…che fine hanno fatto?
Renato “gaucho” Frustaluppi:
Renato, da playboy a sergente
Il brasiliano che approdò alla Roma e fece più strage di donne che di portieri ora allena il Vasco e pare proprio cambiato: “Non tollero giocatori sovrappeso e che non rispettano gli orari”
Si nasce incendiari, si muore pompieri e questa è la storia di Renato Portaluppi (così lo conosciamo in Italia) o Renato Gaucho (così lo chiamano in Brasile). Renato dodicesimo e penultimo figlio di una famiglia del Rio Grande do Sul, campione che vinse da solo la coppa Intercontinentale del 1983, a Tokio: Gremio-Amburgo 2-1, sua la doppietta vincente. Renato che amava le donne: “Ho avuto centinaia di ragazze - disse un giorno a Playboy -. Ho fatto l’amore al Maracanà e nella toilette dell’aereo che mi portava a Roma”. E ancora: “I gay mi facevano la posta all’uscita dagli spogliatoi, cercavano di andare al sodo. Rispetto gli omosessuali, però non rientrano nei miei gusti”.
RAGAZZE E PRINCIPI - Renato arrivò alla Roma nell’estate del 1988. Capello lungo e bandana stile Rambo, sguardo latino e occhiale scuro. Fece amorosa strage di romane. I tifosi della Magica non persero l’occasione: lo soprannominarono “Pube de oro” per contrapporlo al Pibe de oro, Diego Maradona. Pube, pibe: sottili differenze. Renato giustificò così il fallimento italiano: “Giannini (il Principe capitano di quella Roma post Falcao, ndr) mi faceva la guerra”. Si mormorò di un regolamento di conti tra i due allo stadio di Bergamo e di una rissa con Massaro, poi passato al Milan.
GOL DI PANCIA - Portaluppi rientrò in Brasile. Flamengo, Botafogo, Cruzeiro, Atletico Mineiro. E Fluminense, dove o Gaucho entrò nel mito per un decisivo e insolito gol. Finale del campionato di Rio del 1995, Flamengo-Fluminense. “Fla-Flu”, superclassico carioca. Sui canali satellitari l’azione si rivede di frequente in documentari calcistici: ultimi minuti, tiro-cross da destra e deviazione vincente di Renato con il ventre. Un colpo da odalisca. Flamenghisti attoniti e disperati, fluminensi fuori controllo per la gioia. Le urla dei telecronisti, “Renatoooooo, goooool de barriga (che in portoghese vuol dire pancia, ndr)”, e poi Portaluppi inginocchiato che si fa il segno della croce, prega e ringrazia il cielo. Il gol de barriga al Flamengo è diventata un’immagine sacra del calcio brasiliano, come la finta di Garrincha o la bycicleta (rovesciata) di Pelé.
OCCHIALI SCURI - Oggi Renato allena il Vasco da Gama, glorioso club di Rio, e la critica lo tiene in grande considerazione. La rivista “Placar” lo ha eletto secondo miglior tecnico del Paese, dietro Muricy Ramalho, condottiero del San Paolo campione 2006. Nell’aspetto non è molto diverso. Ha accorciato i capelli, ma il fascino del seduttore è intatto. Continua a far uso di occhiali da sole e non è raro che in conferenza stampa si presenti con lenti a specchio e barbetta di due giorni, alla Mickey Rourke. Guai, però, a parlargli del Portaluppi che fu.
Rintracciato al telefonino dell’addetto stampa del Vasco, accetta di rispondere a questa domanda: Renato allenatore farebbe giocare Renato giocatore? “Certo che sì. Io avevo forza, tecnica e leadership. Il calcio deve mescolare creatività e organizzazione”. Altro quesito: come si mantiene la disciplina? “Non sono un generale, mi piace parlare con i giocatori. Sono aperto e cerco l’accordo. Le due cose che non sopporto sono il sovrappeso e il mancato rispetto degli orari”. Parola di Renato, che faceva gol di pancia e la notte scappava dai ritiri. Come si cambiaaa, cantava la Mannoia.
