Visto qualche giorno fa assieme al buon @Bruno_sacchi dopo una primitiva visione oltre 20 anni fa.
Che dire? Uno dei rari film “seri” prodotti dalla Troma, ci ha messo un pò a disagio.
Il tema è sempre il solito del traumatico reinserimento nella società di un reduce dal Vietnam all quale, poco a poco, riaffiorano terribili flashback di quello che gli era successo laggiù, tra orrori di guerra, mutilazioni, cattura e torture psicofisiche di cui fino alla fine lo sventurato protagonista fa fatica a ricostruire tutto quello che è successo veramente.
Profondamente segnato dai traumi, la sua realtà quotidiana è ormai fatta di una vita ai margini della sopravvivenza, con una moglie incinta e disoccupata ed un figlio orribilmente deforme. L’ambiente in cui si muove è totalmente degradato: una Staten Island deserta, popolata solamente di zombi sociali peggiori di lui: drogati ridotti alla disperazione, papponi, prostitute, bambine che potrebbero darla per pochi dollari (basta accordarsi coi magnaccia e tutto se po’ fa’), in un quartiere completamente abbandonato e ridotto al collasso economico come se ne vedono tanti ancora oggi nelle perfierie sottoproletarie del New Jersey.
Tutto segnato da colori sempre grigi e lividi dove, curiosamente, l’unico momento dove il cielo è un pò sereno e si vede un pò di luce è quando il protagonista Rick Giovinazzo (fratello del regista/sceneggiatore/coproduttore Bud) prova ad andare all’ufficio di collocamento per cercare un lavoro che non c’è.
Eppure, tra i tanti degenerati dello squallido quartiere in cui vive, Frankie pur con tutti i suoi problemi psicologici ed i suoi fantasmi del passato che affiorano sempre di più ed in maniera sempre più confusa, sembra il meno peggio di tutti: in una bella scena breve ma toccante, prova a far ridere una povera, piccola, bambina seduta sulle scale, giusto per sdrammatizzare un pò la situazione, quando un pimp riconduce tutto alla squallida realtà e gli dice che se la vuole deve pagare, altrimenti gli fa un culo così. . E’ l’unica volta in cui Rick ride e sembra essere felice.
Cerca di essere comprensivo con i pochi sbandati suoi amici e di non voler scadere ai loro metodi di sopravvivenza perchè, in fondo, nutre ancora speranza di poter uscire dalla difficile situazione in cui si trova mentre tutto attorno a lui un mondo senza futuro e senza speranza continua a sfasciarsi ed autodistruggersi.
Ma in un mondo così squallido e disperato, in una situazione familiare difficile e con i flashback dei suoi ultimi, misteriosi momenti in Vietnam che riemergono sempre più confusi e drammatici, tutto alla fine si mescola in un cocktail letale…
Sinceramente mi ricordavo il film leggermente più “mosso”: in realtà non succede molto, è fondamentalmente solo lo spaccato di un paio di giorni di vita di un mondo da incubo e dei suoi protagonisti ridotti ad uno stato di degrado sociale irreversibile. Eppure, in qualche modo, si prova pena e anche un pò di tenerezza per il protagonista, Rick, l’unico che riesce a trasmettere qualche pallido segnale di una umanità ancora non del tutto abbandonata
Forse girato con pochi mezzi - tante scene sembrano improvvisate e leggo in giro che son state girate senza autorizzazioni o sul momento - però gli effetti speciali all’inizio son ben fatti e anche i flashback che assalgono il protagonista Rick son realizzati in modo molto semplice ma con effetti molto inquietanti.
Di sicuro - avendo visto anche recentemente molti video di un mio amico che è stato da quelle parti giusto neanche un paio di mesi fa - rimango dell’idea che il sogno americano per molti, per troppi, è solo un incubo quotidiano dal quale è impossibile uscire.