E’ una grandissima baracconata, però è una baracconata che mi sono divertito a guardare, con lo spirito giusto, quello di chi si aspetta di vedere “solo” un film di exploitation. Ovvi i riferimenti a Tarantino e Rodriguez, ma la filiazione più diretta di un’operazione del genere, a mio avviso, appartiene a Russ Meyer. Non è solo un fatto di tette: le dimensioni ok, infatti “contano”; il deserto; le donne dominatrici e calcolatrici, in tutto e per tutto superiori agli uomini, intellettualmente nel 100% dei casi, e molto spesso anche fisicamente; i riferimenti a Faster, Pussycat! Kill! Kill!; una filosofia smaccatamente exploitation, ovvero pochi elementi e sfruttati al massimo, solo che nel caso di Meyer i pochi elementi erano dovuti ad un budget minimale, nel caso di Bitch Slap si “fa il verso a”, ovvero si finge di realizzare un film con poco avendo in realtà tanto in cassa, ma applicando filologicamente i principi dell’estetica meyeriana. Un esempio? I fondali fintissimi dei numerosi flashback che interrompono la trama principale; i personaggi sono in primo piano mentre lo sfondo è costituito da una pacchianissima ambientazione “grafica” ricreata da un green screen, la cosa si vede lontano un miglio, ma l’effetto posticcio è voluto, poiché Bitch Slap è un fumetto e come tale vuole essere letto dallo spettatore. Jacobson si diverte parecchio con lo split screen, che splitta in 2, 3, anche 4 parti, altra eclatante eco dei fumetti.
Divertenti i cameo di Kevin Sorbo, Lucy Lawless e Renée O’Connor (due suorine da ridere). Ad Eric Hurst invece (lo Iolao di Hercules) è affidato un ruolo di una certa importanza nel film.
Chiaro che il gioco sia tutto rivolto al citazionismo, però è dichiarato, non è che si cerchi di “rubare” idee altrui, le similitudini e gli omaggi vengono gridati platealmente. Si pensi alla Cummings agente Foxy 69 della Flash Fox Service (e viene in mente una certa Foxy Brown…)
Ovviamente i cliché ci sono tutti, seni enormi, auto rombanti, megamitra esplosivi (quello che trova Erin Cummings ricorda molto da vicino quello di Ripley in Aliens, e forse ne è una sottile citazione), allusioni sessuali a go go, doccia con cascate d’acqua su femmine sudaticce e impolverate, momenti lesbo e super combattimenti che vanno ben oltre il catfight. Qui le signore non si prendono a unghiate o per i capelli, ma si corcano di mazzate proprio come in un film di Van Damme; la coreografa degli stunts è Zoe Bell, quella dei due Kill Bill e di Xena, un donnone che ti organizza delle scene di lotta a base di arti marziali, cazzottoni, calci rotanti e atletismo olimpionico. Quelle di Bitch Slap hanno l’ardire di essere le migliori scene di combattimento femminile mai viste al cinema, e se tali non sono, si avvicinano parecchio all’obbiettivo.
Il perculamento di un film del genere è chiaro sin dall’inizio, quando i titoli di testa scorrono sui fotogrammi di film del passato più o meno recente che hanno avuto tra le protagoniste grandi donne bellicose e volitive, come a dire, questo è un film dalla parte delle donne; poi però vedi tette a tutto spiano per 100 minuti (versione extended vietata ai minori di 18 anni), e i titoli di coda, anziché mostrarci ancora eroine e suffragette, scorrono su natiche e bikini che si dimenano durante spogliarelli porchi. Ironia a secchiate, anche se di bassa lega.
Interessante anche il comparto extra del dvd, con interviste (tra le quali pure una alla Lawless e alla O’Connor, sempre vestite da “suore”) e uno speciale sullo molestie sessuali tenuto da Kinki (personaggio minore del film, la giapponese svalvolata), ma non per imparare a prevenirle, semmai per imparare a farle, nel migliore dei modi, secondo le tecniche più avanzate e con soddisfazione garantita. Stupendo anche il backstage, con un tizio che a mo’ di Piero Angela fa tutta una disamina intellettual-sociologica sul film, mettendo in fila una serie di antani e supercazzole micidiali, concludendo che alla fine Bitch Slap è un gran film di tette e pistole (una sorta di parodia delle critica chic applicata ad un film grezzissimo come Bitch Slap).
Le tre super maggiorate del film, a dirla tutta, non sono neanche 'sto granché, o meglio Erin Cummings lo è, delle tre è il tipo burro e margarina che a me piace molto, per altro con degli occhi da gatta che te li raccomando. Le altre due, al netto delle tette ovviamente da primato, secondo me non sono poi bellissime, ma semplicemente d’effetto. Curioso che non sia stata prevista una bionda, visto il ricorso agli stereotipi un tanto al chilo; Jacobson ha optato per una mora, una castana e una roscia.
Colonna sonora adeguata allo scatafascio, con brani metal e anche death metal in grande evidenza (ma durante la prima sessione di botte tra la Cummings e la Olivo c’è una musichetta techno che cita platealmente “Smack My Bitch Up” dei Prodigy, assolutamente in tema).