All’ennesima visione del film, che per me comunque rimane un capolavoro ed un must assoluto, ho notato alcune incongruenze legate al “sacchetto delle medicine” della nonna di Mimmo. In particolare nella scena in cui Mimmo va a prendere la nonna (Sora Lella) mette la lista delle medicine che gli dà sua zia dentro il sacchetto (lo si vede chiaramente) e poi ripone in maniera disattenta il sacchetto stesso sul tetto dell’auto poichè si deve smontare il sedile anteriore del passeggero per far sedere più comodamente la nonna di Mimmo affetta da dolori alle gambe. Questa lista però compare inspiegabilmente nelle tasche di Mimmo quando deve recarsi a comprare le medicine in farmacia nel momento in cui credono di aver dimenticato a Verona o smarrito il sacchetto. Tanto che la “riapparizione” miracolosa è accompagnata dalla frase di Mimmo che dice: “Menomale che me so tenuto sta lista!”. Anche il sacchetto sul tetto dell’auto appare e riappare a piacimento. Infatti una volta messo sul tettuccio dell’auto, non è visibile nella scena immediatamente successiva (di cui allego lo screenshot) in cui si vede l’auto ripresa da dietro, per poi riapparire incredibilmente legato al sedile nelle scene in cui nonna e nipote si appropinquano a recarsi in farmacia.
Direttamente dalla pagina Facebbok “Carlo Verdone Fans” ecco di seguito il testo del monologo finale in dialetto lucano di Pasquale Amitrano.
<<E io volev’ dì adess sultant’ ‘na cosa ce devo dicere! Io ‘ndat Germani busc’ de cul, va bin’? Attempo’ aiu scificatu! I’ ppart’ di German, cue sciuft’el. Arriv’ o Pass’ d’o Brenner’, cett’e cose, ‘a… ‘a rad’ cu i cassett’… jet afferit’. Arriv’ pan’ata cos’, ariprende n’ariglione, arisciutu tuttuquandericose eccet d’e cose… tuttu quand’: ‘e borchie? Nun fa’ gnent puru quell! Arijut ‘nd’a machin’a icciut tuttuquandcose eccetuttuquancettdquandquaricose e cettuttuquandquaricosevote aiui d’i pacch’, pacchett’ d’u sup’rmarket ehh… gnend, arrivatngerdpunt ngerpiddì. Ariparingend ariv’ ad Orvieto, ariccose, iliò, ‘u sedil’anderior’ ecceter, vabbè, u parabrezznderior, i tergicristalli, termnand’ u fanalin’. A po pssand ghieat’ cosìccet’ ce po’ fa’ pur’io chi c’è nu pover’ disgraziat’ ca nunpotinegarinneniend, e unzipotiredigar, - no io so stat’ sfortunato eccitpadcos. E allora voi nun me potete fare niende, eccet, sapete che vi dico? Sapete che vi dico? Che andate a pijiare tutti quandi inder culo. Va bene ??
Arivederci!>>