I due giganti del cinema fantastico anni 80: IMHO la sensazione è che siano stati rivali più che colleghi.
Entrambi hanno avuto rapporti di lavoro coi colleghi dell’epoca (Carpenter voleva Joe Dante per dirigere Halloween III, era amico di John Landis e Tobe Hooper, con cui ha fatto Body Bags; Spielberg fece Gremlins e altro con Joe Dante, con Landis fece una amichevole apparizione in Blues Brothers e Twilight Zone the movie, con Tobe Hooper fece Poltergeist). Ma tra loro due non ci fu mai collaborazione, solo distanza.
Carpenter pensava che Spielberg fosse debole, che non avesse il pieno controllo dei suoi film, come riferisce in questa vecchia intervista a proposito di Close Encounters.
Oppure sostiene non senza malizia, come Spielberg sia bravo a gestire i rapporti e gli affari ad Hollywood, mentre lui vuole solo fare ciò che ama, i film, come riportato in questa intervista a Starlog del 1988.
D’altro canto Spielberg evita lo scontro, e considera Carpenter come un buon regista di genere, alla William Castle, come dice in questo documentario su E.T.:
La resa dei conti tra i due avviene nelle sale dell’estate del 1982: il pubblico rifiuta La Cosa e abbraccia in modo gigantesco E.T.… Carpenter finisce K.O.
Quando si rialza frastornato, fa delle scelte filmiche che sembrano ripercorrere e allo stesso tempo fare il verso al percorso filmico di Spielberg:
nel 1983 dirige Christine, una macchina assassina che è a metà fra il camion diabolico di Duel e il vorace squalo di Jaws;
nel 1984 dirige Starman, la sua versione di Incontri ravvicinati con un alieno buono, una versione antropomorfa di E.T. e una apologia di La Cosa.
E nel 1986 dirige Grosso guaio a Chinatown, un’avventura fantasy scatenata come Indiana Jones, con un antieroe spaccone all’opposto di Harrison Ford ma invischiato in una avventura intrisa di magia orientale, come Temple of Doom, con il quale condivide l’uso dei neon come elementi scenografici.
Per Spielberg, rispetto massimo e sublime. Ma Carpenter, mi è più simpatico. Perché più sfigato. Commercialmente, e come stato di salute. E per aver fatto “La cosa” e “Il signore del male”. Ho scelto giusto 2 titoli 2, della sua filmografia…
Spielberg, dal talento innegabile, ha fatto parte del mainstream ufficiale, ha fatto film per bambini, di propaganda, eccetera, è sempre andato d’accordo con quelli che finanziano Hollywood. Carpenter, no, ha cercato di tracciare una sua strada andando spesso in conflitto con chi comanda, vedi “essi vivono”, ha dimostrato coraggio e combattività. Tra i due, senza sminuire le indubbie capacità di Spielberg, è Carpenter che preferisco, perchè il suo talento era proiettato più per l’innovazione e l’impegno sociale.
Spielberg però è anche Schindler’s List, non dimentichiamolo. Questo per dire che non è solo quel gran maestro dell’intrattenimento all’americana. Certo, lui ha scelto di essere forse il più grande mainstreamers di tutti i tempi.
Detto questo apprezzo di più Carpenter perché in ogni suo film trovo qualcosa di fortemente personale che non trovo in Spielberg.
Ecco appunto, il film di propaganda per beneficiare quelli che pagano ad Hollywood e ne segnano la linea. Film, al di là di questo, magistrale, sia beninteso.
Due registi geniali, che hanno seguito percorsi diversi. Certamente Spielberg si è inserito meglio nell’industria hollywoodiana, anche operando scelte astute per rendere i suoi film più appetitosi a un pubblico mainstream (vedi adattamento de Lo Squalo, che di fatto eliminò tante cose “politicamente scorrette” del libro che avrebbero potuto alienargli la simpatia del pubblico); Carpenter da questo punto di vista è stato più coraggioso, girare scene come quella con la bambina in Distretto 13 per forza di cose ti fanno diventare un regista “maledetto” ed è diventato consapevolmente anti-hollywoodiano. E’ la loro identità cinematografica, poi ovviamente le preferenze personali influiscono nello scegliere uno o l’altro (fra E.T. e La Cosa, preferisco La Cosa senza manco stare a pensarci). Carpenter non ama i compromessi, anche nei suoi giudizi su altri registi è molto lapidario (rammento stroncature senza appello su Roy Ward Baker e Herschell Gordon Lewis, fra le altre cose). Chiaramente, simili posizioni le paghi, non puoi piacere a tutti.
