Ciao Atrax...

Solo oggi sono venuto a sapere che Marco Corbelli, in arte Atrax Morgue nome di punta della scena industrial/power electronics italiana e mondiale, si è tolto la vita domenica scorsa.
Ciao Marco…:frowning:

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a febbraio, in occasione di una sua visita a Milano, ci ho passato una giornata insieme, sembrava stare bene o perlomeno meglio, mi era parso lontano dall’eco sinistro che accompagnava il suo progetto musicale Atrax Morgue, anche se mi aveva confidato di avere da tempo appeso un gancio al soffitto di casa, e pure comprato la corda, però era una cosa che apparteneva al passato, anche se il gancio non lo ha mai tolto…

peccato, era una persona simpatica…

Ricordo di aver ascoltato (per curiosità) questo:

http://www.kronic.it/artGet.aspx?aID=2&sID=6087

ma sinceramente, probabilmente per un mio limite, non riuscirò mai a capire questo tipo di “arte”.

si, è difficile da capire, apprezzare è ancora più arduo, perché tutto questo va oltre la musica, è uno stato d’animo interno che proietta i suoi incubi, e quello che alla fine esce fuori non si può chiamare propriamente ‘musica’, perlomeno non con quello che di solito si intende per musica.

Stessa cosa che ho riscontrato io un mesetto fa a Prato. Più serena e confidenziale rispetto agli ultimi anni.

Un vero peccato

Ascoltato, incrociato di persona ma mai conosciuto, visto sempre da lontano.

Appena mi è stata comunicata la notizia mi è venuto in mente “Morte” dal suo album woundfucker.

Che abbia il meritato riposo.

http://digilander.libero.it/atraxmorgue/intro1.html

a me la cosa sembra normalissima.
a dir poco scontata.

non una battuta ma una constatazione.
mi spiace di non potermi aggregare a questo usuale coro alla “se ne vanno sempre i migliori”. i pochi contatti che ho avuto sono sempre stati con una persona evidentemente malata. contatti epistolari - telematici (un’untervista dalla quale traspariva la malattia) e un’incontro al binario zero in occasione di un concerto nel quale mi e sembrato di stringere la mano a un morto. assolutamente imbottito di psicofarmaci incapace di dire due parole una di seguito all’altra.

sempre pensato che fosse una persona che stava male. altro che arte e storie.
credo ci vuole piu coraggio a riconoscere di aver bisogno di star male e aver bisogno di aiuto che giocare (o far credere di farlo) con certi fantasmi.

se penso a quei contatti e alle parole di quell’intervista dovrei mettre un post con critto “evviva, bravo ce l’hai fatta. ce ne hai messo di tempo. buon divertimento”. altro che rip…

l’intervista

ATRAX MORGUE - FLESH OUT magazine (italy) - interview, 04. 99
Marco, inutile negarlo, la stima che tutti ti dimostrano nella scena vorrà dire qualcosa. Sembra che tu oltre ad essere il migliore nella materia che tratti, non ti sia ancora stancato di farlo. In un modo o nell’altro i corpi freddi sono la tua ossessione. Ma cosa è cambiato, in termini di attitudine, fra In Search Of Death e le tue produzioni più recenti?
C’è stata sicuramente un’evoluzione tra i miei primi lavori e le ultime produzioni; quando nel '93 iniziai a registrare le mie prime “aberrazioni” avevo una strumentazione presa a prestito da un amico, dunque poche possibilità per sfruttare appieno le mie potenzialità; nonostante ciò considero tutto quello che ho fatto in passato, che pur non mi appartiene (il passato non esiste;ci terrei a precisare che la maggior parte delle mie azioni sonore sono assolutamente improvvisate; fotografie sonore di “attimi”; dunque cadaveri sonori partoriti ed espulsi) un percorso che mi ha condotto ad una imperfetta perfezione più efficace; ora, il suono di Atrax Morgue ha raggiunto uno stile sempre più in-definito e in-personale.

Di quanti “items” si compone la tua discografia?
In totale dal 1993 al 1999 sono usciti 37 items tra cassette, 7", LP, compact discs.

