Death wish - il giustiziere della notte (Michael Winner, 1974)

Il film è un classico e la sua efficacia spettacolare la possiede, però gli ho sempre preferito il romanzo di Garfield che scavava nella psiche del protagonista e non cercava di convertire il lettore al vigilantismo come invece la trasposizione di Winner fa spudoratamente. D’altronde, l’avessero girato con questo taglio sarebbe stato un altro film, come Rambo non sarebbe stato lo stesso se Kotcheff si fosse mantenuto fedele al libro di Morrell… diciamo che Death Wish ha enormi ingenuità e di film migliori interpretati da Bronson me ne vengono in mente tanti, ma volenti o nolenti è un’opera che racchiude in sé lo spirito dei Seventies e il suo fascino risiede anche in quello. Però ha ragione Castellari, Il Cittadino si ribella lo batte. :heart_eyes:

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Nonostante l’ambientazione e la valenza sociale generale del tema e/o delle sue implicazioni la più grande qualità di Winner è stata, a mio avviso, l’aver mantenuto toni intimistici foclaizzando aspetti personali e (appunto) intimi (da gustare più con le immagini, che con i dialoghi alquanto essenziali) dando vita a personaggi credibili… :writing_hand:

Mmm non quanto il romanzo di Garfield, fidati. Il film taglia con l’accetta i personaggi, giusto un attacco di nausea del protagonista dopo il primo delitto e poi ecco il granitico Bronson che ammazza senza pietà. Oltretutto le vittime son tutti psicopatici violenti, così lo spettatore applaude; nel romanzo ammazza anche ladruncoli di mezza tacca, si domanda perché i media ce l’abbiano con lui che cerca di fare giustizia, ci fa sudare freddo quando spia una coppietta gay al parco e si domanda se sarebbe il caso di liquidare anche loro (ma poi li risparmia, concludendo che alla fine non fanno del male a nessuno). Insomma, neanche per un momento cerca di trasformarlo in un angelo vendicatore, un eroe: è un uomo distrutto, la cui unica ragione d’essere ormai è la vendetta. Certe sfaccettature la sceneggiatura le ha volutamente ignorate, il 2 in tal senso è anche peggio. Devo dire che il film di Castellari era più critico, più dubbioso (il confronto con Prete che apostrofa Nero con orrore quando realizza che si è trasformato in una belva assetata di sangue, per me rimane priceless).

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GN 1


Lo conosco benissimo da appassionato della saga film (5) e libri (2, edizioni varie) e ne ho 2 edizioni (credo la prima e l’ultima, in Italia), così come ho in edizione giallo mondadori del secondo episodio, le differenze sono ovvie tra film e libro ma Winner (a mio avviso) ha comunque creato (ripeto, più con immagini, rispetto ai dialoghi) una dimensione intimistica rispettosa e chiarificatrice delle psicologie che (è lapalissiano) il libro ovviamente approfondisce (e non potrebbe essere altrimenti)…
…non necessariamente, del resto e pur tra due buoni prodottiletterario e filmico, vi devono essere coincidenze al cento per cento… :writing_hand:

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Sì, ok: ma se lo hai letto allora non puoi non convenire che il film ha proprio stravolto il personaggio, un uomo traumatizzato e tormentato mentre nella versione “bronsoniana” diventa un ammazza-cattivi per cui fare il tifo. Ovviamente neanche tentare paragoni fra il sequel letterario (molto bello) e quello cinematografico che era proprio un altra storia (e bruttarello, almeno il primo rimane un discreto noir).

Lo è anche Bronson, il film dura poco ma rende l’idea a mio avviso…
…diversamente non ti spiegheresti secondo libro e film, di cui parlo qui: Il Giustiziere della notte 2 (Michael Winner, 1982) - n°16 da gu61 :writing_hand:

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Beh, mi pare che le vostre posizioni siano inconciliabili, beveteci sopra una birra e non pensateci più :stuck_out_tongue_closed_eyes: :+1:t3:

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Mah, il secondo film a mio avviso non mostra gran che di tormenti, lui torna a uccidere perché hanno nuovamente fatto del male alla sua famiglia. Ed è grezzo forte, consentimi. Il secondo libro in effetti attenua un po’ lo spirito introspettivo del primo, puntando su un plot maggiormente giallo e a mio avviso abbastanza intrigante per l’epoca (ha anticipato tanti thriller a venire sull’argomento). Per me il Bronson di Death Wish diventa troppo un personaggio positivo in tal senso, arrivati al finale il pubblico lo vedeva come un modello da seguire; nel libro questo non avviene perché lo spirito era diverso. Sono chiaramente due cose diverse, a me il film di Winner non dispiace perché sul piano spettacolare funziona. Però non sono neanche un fan sfegatato, anche prima di scoprire il romanzo lo trovavo meno avvincente di quanto mi sarei aspettato; non so, speravo in qualcosa di più del protagonista che ammazza tutti, magari un plot thrilling più movimentato… ecco perché preferisco la risposta italiana di Castellari con Nero. Sostanzialmente la differenza fra il romanzo di Garfield e il film di Winner la sintetizzerei così: nel libro vieni portato a domandarti se quello che fa il protagonista sia giusto o sbagliato, nel film simili dubbi non te li poni e non vedi l’ora che il prossimo delinquente si becchi quello che si merita.

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E va be’, cosa sarebbe un forum di discussione senza divergenze di opinioni? Sono il sale di qualsiasi dibattito. Poi lo steso Garfield ha portato avanti le medesime argomentazioni per spiegare cosa non lo soddisfaceva della trasposizione cinematografica, e mi trovo d’accordo con lui. Fermo restando che Il Giustiziere ha il suo perché e la sua importanza nell’ambito del cinema exploitation.