secondo me più che in conflitto, più per la sua, che è poi il vettore tematico onnipresente dell’assedio da fuori, da dentro o da entrambi.
comunque d’accordissimo la cosa gigantesco, ma quanto iperclassico è distretto 13? neanche mann, che pure è mann, lo è pari livello
comunque con ciò bisogna dare a spielberg quel che è di spielberg, che io trovo molto più grande laddove è minore: sugarland express, duel, prova a prendermi, the terminal
Spielberg già ai tempi in cui faceva televisione dimostrava il suo talento e l’ingegnosità di chi sa lavorare con pochi mezzi, vedi l’horror Il Signore delle tenebre che considero un gioiellino. Secondo me, è anche più bravo a dirigere gli attori ma bisogna ammettere che copioni e dialoghi hanno influito parecchio.
Due registi che hanno un’idea del cinema un po’ diversa.
Io ricordo un’intervista televisiva a Dario Argento che raccontava di una festicciola tenutasi negli USA alla quale parteciparono, assieme allo stesso regista romano, alcuni tra i protagonisti del cinema hollywoodiano e di come per lui si rivelò impossibile riuscire ad inserirsi nelle chiacchierate che si facevano tra colleghi, in particolar modo tra Spielberg e Lucas, dato che, suo dire, l’argomento principe era costituito solo ed esclusivamente dal denaro e non propriamente dal cinema come mezzo d’espressione.
Un confronto interessante in tal senso, giusto per farsi una vaga idea delle differenze di approccio al cinema, è dato pure dal cortometraggio di Wim Wenders Chambre 666 (1982), nel quale partecipa, tra tanti registi ospiti a Cannes, anche Steven Spielberg.
Faccio parte della schiera di chi considera John Carpenter come un regista che ha avuto di gran lunga più successo in Europa che non negli USA; per di più, aggiungo che pur essendo privo di una vera e propria poetica, contrariamente a Spielberg, ha dei temi ricorrenti nei suoi film, come ad esempio, il già sottolineato tema dell’assedio o la figura dell’eroe improbabile che, contro tutto e contro tutti, risolve situazioni drammatiche.
A mio avviso War of the Worlds è molto più un film di propaganda rispetto a Schindler’s List, film che considero sopravvalutato ma interessante e soprattutto, da vedere con molta attenzione…
Dal mero punto di vista cinematografico preferisco Carpenter.
Spielberg certamente è riuscito ad unire intrattenimento e capacità di far soldi (che alla fine della fiera è quello che conta in qualsiasi industria).
Potrei azzardare nel dire che Carpenter di suo è stato un regista “avanguardistico” sotto un certo profilo: ha lavorato durante un periodo in cui il pubblico (soprattutto americano) voleva vedere i lieto fine, l’eroe, la bella da salvare, il romanticismo d’accatto e tutte cose che potessero rincuorare lo spettatore.
Certamente la sua visione più incerta, dubbiosa (quando pessimistica) non era molto apprezzata mentre in questi ultimi 15 anni non avrebbe avuto nessun tipo di problema a mietere successi poiché le nuove generazioni hanno ormai abbracciato questo tipo di cinema più “oscuro” e tutto ciò paradossalmente ed ironicamente proprio grazie a registi come Carpenter che hanno gettato le basi per questo tipo di cinema senza però poterne cogliere i frutti.
Ah, poi volevo aggiungere che Carpenter è sopra Spielberg anche perché lui le musiche spesso se le componeva (ha anche pubblicato un paio di album con un suo gruppo personale).
Coming soon from FAB Press, Bringing Darkness Instead of Light: Conversations with John Carpenter is being billed as “the definitive book on the archetypal Hollywood maverick.”
FAB Press previews, “Bringing Darkness Instead of Light is the culmination of over 15 years of startlingly candid conversations between John Carpenter and author Michael Doyle.
“In a wealth of frank, often funny and lively exchanges, we enjoy an unprecedented insight into the famously-private filmmaker’s life and career, rich with amusing anecdotes and jaw-dropping details never previously seen in print. They delve not just into the production of his movies, but also the creative process, and Carpenter’s forthright views on topics as diverse as politics, fear, drugs, and the weird tales of the author H.P. Lovecraft, alongside Carpenter’s frequently colourful opinions on his contemporaries in the film business.