Documentario Su Michael Moore

Dal Corriere della Sera di oggi:

Controcorrente: Il regista? Un manipolatore della realtà
Come ti incastro Moore, con le sue armi
Il documentario di due canadesi accusa i metodi dell’autore di «Fahrenheit 9/11»

MILANO - Due anni a caccia di Michael Moore per incastrarlo con le sue stesse armi. Perché l’icona cinematografica della sinistra a stelle e strisce — il Don Chisciotte che telecamera in resta ha messo alle corde la General Motors prima, l’amministrazione Bush poi e ora il sistema sanitario americano — altro non sarebbe che un abile manipolatore della realtà.

Il documentario si chiama «Manufacturing Dissent»: è stato presentato a Austin, in Texas, lo scorso marzo, e ora arriva in prima europea a Torino. Gli autori, Debbie Melnyk e Rick Caine, sono due liberal canadesi che si dichiarano fan (pentiti, naturalmente) dello stesso Moore. Il progetto di Debbie e Rick, almeno all’inizio, è di girare una sorta di dietro le quinte del loro eroe.

Intervistarlo si rivela però un’impresa impossibile. Gli scrivono, gli telefonano, lo incontrano in più occasioni: niente da fare, Michael è sempre impegnatissimo. Sorride amabilmente in camera e sguscia via. I due non demordono e, proprio come farebbe lui, lo inseguono senza tregua. È il periodo dell’uscita di «Fahrenheit 9/11» e del «tour elettorale» con cui il premio Oscar cerca di convincere i connazionali a cacciare George junior dalla Casa Bianca. Il sospetto che Moore non sia proprio entusiasta all’idea di un film su di lui diventa certezza quando ai canadesi viene maldestramente impedito di registrare un suo «comizio» o quando Anne, la sorella del regista, scalcia la loro telecamera prima di sbatterli fuori da un dibattito alla Kent State University.

Il peggio, però, deve ancora venire. «Manufacturing Dissent» punta infatti a mettere in questione l’onestà di Moore, che costruirebbe le sue crociate grazie a un uso disinvolto dei fatti. Non solo quelli degli altri, pure i suoi. È vero che fu licenziato da «Mother Jones» — il magazine di sinistra in cui il cineasta lavorava prima di diventare una star — perché in disaccordo sulla linea politica? Macché. Venne cacciato in quanto poco professionale, inaffidabile e incapace di lavorare in gruppo, assicurano alcuni ex colleghi.

In «Bowling for Columbine» Moore vuole dimostrare che in Canada si vive più sicuri perché, a differenza degli Stati Uniti, non si possono comprare armi con la facilità con cui ci si procura una canna da pesca. Eccolo allora entrare nei giardini delle case e girare le maniglie delle porte. Oplà, si aprono tutte quante. Falso, mette in guardia il documentario: in realtà almeno il 60% erano ben sprangate. Ancora: in «Fahrenheit» si vede un Bush compiaciuto di fronte a una platea che saluta come gli «haves and have-mores » — ricchi e ancor più ricchi —, una «dimostrazione» che gli americani medi non sarebbero in cima alle sue preoccupazioni. Solo un colpo basso: il contesto era quello dell’Al Smith Memorial Dinner, serata di beneficenza tradizionalmente informale e scherzosa, tant’è che in una precedente occasione Al Gore si era presentato allo stesso uditorio come «l’inventore di internet».

Poi arriva il pezzo forte, lo scoop. Vi ricordate «Roger and Me» dove Moore cerca inutilmente di incontrare Roger Smith, il presidente della General Motors che ha dismesso una fabbrica a Flint, nel Michigan, lasciando senza lavoro centinaia di operai? Beh, quel faccia a faccia c’è stato, sostiene un ex amico del regista. Esisterebbe persino il filmato dell’intervista, poi occultato ad arte in fase di montaggio. I Repubblicani gongolano. E Moore? Continua imperterrito ad ignorare i due canadesi. Ma a proposito della storia sulle sue frequentazioni con Mr. General Motors, sbotta: è vero, ammette, ha parlato una volta con Smith irrompendo ad un incontro con gli azionisti, ma accadde mesi prima che iniziasse a girare il documentario. Quanto al filmato, semplicemente non esiste, «altrimenti, per smentire il film, la General Motors sarebbe stata la prima a renderlo pubblico». Difficile, in questo caso, dare torto a Moore. Come è difficile negare il calvario degli operai del Michigan, lo stile da Far West con cui circolano le armi in America o che a rischiare la pelle in Iraq ci siano soprattutto i figli della classe operaia. Però, certo, Melnyk e Caine hanno ragione: durante quella cena Bush stava proprio scherzando.

Fabio Cutri
21 novembre 2007

Che novità… pensavo proprio che Moore limasse la verità nei suoi documentari, presentando situazioni di normalità, evitando di sottolineare ed esaltare certi momenti. Perchè in fondo anche chi fa documentari sulla vita degli animali li riprende mentre dormono, li riprende tutta la notte, evitando di montare nel documentario le scene di caccia piu cruente. Eh, si, tutti scartano tutto ciò che fa notizia, poi in un mondo di pescecani come quello del cinema.
Un plauso ad una scoperta sconvolgente: il montaggio può nascondere o enfatizzare alcune cose a dispetto di altre.

Tutte le visioni sono parziali… documentari “oggettivi”, come diceva giustamente milanoodia, non esistono… nemmeno quelli del national geographic con gli animali!!!
Secondo me i due canadesi, che peraltro hanno scoperto l’acqua calda, sono solo alla ricerca di pubblicità gratutita :mad:
L’unico antidoto è ragionare sempre con la propria testa e non prendere per oro colato tutto ciò che dice (o filma) Michael Moore

io lo dico da sempre che non bisogna prendere nulla come oro colato.
però dite la verità: non c’è un sacco di gente, la stragrande maggioranza della gente (inteso della gente che va a vedersi i film di Moore), che prende come oro colato tutto quello che michael moore dice nei suoi documentari? senza volere generalizzare ed addentrarmi in un discorso “politico” mi sento però di affermare che un sacco di quelli che rivendicano di essere delle teste pensanti alla fine si bevono qualsiasi cosa (se è quello che vogliono sentirsi dire). e Michael Moore parla a quelli che vogliono sentirsi dire esattamente quello che lui dice…
spero di essere riuscito a dire quello che volevo… :rolleyes:

comunque, per arrivare al dunque, io non ho visto e non so se mi capiterà di vedere questo documentario dei canadesi, e magari è pure poco credibile, artefatto e brutto, ma credo comunque che sia importante che ci sia. è l’“altra voce” di quel dibattito che dovrebbe essere l’informazione. due voci a confronto. in questo caso da quel che ho capito l’attenzione è spostata più sui metodi di Moore che sui temi ma è comunque importante se può far capire a certi suoi fan sfegatati che tutto è in discussione, continuamente.

è uno scandalo se dico che vorrei sentire un contraddittorio chiaro ed esauriente anche su quel che dice Grillo?

Infine, se proprio Nanni Moretti ha voluto questo documentario a Torino mi pare che un chance bisogna concedergliela. che l’abbia fatto perchè il documentario è talmente brutto che può solo giovare a Michael Moore?