Corsa di primavera (Giacomo Campiotti, 1989)

Molto delicata e ben misurata questa opera prima di Campiotti, che sa raccontare con gli occhi dell’infanzia la vicenda di un bambino appena trasferitosi dalla grande Venezia ad un piccolo paesino delle prealpi lombarde.

Grazie alle esperienze del protagonista e dei suoi amici assistiamo alle vicende più o meno ordinarie della quotidianità, interpretate attraverso però la chiave di lettura di chi ancora vive in una dimensione a cavallo tra immaginazione e realtà, in cui la fantasia spesso fa capolino e modifica la percezione del mondo.

Il regista, che è anche sceneggiatore, sicuramente inserisce molti elementi autobiografici, facendo riaffiorare alla memoria fatti e vicende che sono accaduti a lui o intorno a lui nel suo passato di bambino; soprattutto a parer mio è abile nel far riverberare nel presente le sensazioni e le emozioni che egli sperimentò durante la fanciullezza.
In ciò lo aiuta l’aver ambientato il film nel suo paese natale: la scuola elementare attorno a cui ruota la vicenda è la stessa che lui ha frequentato, il torrente in cui i bambini pescano è lo stesso in cui lui andava a giocare, le strade lungo le quali i protagonisti sfrecciano con le loro biciclettine sono le stesse che lui percorreva coi suoi amici.

L’infanzia è un periodo non per forza idilliaco, spesso anche duro o difficile, e le prove che un bambino deve affrontare durante la sua crescita possono essere dolorose. Ma tutto però è visto sotto un’altra prospettiva, che in qualche modo conserva sempre, anche nei momenti più difficoltosi, un pizzico di pensiero magico, un punto di vista disincantato e incantato al tempo stesso, in cui potenzialmente tutto è possibile.
L’abilità del regista nel raccontare quasi dall’interno questa fase della vita che tutti abbiamo vissuto ma che spesso appare così lontana (difficile ricordarsi il modo in cui interpretavamo il mondo e le relazioni umane quando eravamo bambini!) gli è valsa l’attenzione della critica, al punto che la pellicola ha vinto il Grifone d’oro al Giffoni.

Il film, che a mia memoria per l’home video è uscito solo in vhs (per la Clemi e per la Medusa) è attualmente disponibile (a pagamento) in un magnifico master HD su primevideo.

Attenzione: fa parte (insieme a Gremilins ed altri) dell’infausta categoria dei film che, pur non essendo apertamente per adulti, spoilerano l’appartenenza di Babbo Natale alla categoria parmenidea del “non essere”… Da non mostrare ai vostri cinni se non hanno ancora preso coscienza dell’infausta realtà.

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Campiotti. Da questa promettente opera prima, al film “nordcoreano” su Ennio Doris. Proprio vero che uno, per mangiare, farebbe di tutto…:black_heart::black_heart::black_heart:

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Qui un articolo dell’Unità relativo alla proiezione a Venezia 1989:

Ho un bel ricordo di questo film. Lo vidi in TV un pomeriggio di pioggia, ed a quei tempi avrò avuto 12-13 anni (ero alle medie).
Per certi versi mi sono ritrovato in alcune scene, perché anche io andavo a pescare al fiume con i miei amici (di nascosto, era vietato andare in campagna), e la bicicletta era il mezzo che ci faceva sentire liberi (come quando sconfinavano nel paese vicino).
Purtroppo non l’ho più rivisto in TV, né trovato sul web

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Campiotti probabilmente è capitato in un momento sbagliato. Già adesso portare gente in sala per vedere un film italiano è difficile, ma tra la fine degli 80 e i primi 90 (e per gli anni a venire) il pubblico s’era completamente disamorato. Troppi articoli 28. Troppe ‘opere prime’ furono anche ‘opere ultime’. Troppi film ‘due camere e cucina’. Sicuramente non sono state le uniche ragioni, ma certamente hanno ‘aiutato’.

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La stagione '89-'90, per i film italiani,fu un disastro epocale, storico. Indimenticabile,nel senso peggiore. Campiotti, fu solamente “uno dei tanti”, coinvolti in tale catastrofe…:skull:

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