Ho appena terminato il primo cofanetto e quello che leggerete qui sotto farete molta ma MOLTA fatica a crederlo:
l’ho interamente visto in LINGUA ORIGINALE SENZA ALCUN CACCHIO DI SOTTOTITOLO.
Per uno che l’inglese non lo sa, si tratta di un’impresa mica da ridere. Per uno che invece l’inglese l’ha studiato, si tratta del trionfo del detto: “prendi l’arte e mettila molto da parte”. Ovvero: tutto ma proprio tutto quello che ti hanno insegnato al corso di inglese ora te lo dimentichi e senti un po’ come parlano questi!
Ho provato a scattarmi qualche foto mentre ero alle prese con le primissime puntate: ebbene, le mie espressioni facciali assomigliano moltissimo a quelle di un mio conoscente londinese al quale, dopo una decina di sudatissimi anni di studio dell’italiano, è stato mostrato un film in cui recita Troisi.
E voi immagino sappiate che sono in molti a credere (è necessariamente un atto di fede) che negli Stai Uniti si parli inglese esattamente come sono in molti a credere che Trosi recitasse in italiano.
Ripeto, si tratta certamente di curiosi atti di fede ed io stesso, sotto minaccia armata, potrei arrivare ad ammettere che l’induismo è del tutto simile al cattolicesimo, che Budda assomiglia a Bruce Lee o che - se preferite - Cristo s’è fermato ad Eboli dove pare si sia scolato un Tavernello prima di intrattenersi a briscola con una bagascia locale.
A parlare inglese, in tutto Carnivale, c’è forse un solo attore: quello che interpreta il cieco. Gli altri si dilettano con varie (ed eventuali) declinazioni di “americano”, alcune pure leggermente “anticate”.
Ho pure avuto l’impressione (“impressione” perchè, ripeto, io l’inglese non lo parlo) che questi differenti “americani” siano stati gestiti con un certo criterio filo & logico. Mi è sembrato, difatti, che ad una (probabile) superiore scolarizzazione del personaggio interpretato, corrisponda una parlata più “civilizzata”.
Ed è così che i più “comprensibili” rimangono gli uomini di chiesa, i leader dei circensi, le autorità locali etc.
Che sia vero o no quello che ho creduto io, resta però il fatto evidente che in questa serie ci si imbatte in un autentico armageddon di accenti i più diversi: vi ritroverete a seguire funamboliche chiacchierate fra Tizio (che esibisce un fortissimo accento del New Jerzey) con Caio (che invece ribatte col classico sbiascicato del Tennessee). E poi c’è il reporter che parla in californiano ed i prelati che potrebbero essere stati indottrinati nel New England. E poi ancora ci sono i paesanotti che “grugniscono” come si fa in alcune parti dell’Arizona ed altri ancora che rispondono con una musicalità simile a quella in voga negli stati “del grano” etc. etc. etc.
Mi è capitato di imbattermi (in streaming sulla rete) nella serie interamente doppiata in italiano. Dopo una quindicina di secondi ho smesso: la qualità del doppiaggio è circa quella di un porno.
Comunque, se avete visto questo telefilm capendo molto di quello che van dicendosi 'sti simpaticoni, io vi invidio E NON SAPETE QUANTO.
Con l’invidia però la tavola non ce la si apparecchia e così succede che io vi devo raccontare qualcosa d’altro che sennò voi poi siete capaci di piantarmi un muso peggio di quello della commare secca quando s’è accorta di aver terminato l’Intimo di Karinzia.
Chi mi ha prestato questo cofanetto mi disse subito che si trattava di un prodotto notevole ma pure inquietante. E chi me lo ha prestato mi conosce bene. Difatti non ci giro attorno: questa serie è riuscita pure ad inquietarmi il sonno.
Ed il bello è che non c’è nulla - ma proprio nulla - di gratuito.
Non c’è sangue mostrato facilmente. Non c’è sesso concesso al puro voyerismo (ma anzi ci sono alcune rappresentazioni erotiche alquanto toccanti e poetiche), non si è pestato l’acceleratore nemmeno nella raffigurazione della violenza.
Tutte le regie sembrano perseguire una certa finezza di intenti anche se le emozioni non mancano assolutamente.
E’ innegabile che un intento marcatamente “art” permei interamente la serie (e, credo io, questo non ha giovato alla popolarità del telefilm) ma le botte allo stomaco ed alla testa sono piuttosto frequenti.
Ci sono poi alcuni attori molto in forma (e penso al monologo in crescendo di padre Justin) ai quali viene spesso lasciato uno spazio che è più uno “spazio film”.
Ci sono una fotografia ed una simbologia che viaggiano continuamente a braccetto.
Ci sono alcuni movimenti di macchina che mi hanno lasciato secco per come e dove sono andati a parare (e penso a quello all’interno dell’ala del manicomio).
Ci sono i personaggi, i “freak” con le loro freakerie, appunto.
Ci sono le situazioni.
Ci sono le disperazioni.
Sempre senza raccontarvi nulla, a paragone di molti film dell’orrore e/o estremi ai quali qui dentro vi siete dedicati, qui si raggiungono ben altri livelli. E senza mostrare nemmeno una scopata di feto.
Osservo poi che, oltre alle potenzialità artistiche di cui ho accennato, la produzione è davvero ricca.
I telefilm americani difficilmente si possono considerare “economici”, ma qui, se solo penso ai quindici milioni spesi per il film del Parenti, qui - mi chiedo - quanti ne avranno mai apparecchiati per tirar su due stagioni?