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Mi trovi perfettamente d’accordo, qui… :+1:

Conosciamo il personaggio, del resto… :wink:

Quasi, se mi perdoni un eufemismo, come se il secondo libro sia stato influenzato dal primo film… :wink:

Non parliamo ovviamente di capolavori, ma di (più che) buoni film (i primi tre, almeno) senz’altro… :writing_hand:

…meno di quanto appaia, tra l’altro con Corry ci unisce grande stima reciproca… :writing_hand:

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Ovviamente, se non ci fosse stima che discorreremmo a fare? :smiley:
In merito al sequel letterario, non so dire se sia stato influenzato dal successo del primo film di Winner; a mio avviso Garfield non poteva proporre un continuo delle avventure di P.K. senza mettere un po’ di ciccia, quindi in questo caso puntare su un intreccio giallo. E questo ovviamente metteva un po’ in secondo piano l’introspezione; poi sicuramente l’enorme successo del film di Winner ha avuto un ruolo decisivo nell’invogliare gli editori a stamparne una seconda storia, quindi che a Garfield piacesse o no era inevitabile che lo usasse in parte come modello ispiratore. Certo, sarebbe stato interessante se come aveva proposto lui il film originario avesse avuto un taglio diverso e il ruolo del protagonista fosse tato affidato a Gene Hackman; ma alla fine è andata bene così, Bronson è entrato nell’immaginario collettivo come il vigilante per eccellenza e i vari seguiti hanno dato alla saga un taglio più da fumetto, che il pubblico gradiva d’altro canto.

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P.B., letterariamente (Paul Benjamin) per Garfield…
…e non è , neppure, architetto ma una sorta di consulente finanziario… :wink:

Di Leo diceva che Bronson aveva una sola espressione, qui invece ne ha tanto essendo nel pieno della sua maturità d’attore…
…il secondo film, a mio umile avviso anche per il solido testo alle spalle, è uno dei più riusciti sequel che io ricordi… :wink:

Eh, il sequel proprio non mi garba. A parte la bella colonna sonora. Sì, nel libro effettivamente aveva un altro cognome; chissà perché nel film diventava architetto… forse per sottolinearne il temperamento artistico e la trasformazione in angelo della morte? Comunque Bronson aveva quell’espressione granitica che funzionava, la presunta inespressività era un’accusa mossa anche a Eastwood e lascia il tempo che trova. In realtà, a Bronson dava una certa aria criptica e misteriosa, da nativo americano. Uh po’ come Robert Mitchum, che in verità discendeva davvero dagli indiani d’America ed era un tipo di poche parole (rammento una sua intervista al Costanzo Show).

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Bronson era un attore di un livello molto superiore a quello di Eastwood e Robert Mitchum, altro che inespressivo… Questo purtroppo vale solo per il lavoro che aveva fatto negli '50, '60 e '70 perché dopo aver firmato con la Cannon ha praticamente smesso di recitare ed era proprio a quel punto che aveva rovinato il suo nome e oggi, invece di essere paragonato a gente come Gene Hackman, James Caan, George C. Scott, Anthony Quinn…, viene paragonato a Chuck Norris…

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Per favore,non tocchiamo Eastwood (che lo vedo innanzitutto come Autore), e Mitchum (mia icona assoluta, impareggiabile e insuperabile nella recitazione “scoglionata”). Detto ciò,posso darti ampiamente ragione: Bronson ha saputo essere attore di ottima qualità,ci mancherebbe. La prestazione nel film di Winner è appunto prova lampante: passare da bonario , pacifico esponente della “middle class” a freddo giustiziere ,in modo assolutamente credibile. Considerate che per il suo ruolo,fu contemplato Jack Lemmon. Grande attore,ci mancherebbe. A suo agio nel brillante,e nel dramma. Ma con la pistola in mano,a freddare delinquenti? Fantasia e immaginazione,ce le ho. Ma non riesco a spingermi fino a tal punto…:roll_eyes::no_mouth:

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Sono d’accordo per quanto riguarda il film di Winner dove non sono tanto le scene d’azione/tensione o la trama a renderlo così interessante quanto il processo di autopsicoterapia nel quale Bronson è sempre coinvolto e assolutamente convincente. Dovremmo considerare che di solito la regia di Michael Winner non è favorevole per gli attori, le interpretazioni mediocri sono quasi il marchio di fabbrica. Marlon Brando e Charles Bronson erano tra i pochi a fare bella figura in un film di Michael Winner…

Riguardo Eastwood a Mitchum credo che non hanno mai avuto la gamma emotiva di Bronson degli anni '50(Rullo di tamburi, Quando l’inferno si scatena)

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Ammetto la mia ignoranza,su certi film di nonno Charlie, risalenti ai ‘50.:expressionless: Ma per quanto mi riguarda, l’espressivita’ è qualcosa di relativo: la sua era e rimane prima di tutto una “faccia da cinema”. E forse,in tal senso,quello che comprese meglio tale pregio dell’attore americano fu Leone, con gli strepitosi primi piani in “C’era una volta il west”. Del resto, il regista diceva di averlo scelto proprio perché “ha la faccia del vendicatore. Il tipo che,se gli fai un torto,ti insegue fino in Groenlandia”. E attualmente,a livello mondiale,di volti di cui si possa dire altrettanto, credo non ce ne siano…:heart::smirk:

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Concordo su tutto. Charles Bronson e Klaus Kinski erano nati per fare cinema. Avevano delle qualità impareggiabili, introvabili che non possono essere insegnati. “C’era una volta il west” è l’esempio perfetto di una interpretazione impeccabile e inarrivabile… Charles Harmonica Bronson è una persona reale e completta che esisteva prima che C’era una volta il west fosse stato scritto, per me è una cosa magica…

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