Mark “attila” Hateley
Attila ora ferisce con la penna
Hateley, passato alla storia del Milan per un memorabile gol all’Inter, ora vive a Glasgow e lavora per tv e quotidiani scozzesi
Ci avevano provato con Joe Jordan, scozzese, detto Lo Squalo: gli mancava un dente davanti e quando apriva la bocca sembrava il protagonista del filmdi Spielberg. Avevano ritentato con Luther Blisset, anglo-giamaicano ex pupillo di Elton John e dagli inglesi ribattezzato Miss It, che vuol dire Sbaglialo (sbagliare cosa? I gol, chiaro). Il Milan pescava attaccanti in Gran Bretagna e non ne azzeccava uno. Quando Giussy Farina, il presidente-agricoltore, annunciò l’ingaggio di Mark Hateley centravanti del Portsmouth (avessi detto il Liverpool), i milanisti sbuffarono: “Alè, ecco un altro brocco made in Britain”. Hateley diventò Attila in un attimo, quelli erano i giorni dei film con Abatantuono che faceva il terruncello e giusto due anni prima, nel 1982, “Attila flagello di Dio” con Abatantuono medesimo e Rita Rusic aveva riempito i cinema.
LA CAPOCCIATA - Il Milan pre-berlusconiano ispirava tenerezza. Veniva da due stagioni non consecutive di serie B e aveva un presidente, Farina, che nel disperato tentativo di far quadrare i conti affittava Milanello per banchetti di nozze. Ai milanisti del 1984 bastava poco per essere felici e allorché nel derby del 28 ottobre Hateley sovrastò di mezzo metro Fulvio Collovati — il “traditore” che qualche anno prima aveva cambiato sponda per evitarsi la B — e perforò Zenga con una magnifica capocciata, il più era fatto: Milan-Inter 2-1, il giorno in cui Attila diventò milanista per sempre.
LA CAPIGLIATURA - Hateley visse di rendita sul gol a Zenga. Patì guai fisici e combinò pasticci, tipo andare a sciare al Sestriere venti giorni dopo un’operazione di menisco. Un’altra volta accampò la scusa della sinusite. Cominciò a tagliarsi i capelli alla maniera “zarra” degli anni Ottanta, con la capigliatura fluente sul collo e un po’ sparata davanti, l’acconciatura chiamata mullet. La lenta deriva di Hateley si trasformò in naufragio quando il Milan diventò proprietà di Silvio Berlusconi. “Una volta a Milanello — racconterà poi Attila — Berlusconi ci confessò uno per uno. Io ero giovane, ma figlio di un calciatore, e ne sapevo abbastanza per comprendere che quell’uomo di football capiva poco. Voleva fare l’allenatore, voleva fare tutto. Si portò Van Basten, non mi lasciò andare alla Roma”. Hateley passò al Monaco e poi ai Rangers Glasgow, ai Queens Park R., al Leeds, all’Hull City e al Ross County (1999), ultima fermata da calciatore.
CHIARE OPINIONI - Hateley ha fatto l’allenatore-giocatore nei due campionati all’Hull City, club inglese di seconda fascia, e l’esperienza gli è servita per intuire che la panchina non è cosa per lui. Mark si è sistemato a Glasgow. I Rangers lo hanno inserito nella Hall of Fame e gli hanno ritagliato un ruolo da ambasciatore del club. Da vecchia gloria partecipa a serate di gala. Lo hanno fotografato al concerto di un musicista africano: sta sul palco, con un bongo tra le braccia. Il lavoro, però, è nei media. Hateley commenta le partite del campionato scozzese per Setanta Sports Tv ed è opinionista del Daily Record, quotidiano di Glasgow. I Rangers stanno cambiando allenatore: via il francese Paul Le Guen, al suo posto dovrebbe sedersi Walter Smith. Il “giornalista” Attila ha detto la sua, con chiarezza, sul giornale di ieri: “Smith è il più grande allenatore che io abbia conosciuto. Più di Capello, anche (che allenò Hateley nel Milan 1987, ndr)”.