Mi sembra che il tuo lavoro si possa dividere in due filoni. Quello più “clinico”, dove la morte è osservata come semplice “fenomeno”, e quello “umano”, non meno feroce, nel quale analizzi l’atto che la cagiona (e mi riferisco a cose come Woundfucker, Sweetly, NY Ripper). Quali sono le spinte verso l’una o l’altra tangente?
Dipende da quello che mi passa per la testa quando ho voglia di registrare; come ho già detto penso che la cosa più importante del mio lavoro sia la “sprogrammazione” continua; nuove idee che uccidono vecchie idee, ciclicamente. È vero che in alcuni dei miei lavori si nota un lato più “clinico”, una sorta di studio sonoro sulla morte e la psicopatologia, questo è dovuto probabilmente al fatto che di natura sono sempre stato un grande osservatore, sentendomi spesso rinchiuso nella mia stanza bianca asettica, “assente ed osservatore”.
L’altra analisi, quella della mia “presenza/assenza”; è direttamente autoimplosa . Sento forti energie, positive e negative;quando registro appare questa sorta di Mr. Hyde… attraverso queste performance non faccio altro che manifestare una essenza negativa: “il male” che mi appartiene, la mia parte oscura, il mio demone; quello che non saprò mai di me stesso.

A proposito di NY Ripper, devo dire che questa colonna sonora alternativa è uno dei tuoi lavori che preferisco. Perchè proprio il film di Fulci? Un atto di stima all’uomo, all’opera o cos’altro?
Probabilmente questo deriva da un’ossessione infantile: ricordo che da piccolo mi raccontarono di questo film, “lo squartatore di NY” e me lo descrissero con particolari truculenti; già allora ero morbosamente attratto dalle cose macabre e questo deve aver scatenato la mia fantasia. Quando qualche anno più avanti vidi per la prima volta il film, rimasi un po’ deluso. Questo non perchè il film di per sè è scadente (tra l’altro Fulci è uno dei miei registi preferiti) ;ma perchè il NY Ripper che mi ero immaginato in tutti quegli anni era di gran lunga più allucinante, visionario, malato.

Qual è il concetto di base che tendi ad esprimere con la tua “musica”?
La Morte, l’assassinio della musica. Il Musicidio. Il nulla più totale. Questo è quanto ha scritto in poche parole un certo D. Carter:
La musica di Atrax Morgue non può essere recensita o etichettata - “è fuori dal tempo, dallo spazio, dalla vita. È chiusa ermeticamente nel nulla, in un vuoto che si ripete senza spazio, senza via d’uscita. È l’ossessione necrofila di un corpo che continua a vivere, pur essendo morto”.
Ciò che esce da queste “non-rappresentazioni” è puramente patologico, maniacale, ripetitivo. Sicuramente senza compromessi. Come la pornografia. Una ripetizione patologica infinita.

Nel mondo Atrax Morgue cosa è la donna? Vittima o Carnefice?
La donna è come l’uomo sia vittima che carnefice. In tutte le assassine c’è qualcosa di maschile come in tutti gli assassini c’è qualcosa di femminile. Probabilmente molti penseranno che nei miei lavori c’è molta misoginia; ma non importa, non mi importa quello che pensano. Amo le donne, così come le odio. Amo il loro corpo, la loro bellezza;la donna/vittima la vedo solo come vittima della propria bellezza;si può forse separare il concetto di bellezza da quello della morte? Come diceva Edgar Allan Poe: “La morte di una bellissima donna è sempre un argomento poetico di grande considerazione”.
Non odio le donne in sè; semmai posso odiare l’essere umano, in quanto molte volte certi esseri umani sono come malattie ( me incluso).

Sempre lì, leggevo di Duncan. Sei in contatto con lui? Hai mai avuto accesso al “recording” (è audio o video?) della performance Blind Date? Credo sia una delle “azioni” più incredibili delle quali abbia sentito.
Sì, ho incontrato Duncan due volte, sempre qui in Italia, dove ora vive. La performance “Blind date” consisteva nel fottersi un cadavere e quindi farsi una vasectomia, “per assicurarmi che il mio ultimo seme fecondo venga lasciato in un cadavere” come lui ha detto. Mi è sembrato un tipo simpatico e disponibile, un artista molto interessante. Non so se esista una versione video della performance, quella audio c’è ma non l’ho ascoltata.

C’è qualche rumore che ricordi ti abbia ossessionato nella tua infanzia? E per me questa domanda è altrettanto importante al chiederti le tue influenze musicali.
No, non ricordo rumori particolari. Direi che ero più ossessionato dalle immagini. Ricordo un libro, che recava all’interno della copertina un fermacarte a forma di mano recisa. Questa immagine mi ossessionò per parecchio tempo.
Se dovessi rapportare i suoni a qualcosa di visivo; direi che c’è qualcosa di plastico, in Atrax Morgue: il suono sintetico, freddo compulsivo. Sono sempre stato affascinato/ossessionato dalla plastica; tanto che spesso guardandomi allo specchio vedo un corpo, un volto di plastica… un cadavere… e da qui il feticcio-ossessivo per la bambola, il considerarmi un oggetto-macchina, il desiderio costante di de-umanizzarmi ed oggettivizzarmi. Il gioco sadomasochista con il mio doppio “io”.

