Darktown strutters (William Witney, 1975)

Pacchiano, ridanciano, grottesco, spudorato, ridicolo, esagerato, parodistico, politicizzato, musicale, colorato, pop, pseudo-femminista, psichedelico.

Non so come mai ma anche quando mi accosto ad un genere per me pressoché nuovo va sempre a finire che comincio raschiando dal fondo del barile. Dopo aver visto quasi per caso negli ultimi mesi due o tre film blaxploitation inizio ad informarmi un po’ sul filone ed ecco che uno dei titoli che attrae maggiormente la mia attenzione è questo Darktown strutters.

Syreena guida una banda di motocicliste su chopper (con moto ed abbigliamento coloratissimi) ed una volta rientrata in città scopre che sua madre, insieme ad una serie di esponenti di spicco della comunità nera, è stata rapita. Nella sua indagine per ritrovare la genitrice scopre che una fondazione creata da un ricco mecenate bianco (che ha fatto i soldi con delle macellerie) per aiutare la popolazione nera è in realtà una copertura per istituire un nuovo Ku Klux Klan al servizio di un’organizzazione votata a far scomparire i diritti della gente nera in favore dell’egemonia dei bianchi. L’organizzazione ha anche creato una macchina in grado di clonare i neri e generarne delle copie “inoffensive” con idee filobianche che allontanano la gente di colore dalle rivendicazioni e dalla rivolta.

Tutti i bianchi del film sono stupidi (in primis i poliziotti, dipinti come una banda di idioti decerebrati) oppure stupidi e cattivi. I membri del Klan sono cretini e non sono capaci di guidare le moto con le quali imperversano avanti ed indietro per le vie della città. La “security” dell’organizzazione per la supremazia bianca ha delle divise ridicole da maiali con tanto di maschera.

L’intero film è realizzato in modo spudoratamente farsesco, spesso a livelli pseudo-amatoriali, pare di trovarsi di fronte a una di quelle produzioni da hippies della fine degli anni '60 tipo Alice in acidland, in cui tutto era tanto creativo quanto improvvisato, tanto mirato a lanciare un messaggio quanto in balia dell’assoluta mancanza di mezzi e competenze professionali.
Non mancano delle esibizioni canore di complessi assolutamente sconosciuti ai posteri, una delle quali in un curioso stile “a cappella” che ricorda i Neri per caso (… e più neri per caso di così proprio non si può :joy:).

Il film mi ha riportato alla mente quelle produzioni napoletane o siciliane squisitamente legate al mercato ed al pubblico locale, totalmente povere di mezzi e di fattura raffazzonata, ma che lasciavano contenti gli spettatori perché erano i nostri film, girati nei nostri posti, che parlavano della nostra gente.

Per capire perchè ancora si senta così tanta frattura tra il mondo nero ed il mondo bianco (basti pensare che il film si conclude con una rivolta) è sufficiente fare caso all’ambientazione: la storia si svolge a Watts, sobborgo di Los Angeles, dove neanche 10 anni prima aveva avuto luogo una violentissima rivolta della gente nera, esasperata dall’emarginazione del ghetto, soffocata dalla brutale reazione della polizia solo dopo una settimana di apocalisse che aveva visto l’intero quartiere messo a ferro e fuoco (34 morti, 1.032 feriti e 3.952 arresti).

Incredibile il timing che la casualità a volte impone ai nostri percorsi di vita, se avessi visto il film una settimana fa il sobborgo di Watts non mi avrebbe detto nulla, proprio l’altro ieri invece mi sono visto una puntata di In viaggio nel tempo ambientata nel corso di quella rivolta, che mi ha fatto vivere con un’emotività del tutto diversa la visione di questo strampalato filmetto blaxploitation.

Film visto grazie al dvd (ormai vecchiotto) edito dalla francese Le chat qui fume:

https://amzn.to/3LMZH7V

1 Mi Piace