avati ha pubblicato un’autobiografia presso Rizzoli.

Ce n’è pure uno misteriosissimo su Sergio Pastore, scritto da Giovanna Lenzi.
Comunque poi splitto il topic.

Ordinato proprio l’altro giorno, ma è scritto dalla figlia non dalla moglie…

Veramente il libro di Lenzi non è, a rigore, un’autobiografia, in quanto firmato da altri e non da Lenzi stesso. O no?

Pupi Avati lo considerate un regista bis?

No, personalmente.

Io ho il libro di Pasquale Elia Palumbo, “regista” del fondamentale La polizia brancola nel buio.

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Oddio, La casa dalle finestre che ridono, Zeder, Il nascondiglio, Tutti defunti tranne i morti film di genere lo sono sicuramente. Che poi abbia anche altre ambizioni, in alcuni suoi film, non cambia il fatto che venga apprezzato dagli amanti del cosiddetto cinema bis. Del resto, anche Questi tentava di “intellettualizzare” le sue opere.


Mi sembra contenga anche parti auto-biografiche ma non l’ho ancora preso… probabilmente Giorgio ne sa di più.

Anche se siamo OT, direi che se aggiungiamo Balsamus, Bordella e La mazurka… rientriamo nel “lato oscuro del cinema italiano”.
Successivamente il prolifico bolognese si è diretto verso il “mainstream”, come direbbe il nostro amico Giulietto Chiesa.
Poi bisogna intendersi sul significato del cosiddetto “cinema-bis”: fare film di genere non vuol dire necessariamente farne parte. Ad esempio Il nascondiglio secondo me non è da classificarsi in tal modo. Cioè, per me cinema-bis non vuol (non voleva, perché il fenomeno è relegabile al passato) dire fare film di genere, ma altro.

Per tornare OT, dico che prenderò il libro (in modo tale giustifico il post :D)

Diciamo che Avati ha avuto e ha pretese da cinema “alto” ma non disdegna il cinema popolare, quantomeno sul versante horror. Per cui, un certo legame col cinema di genere ce l’ha; citavo Questi perché anche lui nominalmente avrebbe fatto film “da bancarella” ma il cinema bis lo odiava dichiaratamente e lo usava per inserire divagazioni intellettuali (insomma, Avati giocava a fare l’autore e poi sfornava cinema bis; Questi giocava a fare cinema bis e sfornava roba “d’autore”). Del resto, vale anche per altri registi: Pier Carpi era un intellettuale col pallino dell’esoterismo ma è innegabile che Un’ombra nell’ombra rientra nella tradizione del cinema horror/ satanico de’ noartri.

Ce l’ho anch’io ma non lo ancora letto. Pare che il compianto Palumbo, in arte Eliop, non abbia speso una pparola sulla sua esperienza registica (mi vien da chiedere come mai?)

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