Ultima follia di Tony Anthony e di Ferdinando Baldi: aggiornare il tipico sensazionalismo del genere con il 3D. Ma anche l’ultimo tentativo non ancora “post” di fare un western spaghetti. Un film che nell’indifferenza generale (allora come oggi) andava a chiudere definitivamente un’epoca. Girato nel 1981, a genere ormai sepolto da un pezzo, ma a vederlo quasi non ci si crede, tanto sembra uno “spaghetti” dal sapore antico, che mai si direbbe contemporaneo de “I predatori dell’arca perduta” e “1997 Fuga da New York”. Gli ultimi cinque minuti del film (dove in stile fuochi artificiali vengono riproposte le scene in 3D più ad effetto, a cui segue un minuto di schermo nero in cui si sente solo una bella musica malinconica) fanno molto sipario che cala per sempre.
Come Hawks e John Wayne con un “Dollaro d’onore” ed “Eldorado” (beh quasi), anche Baldi e Anthony devono aver pensato che se un film era venuto benissimo una volta poteva venire bene anche una seconda. Quindi visto che avevano girato uno degli ultimi grandi classici del genere come Blindman, che aveva avuto un enorme successo (anche se non in Italia), perché non rifare dieci anni dopo un film praticamente uguale? In realtà (come nel caso dei western di Hawks) non è un remake, ma una riproposizione degli stessi elementi del film precedente, più o meno modificati. La variazione su un tema conosciuto ha un effetto piacevole, anche se inevitabilmente non tutto funziona come una volta. Il personaggio di Tony Anthony non ha nulla a che vedere con personaggi esplosivi come Blindman e lo Straniero, ma è un incolore marito innamorato in cerca della moglie…
…che gli è stata strappata direttamente sull’altare da una banda che pratica la tratta delle bianche.
Inoltre i tempi erano cambiati e il delirante miscuglio di erotismo e violenza di dieci anni prima non era più possibile, per cui tira un po’ un’aria da autocensura, per quanto venga spinto maggiormente il pedale del macabro
(tutte le donne fanno una brutta fine!).
Forse un film che è soprattutto un esercizio di stile… ma girato come dio comanda.
Per aumentare l’effetto 3D, per tutto il film ci sono strambissime e reiterate inquadrature di mani, stivali, pistole, fucili, coltelli, animali e ogni tipo di oggetto ripresi in primissimo piano o che sbattano direttamente contro la cinepresa. L’effetto sarebbe ridondante se Baldi non fosse capace di fare di un’ esigenza tecnica uno stile. Così la sovrabbondanza di particolari, le esagerate sequenze al rallentatore, la necessità di costruire delle scene ad effetto, diventano estetica barocca, creando un clima onirico da film horror. E infatti le scene migliori del film sono le sequenze più gratuite e deliranti, alla Dario Argento, come…
…le donne ammassate in un sotterraneo che vengono attaccate da dei pipistrelli (per quanto palesemente finti), un cattivo legato in una chiesa che viene assalito dai topi (verissimi), il protagonista alle prese con delle frecce incendiarie, i passatempi dei cattivi in attesa della sfida finale.
Aggiungiamo la consueta rarefazione dei dialoghi (12 minuti di film prima di sentire la prima parola) e si avrà l’idea se non di un capolavoro di un film perlomeno affascinante.
Difficile capire la cattiva fama di cui gode il film (l’ho trovato molto migliore di “Get Mean”, ad esempio): la sensazione è che se ne parli generalmente male più per sentito dire che per altro. E anche per via delle difficoltà di visione dovute ai colori sballati imposti dal 3D vecchia maniera… qualcosa si rimedia desaturando i colori e giocando con le tonalità.