Kazuyoshi Miura
Miura ha la Sicilia nel cuore
Il giapponese, ex del Genoa, è appassionato di storie di mafia e ha chiamato il suo cane Vito Corleone. Gioca ancora, nel 2006 ha vinto la seconda divisione della Japan League
“Kazu chi?”. Giugno del 1994, l’anno del Mondiale negli Usa. Arriva un flash da Tokyo: “L’attaccante giapponese Kazuyoshi Miura al Genoa”. E chi Kazu è?, chiesero i più. In realtà la notizia di mercato celava una geniale manovra, che giusto a Genova potevano azzardare. Per la prima volta una società di calcio avrebbe guadagnato tanti soldi per comprare un giocatore. Guadagnato, non speso, avete letto bene. Il rovesciamento della prassi. Miura arrivò dal Verdy in prestito gratuito, con ingaggio miliardario garantito da contratti pubblicitari. Contestualmente il Genoa venne sponsorizzato da un nippo-colosso dell’hi-fi al prezzo di 4 miliardi e mezzo di lire. La Fuji Tv ottenne i diritti delle partite per un miliardo abbondante. “Belandi — esclamò Aldo Spinelli, presidente rossoblù —, senza Kazu ’ste palanche non le avremmo mai viste”. Una grande domanda, però, incombeva: l’allenatore Franco Scoglio, detto il Professore, avrebbe schierato Miura come titolare?
SGRADITO AL PROF - Innumerevoli giornalisti giapponesi calarono a Genova e chiesero a Scoglio: “Sensei (che vuol dire professore, ndr), giocare Miura?”. In principio il Prof prese in simpatia i nuovi interlocutori e imparò qualche parolina per addestrare Kazu, tipo ike (vai!), itori dei ike (vai da solo!), nikai (due tocchi!). Più avanti il Professore Sensei espresse tre significativi concetti. Uno: “Il giappanese (con doppia irridente a, ndr) è tatticamente indisciplinato”. Due: “È bravo di testa, di destro e di sinistro, ma non è adatto a noi”. Tre: “È una macchietta applicata (che cosa voleva dire? Boh, ndr)”. Kazu giocava poco, i nippo-cronisti insistevano e Scoglio s’infuriò: “Basta, toglietemi di torno ’sti gialli della minchia”. A quel punto, tutto chiaro: o Scoglio o Miura. Spinelli scelse gli yen e cacciò il Professore.
TURISMO SU - Pippo Marchioro, nuovo tecnico del Genoa, si adeguò alle direttive. Miura titolare contro la Samp e subito in gol, con tocco di rapina su assist di Skuhravy. Un’illusione, derby perso per 2-3. Il Genoa scivolava verso la serie B, Miura s’intristiva nel mega-appartamento di Pegli Due dove lo avevano alloggiato assieme alla moglie Risako Shitara, modella e star di una giap-tv in cui conduceva un programma stile agenzia matrimoniale di Marta Flavi. A maggio tutto finì, i Miura andarono via tra le lacrime di albergatori e ristoratori: solo negli ultimi 4 mesi del ’94 a Genova erano sbarcati 4.174 giapponesi (più 63% rispetto all’intero ’93 senza Kazu).
SICILIA MON AMOUR - Il Miura di oggi è ancora calciatore. Nel 2006 ha vinto la seconda divisione della Japan League con lo Yokohama Fc, ma alla soglia dei 40 anni il ritiro è imminente e altre attività hanno la priorità. Miura fa pubblicità a un’infinità di prodotti, è stato ambasciatore della Fifa all’ultimo mondiale per club, collabora con l’Unesco, introita palate di yen grazie al merchandising. Quando passa Kazu, tutti si alzano e applaudono. Un mito vivente, il Pelé del Sol Levante. “Boa sorte”, che in portoghese vuol dire buona fortuna, è diventata la sua frase di riferimento. “Boa sorte Kazu!”, c’è scritto sull’home page del sito personale, che riserva scoperte interessanti. In queste pagine Miura dichiara: “Sono appassionato di storie di mafia, ho chiamato il cane Vito Corleone, il mio film preferito è “Il padrino” e sogno di andare in Sicilia”. Tifosi del Palermo, state tranquilli, Miura non ha più l’età.
da www.gazzetta.it