Cosa pensi del fatto che siano nati filoni ed emuli, in un ambiente nel quale la irriconducibilità al concetto di genere (il che non voleva dire l’identificabilità, anzi) era una delle facce dell’attitudine più determinate?
Non mi stupisce più di tanto. Sembra che anche le cose più nascoste prima o poi vedano la luce e siano clonate, serializzate; ma la gente che segue i trend, le mode, è a sua volta nel gregge, e magari non se ne accorge nemmeno; il mio consiglio è di non seguire un bel niente…

Sempre volendo fare delle generelizzazioni (forzate ma necessarie), volevo conoscere cosa rappresenta per te la confezione del prodotto musicale? So che dirlo in questi termini è disgustoso, ma nella odierna musica postindustriale il packaging è un’ossessione.
Sì, “l’occhio vuole la sua parte” come si suol dire… condivido pienamente. C’è in effetti questo feticismo delle confezioni bizzarre ed insolite nella scena industriale soprattutto undergound… Penso sia un modo per esprimere la creatività al di fuori dei soliti canoni.

Considerazioni sulla inflazionata figura del cagionatore di morte violenta per eccellenza: il serial killer.
Il serial killer, cioè la morte in serie. Un essere umano che produce morte a catena… un fenomeno interessante che ci fa capire in che stato di avanzata putrefazione è arrivato l’essere umano, o il suo specchio, la società. I serial killer sono una delle tante manifestazioni del male che ci circonda. Ma guardando più a fondo, chi è la vittima?, chi è il carnefice? Spesso criminale e società sono come due specchi convessi che si riflettono.

Nella serie dei 7" della Self Abuse, tu hai scelto Huberty. Perchè? (soprattutto chi è) Ed eventuali considerazioni sulla serie.
Scelsi James Oliver Huberty perchè era un assassino di massa, non un serial killer (la collana portava la dicitura:serial killer series…). L’assassinio di massa è come una bomba che esplode, come un kamikaze che si butta sul nemico, senza badare alle conseguenze. E ciò mi sembrava interessante. Sul cofano della propria auto aveva scritto “Non sono sordo - Non esisti proprio” . Huberty era un reduce del Vietnam, alienato, diceva che il suo unico amico era il suo cane. Una mattina uscì di casa in tuta mimetica e disse alla moglie:“Vado a caccia di umani!” e così fece. Entrò armato in un Mc Donald’s e uccise 21 persone. Tentò di sfuggire alla polizia, ma fu ucciso a sua volta.
La serie dedicata ai serial killer della Self Abuse records mi sembra valida, sia musicalmente che concettualmente.

Come mai nè tu nè Giuliani (anche lui presente nella serie) avete pensato ad includere un killer nostrano? E a proposito, conosci la storia di Marco bergamo?
Non sono patriottico. Non mi sento italiano tanto meno non mi sento di dover rappresentare qualcosa, al di là della mia condizione disperata di essere (umano?).
La storia di Marco Bergamo la conosco, ma penso che gli assassini seriali o di massa più interessanti non siano stati qui in Italia.

Hai sentito l’ultimo lavoro di Maurizio Bianchi? Che te ne pare?
Sì, l’ho sentito, non mi è piaciuto. Preferivo Maurizio quando “stava male”… il dolore a volte aumenta la creatività.

C’è qualcosa che hai sentito in giro ultimamente che ti ha impressionato? E qui mi riferisco a produzioni musicali.
Niente di particolare.

Marco, di che sesso è la morte?
La Morte non ha sesso. Io non ho sesso.

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Alla fine questo Marco Corbelli, che fu il suo vero nome, si è suicidato nel 2007. :frowning: Gente così aveva bisogno di farsi aiutare, altro che!

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Mah. Io ho avuto un cugino che nel 1983 s’è suicidato proprio per una situazione simile (la fatica di vivere). Le sue creazioni, mi riferisco a Corbelli, purtroppo, non sono state una valvola di sfogo. Anzi. Per me era un giovanotto che aveva bisogno di aiuto. Chi fa certe cose sul palco o registra certe cose su nastro qualche problemino mentale ce l’ha (a meno che non sei un grandissimo furbone che sfotte il pubblico usando effetti speciali) e viene facile pensare che più che queste cose avrebbero bisogno di rivolgersi ad un centro d’igiene mentale.

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